Rush

C’è troppa elettronica, si dice quando parliamo della moderna Formula 1.

E troppa meccanica e troppi sponsor e interessi.

Non è più quella di una volta, quando c’erano sì questi elementi, ma anche forti passioni e reale dramma umano.

Per esempio la F1 del 1976, l’anno dell’orrendo incidente al Nürburgring di Niki Lauda.

Subì bruciature al volto, i suoi polmoni ne uscirono a pezzi e quella sera in ospedale, essendo un bravo cattolico, gli diedero l’estrema unzione.

Ma sei settimane dopo, un casco speciale calato sul volto sfigurato, Lauda era di nuovo in pista a Monza con i colori della Ferrari.

Olivia Wilde & Chris Hemsworth

Non poteva accettare di cedere il titolo a James Hunt, il suo arci-rivale della McLaren.

Un’annata memorabile cui Ron Howard ha dedicato il suo nuovo film, “Rush”, in uscita nelle sale italiane il 19 settembre.

Come ammette il regista: «Sapevo ben poco di Formula 1, ma amo le storie sportive e qui ci sono due personaggi con un forte bagaglio emotivo, ogni nuova gara è un riflesso delle loro personalità».

Daniel Brühl (“Good bye Lenin!”,“Bastardi senza gloria”) è il campione austriaco: un maniaco del dettaglio, estremamente disciplinato, alquanto arrogante.

Nei panni di Hunt, Chris Hemsworth (“Thor”, “The Avengers”) è l’opposto: biondo, bello e tutto sesso, alcol e sregolatezza.

Due modi diversi di correre e vivere la vita, che hanno consentito a Howard di fare di “Rush” un dramma umano girato con ritmo molto rock and roll e con cui ha voluto catturare il feeling di un’epoca.

E dove non ha mai dimenticato di puntare la cinepresa sugli occhi e le espressioni di Lauda e di Hunt: di questi duellanti che si detestavano e che, col tempo, impararono a rispettarsi.