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Le emozioni della notte

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view post Posted on 12/11/2013, 10:42     +1   -1
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Le emozioni della notte
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Fin dall'antichità,
al sonno e ancor più ai sogni
sono stati attribuiti significati
diversi e complessi,
tanto più affascinanti
quanto più misteriosi.




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Oggi nessuno può affermare convintamente di conoscere le ragioni della bizzarria ed implausibilità dei sogni.

Ciò che invece può essere sostenuto è che nel sonno l’attività mentale prosegue instancabilmente, generando pensieri e immagini a forte contenuto emozionale, spesso ancor più che nella veglia cosciente.

Sappiamo inoltre che nel sonno gli eventi emozionali recenti hanno buon gioco a collegarsi con quanto si trova depositato in memoria e a scatenare quei potenti output emozionali che talvolta caratterizzano il sonno.

Tutto questo avviene perché, come ha scoperto la più avanzata ricerca psicofisiologica, le sedi neurali che sostengono la memoria e le emozioni sono spesso le stesse.



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Un'immagine stilizzata di Hans Berger
con le "sue" onde elettro-encefaliche

Da quando, nel 1929, Hans Berger mise a punto l’elettroencefalogramma (EEG), lo studio del sonno è diventato scientifico ed è stato possibile decodificarne le componenti essenziali, ossia gli stadi che lo caratterizzano.

A partire dal 1953, grazie all’elettro-oculogramma (EOG), un altro segnale bioelettrico, sono stati anche individuati quei movimenti oculari rapidi che caratterizzano la cosiddetta fase REM (Rapid Eye Movement) del sonno, in cui le probabilità di sognare sono molto elevate (circa il 60-70%).

Questa fase si ripresenta ogni 90 minuti circa, cioè dalle 4 alle 5 volte in una normale notte di 7-8 ore.

Se si sveglia il dormiente durante la fase REM, diventa possibile raccogliere subito un racconto vivido del sogno, senza ricorrere alle ricostruzioni approssimative dopo il normale risveglio.

Si è visto infatti che nelle rimanenti fasi del sonno, in cui non sono presenti movimenti oculari rapidi, dette per questo NREM (non-REM), mente e cervello procedono incessantemente nel loro lavoro attraverso immagini, sensazioni e pensieri più o meno frammentati, cioè con una defatigante attività mentale.

Per questo, come la fase REM è definita “oniro-simile”, quella NREM è definita “pensiero-simile”.

Giustamente si è soliti affidare alle emozioni il significato e il valore di un evento soggettivo, intimo, privato, un evento che, se forte, verrà poi registrato in memoria.

Ma anche i più accesi mentalisti non possono negare il concomitante coinvolgimento di diversi sistemi ed apparati fisiologici: tachicardia, sudorazione cutanea, arrossamento facciale, voce tremante, ecc., ne sono le testimonianze più evidenti. Innegabile quindi la complementarità di mente e corpo in qualsiasi evento emozionale.



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La psicofisiologia delle emozioni, sotto-disciplina delle neuroscienze, affronta l’universo delle emozioni proprio in questa prospettiva bidirezionale, che tiene contemporaneamente conto degli eventi mentali e di quelli fisiologici.

Questi ultimi, opportunamente individuati nelle varie sedi del sistema nervoso centrale e periferico attraverso segnali bioelettrici registrabili, assumono il significato di indici, o indicatori, degli eventi mentali. è proprio questa la tecnica impiegata dagli psicofisiologi nello studio delle emozioni nel sonno-sogno.



Che tipo di emozioni sono dunque contenute nei sogni?



L’intuizione empirica vorrebbe decidere immediatamente per paura, rabbia, impotenza (helplessness), disperazione, ecc., cioè emozioni a valenza negativa. Il che è stato confermato da chi, soprattutto negli anni Sessanta, si è impegnato nelle implicazioni psicodinamiche delle modificazioni fisiologiche correlate al sogno. Ma i dati non sempre concordano. Anche recentemente si trovano valutazioni discordanti.



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Allan J. Hobson

Alcuni ricercatori bostoniani guidati da Allan J. Hobson hanno seguito un gruppo di soggetti sani di varia età che, grazie a un sistema portatile di registrazione dei movimenti oculari, potevano farsi svegliare a domicilio esattamente in fase REM.

Il loro compito era quello di riportare la presenza e l’intensità di eventuali emozioni nel loro scenario mentale. è stato riscontrato che nel 74% dei risvegli effettuati i soggetti riferivano autovalutazioni di tipo emozionale a contenuto positivo o negativo equamente distribuite.

L’86% conteneva due tipi di emozioni: gioia-eccitazione era la più frequente, seguita da sorpresa, rabbia, ansia-paura e tristezza.

Ansia-paura erano significativamente meno intense di tutte le altre emozioni riportate.



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Altro dato interessante, le emozioni positive erano piuttosto stabili nei diversi soggetti, mentre quelle negative presentavano una maggiore varietà. Diversamente accade in soggetti che abbiano subito recentemente un trauma.

una ricerca del 2004 mostra che, analizzando 1401 sogni di 730 soggetti incappati in eventi fortemente stressanti, la qualità delle emozioni contestualizzate nei sogni era a valenza fortemente negativa: paura-terrore e impotenza-vulnerabilità erano le prevalenti e caricate di maggiore intensità.

Quelle positive, pur presenti, suscitavano immagini più deboli.

Ancora più evidente la reiterazione dello stesso sogno con valenza d’incubo nel Disturbo Post-Traumatico da Stress, al punto da diventare sintomo necessario alla diagnosi. Tra i più noti esempi studiati vi sono i veterani del Vietnam e i sopravvissuti all’Olocausto.

In questi ultimi la persistenza dello stesso sogno angosciante è stata accertata a quarant’anni di distanza.

Sembra quindi innegabile che il colore emozionale di eventi o vissuti della veglia influenzino in misura diretta la rappresentazione onirica.

Appare anche comprovato che la valenza emozionale dello scenario onirico influenzi il tono dell’umore del periodo successivo, ossia, in condizioni normali, del giorno dopo.



Quale funzione?



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Pare oggi raggiunto un certo accordo (anche tra studiosi di orientamenti teorici diversi come, ad esempio, quelli di impostazione cognitivistica e quelli di impostazione neurobiologica) sul fatto che il sogno, pur nella sua bizzarria ed implausibilità, è tale quando descrive un racconto compiuto, o comunque ha uno svolgimento narrativo composto di una serie di eventi in una sequenza cronologica distinta, in questo modo esso va separato sia da immagini sensoriali discrete che da altre forme di attività mentale, quale quella di tipo “pensiero-simile”, caratteristica, come dicevamo, del sonno NREM.

Ma perchè così frequentemente i sogni hanno un contenuto emozionale vivido e partecipato?
Da tempo si ritiene che il sogno sia parte del sistema di processamento informazionale dell’emozione: quanto accade di emozionale nella veglia, sia in forma reale che come pensieri o fantasie, entra in memoria a far parte di una rete associativa che trova nella fase REM del sonno una maggiore libertà di espressione, essendo priva delle restrizioni del pensiero organizzato tipico della veglia.



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Il contenuto onirico non sarebbe quindi frutto di una stimolazione casuale a cui si può aggiungere un significato interpretativo, ma una prosecuzione dell’attività emozionale raccolta nella veglia e già accumulata in memoria, che procede con un’elaborazione più libera durante il sonno.

Il fine ultimo della rielaborazione emozionale che avviene durante la fase REM sarebbe quello di preparare agli stress, ai traumi, a far fronte (coping) alle difficoltà della vita, cioè in sintesi quello di provvedere alla manutenzione della salute emotiva.

Resta tuttavia da chiedersi, rispetto a queste ipotesi “finalistiche”, perché sia necessario ricorrere a sogni a contenuto negativo con effetto di de-condizionamento, piuttosto che a sogni a contenuto emozionale positivo.



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Antti Revonsuo

Recentemente, Antti Revonsuo ha aggiunto alle molte ipotesi catartiche e simil-terapeutiche delle emozioni durante il sonno una sua concezione evoluzionistica circa il ruolo svolto dall'emozione “minaccia” frequentemente presente tra le emozioni notturne e assunta a prototipo.

Partendo dalla constatazione che il genere umano nella sua lunga storia evoluzionistica è vissuto per la massima parte in un ambiente ostile e pericoloso, ciò può aver esercitato una forte pressione selettiva sul ruolo svolto dalla minaccia nello scenario onirico.

La frequente simulazione della minaccia presente nei sogni incrementerebbe le nostre capacità di percepirle ed evitarle nella vita reale.

Di qui la convinta conclusione dell’autore circa la validità ecologica delle emozioni, in particolare di quelle a contenuto minaccioso, nella loro frequente apparizione durante il sonno.



Quali sogni?

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Dopo il comprensibile entusiasmo seguito alla scoperta del sonno REM e ancor più dell’elevata probabilità di sognare in questa fase, c’è stato un altrettanto scontato periodo di ridimensionamento, culminato col negarne l’esclusività: si sogna anche in fase NREM, sicuramente durante l’addormentamento (cioè fino allo stadio 2) e addirittura nel sonno ad onde lente (SWS: Slow Weave Sleep), cioè negli stadi 3 e 4 (Figura a destra).
Per quanto riguarda il contenuto emotigeno dei sogni NREM, le poche ricerche al riguardo non identificano sostanziali differenze per le caratteristiche emozionali. La PET, peraltro, rivela un’attività cerebrale molto maggiore (paragonabile a quella dello stato di veglia) nella fase REM rispetto alla fase NREM (Figura in basso).
Sensibili sono invece le differenze sul piano psicofisiologico.
Esiste tutta una serie di correlati fisiologici, oltre ai movimenti oculari, che distinguono nettamente la fase REM dalla NREM. Nel REM appaiono infatti de-sincronizzazione del tracciato EEG, ipotonia muscolare, onde a dente di sega, contrazione di muscoli dell’orecchio medio, ma soprattutto aumento (o per lo meno maggiore variabilità) della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della frequenza respiratoria, della temperatura corporea, della conduttanza cutanea, cioè degli indicatori più validi a rappresentare, nell'uomo in stato di veglia, uno stato emozionale.



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Sarebbe dunque possibile identificare il colore emozionale del sogno attraverso una configurazione di biosegnali di natura neurovegetativa, dipendenti cioè dal Sistema Nervoso Autonomo?

La risposta è ancora una volta ambigua e per diverse ragioni:
1) la maggior parte delle ricerche sulle variazioni dei pattern neurovegetativi durante il sonno riguarda animali, di solito gatto e ratto;
2) la maggior parte delle ricerche sulle variazioni dei medesimi pattern nelle emozioni riguarda invece l’uomo;
3) è difficile stabilire una tempistica esatta tra il contenuto mentale e le modificazioni fisiologiche supposte correlate durante il sonno, perché c’è di mezzo il resoconto del soggetto e quindi il risveglio;
4) le ricerche che, per identificare le emozioni, ricorrono agli indici dipendenti dal Sistema Nervoso Autonomo misurano modificazioni fisiche rapide, dell’ordine cioè di pochi secondi, mentre la sequenza onirica può durare parecchi minuti.

Anche le erezioni notturne, tipiche della fase REM, non dirimono la questione, perché non sono collegate necessariamente ad immagini oniriche a contenuto erotico, e quindi potenzialmente "emotigene". Questi ripetuti episodi erettili risultano invece, nel maschio e nella femmina, scollegati dall'attività mentale durante il sonno, onirica o meno.

Opposta invece la relazione tra incubi notturni (nightmares) e modificazioni fisiologiche. Si tratta di sogni a contenuto angosciante, terrificante, che facilmente producono risveglio e sono accompagnati da palpitazioni, respiro affannoso, forte sudorazione, ecc. In questo caso c’è quindi un perfetto bilancio psicofisiologico, cioè un’esatta coincidenza tra sogno a contenuto emozionale, resoconto soggettivo e modificazioni fisiologiche correlate.



Articolo Originale di
Luciano Stegagno,
Valter Tucci



Edited by filokalos - 12/11/2013, 12:39
 
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