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L'AMICO IMMAGINARIO (Parte III)
Elaborai dunque,
come nella miglior tradizione, un piano.
Iniziai a fingere di ricevere
lettere minatorie rivolte a lui.
Che le mandassero a me e non a lui,
nel suo delirio, non gli pareva strano.
Gliele leggevo ovunque, specialmente al bagno,
quando il suo umore era peggiore già a prescindere.
Sapevo dove colpire per distruggerne
il briciolo di dignità residua.
Sebbene formalmente anonime,
lasciai intendere che esse
provenissero dal suo capoufficio
il quale si riservava il capriccio
di divulgare la nostra relazione omosessuale.
Il fatto che, a suo avviso, io non esistessi e
che la minaccia fosse un po' tirata per i capelli,
non gli sovveniva.
Si copriva il volto con le mani,
agitava il pugno ed emetteva
i suoi soliti gridolini con rumore di scoreggia.
Chissà che cosa voleva dire esattamente...
Ad ogni modo, presto il suo stato di prostrazione
fu assoluto.
Il coup de grace che gli inflissi fu magistrale,
nell'ultima agghiacciante lettera il diabolico capoufficio
rivelava la sua identità e specialmente tutta la sua malvagità.
Mandava fotografie:
una del pene eretto del mio amico
con a fianco un finto righello che calcolava la sua misura
in 6,4 centimetri.
Un'altra di me e lui in flagrante delitto,
dove addirittura era LUI a vestire da donna.
In una terza c'era lui bambino sul palco della recita scolastica,
e la sua fidanzatina Osvalda
che gli spiaccicava in faccia una girella.
Non so bene perché ma ero quasi certo che
sarebbe stata quella a fagli più male.
Ad ogni modo la cosa peggiore era che
il capoufficio affermasse di avere riunito attorno a sé
un agguerrito gruppo di esoteristi
e che insieme a loro si preparava ad evocare
il fantasma della sua vecchia madre
(che l'aveva sempre desiderato aviatore)
appositamente per raccontarle tutto.
Questa prospettiva, specialmente gli risultava
insopportabile.
Infine, per colmo di malvagità,
non adduceva nessuna richiesta.
Quello del suo capoufficio non era un ricatto,
non c'era modo per evitare quell'epilogo.
Tutte quelle indicibili verità sarebbero state divulgate,
e sua madre evocata.
Era soltanto questione di tempo.
Oggi ho fatto trovare al mio amico
una rivoltella nel cassetto della scrivania.
Eccola la via di fuga, l'unica.
Lui ha capito immediatamente il suggerimento,
forse ci vorrà qualche giorno perché si decida,
ma lo farà, statene certi.
Si ucciderà.
Io sto qualche metro dietro le sue spalle
e lo osservo senza dire nulla.
Sul soffitto della stanza,
nell'angolo di nordovest,
anche un'aliquota è venuta a godersi la scena.
Il mio amico ci metterà un giorno o forse dieci:
a lei non importa.
Le aliquote sono pazienti,
specialmente quelle scacciate
dall'ampliamento della "no tax area".
Sapete, una cosa?
A questo punto comincio ad avere un po' di paura:
e se dopotutto mi sbagliassi?
Se davvero fossi io l'immaginato e lui l'immaginante?
Questo significherebbe che starei per morire.
Cosa mi succederebbe?
Proverei dolore o scomparirei
semplicemente d'improvviso nel nulla,
mentre mi sento ancora nel pieno delle forze?
No, stronzate, non è possibile.
Arti bionici e marzapanizzati...
quando mai si sono visti?
Aspettate!
C'è un improvviso accelerare degli eventi!
Il mio amico si è puntato la rivoltella al cuore!
Esita.
Se la punta alla tempia.
Di nuovo al cuore.
Esita ancora...
Spara! Si accascia con la testa sulla scrivania!
E io... ci sono! Ci sono ancora!
Maledetto figlio di puttana, avevo ragione io!
Sono io quello vero!
E adesso mi sono per sempre liberato di te!
Aspettate... rialza la testa, non è ancora morto...
ma non c'è da preoccuparsi, ormai è fatta.
Un lago di sangue si allarga sotto di lui.
Il proiettile ha certamente leso vari organi vitali.
Ecco, si ri-accascia, ancora dieci secondi e schiatta sul serio.
La sedia ha un piccolo sussulto,
ma è soltanto un blando tentativo
di possessione da parte dell'aliquota
sovreccitata dallo spettacolo.
Bene.
Adesso che mi sono liberato di quel peso morto
per la mia vita si aprono nuove infinite possibilità:
credo proprio che iniz
FINE