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Heidegger e la filosofia della crisi

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view post Posted on 30/8/2013, 17:31     +1   +1   -1
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Heidegger e la filosofia della crisi
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Il filosofo tedesco si dedicò
per l'intera durata della sua esistenza
all'insegnamento accademico e
all'elaborazione delle sue opere filosofiche,
alcune delle quali strettamente legate ai corsi universitari.



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La casa natale di Heidegger a Messkirch

Martin Heidegger nasce a Messkirch, in Germania, nel 1889.
Allievo di Edmund Husserl, del quale sarà assistente all’Università di Friburgo, Heidegger risentirà profondamente del clima culturale del suo tempo, costellato dalla nascita di molte avanguardie artistiche, e da numerosi eventi storici; influenzato dal pensiero fenomenologico, rielaborerà in modo originale.
Nel 1927 esce il suo capolavoro Essere e tempo.
Con l’avvento del nazismo in Germania, nel 1933 Heidegger diviene rettore dell’Università di Friburgo e nel mese di maggio tiene il celebre discorso retto-rale su L’autoaffermazione dell’università tedesca che segna la sua adesione al nazismo.
A partire dalla metà degli anni Trenta avviene quella che egli stesso definisce una “svolta” del proprio pensiero, che conduce a un nuovo modo di intendere la relazione fra l’essere e il linguaggio.
Nel 1950 esce il libro Sentieri interrotti, i cui saggi testimoniano degli sviluppi di pensiero successivi alla svolta.


L’ESSERE


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Essere e tempo di Martin Heidegger,
edizione tedesca

La riflessione di Heidegger incomincia con la domanda sul senso dell'essere. Egli constata infatti che nella storia si è smarrito il senso di questa parola fino a confonderla con
un’altra: “ente”. L’essere tuttavia non è riducibile all’ente, poiché quest’ultimo possiede caratteri determinati, riconducibili a un’oggettività, a una cosa semplicemente presente. L’essere, in altri termini non è un oggetto, e per questo motivo è necessario ritrovarne il senso appropriato. La possibilità di recuperare questo senso consiste, secondo Heidegger, nell'interrogare quell'ente che intrattiene un rapporto speciale con l’essere stesso, ossia l’uomo. Quest’ultimo si trova in una condizione particolare, poiché ha come qualità fonda-mentale quella di esistere, e proprio l’esistenza altro non è che rapporto con l’essere.


ANALITICA ESISTENZIALE


Il percorso attraverso cui si snoda la riflessione sull’esistenza prende il nome di “analitica esistenziale”. Gli esiti di questa ricerca mostrano come l’uomo sia un “progetto-gettato”, vale a dire un individuo determinato da una condizione storica, che non ha deciso lui stesso (in ciò consiste la sua gettatezza), ma anche un individuo libero ed essenzialmente in grado di strutturare la propria esistenza (in ciò consiste il suo lato progettuale). Su queste basi, il mondo non può presentarsi all’individuo semplicemente come un insieme di cose, bensì come un numero di possibilità aperte. Il mondo è piuttosto costituito di oggetti che si trovano “a portata di mano” e che sono “utilizzabili”, poiché lo sguardo che l’uomo getta su di essi è interessato, rendendoli parte dei suoi progetti e della propria esistenza. Oltre agli oggetti l’uomo ha però a che fare anche con gli altri suoi simili. Le relazioni fra individui, e più in generale la stessa esistenza dell’uomo, possono però assumere un livello superficiale che Heidegger considera proprio del “mondo del si”. Il “si” è l’indeterminatezza che può essere rintracciata nella “chiacchiera” e nella “curiosità”, nelle
espressioni “si dice”, “si pensa”, “si crede”, ecc., che riferiscono in maniera impersonale le qualità particolari dell’individuo e del mondo. A questo livello l’esistenza assume secondo Heidegger il carattere dell’inautenticità.


ESSERE PER LA MORTE


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Martin Heidegger ritratto da Hohe Luft

Assumendo la modalità tipica del mondo del si, l’uomo fugge dall’esistenza autentica.
Nell’angoscia, invece, Heidegger individua l’elemento essenziale di fronte al quale si manifesta la possibilità più propria dell’uomo.
L’angoscia è infatti ciò che si prova di fronte all'indeterminato e rispetto al quale ogni possibilità mostra il suo contrario, l’eventualità del nulla.
Solo a questa condizione, che apre un nuovo spazio di fronte al soggetto, si profila la possibilità dell’esistenza autentica. All'uomo spetta allora il compito di considerare la possibilità più propria che per l’appunto è la morte.

Essa ricopre un ruolo fondamentale essendo ciò di fronte al quale l’uomo risulta essenzialmente insostituibile.

L’individuo deve allora “anticipare la possibilità della morte”, il che non significa mettere fine alla propria esistenza ma assumere fino in fondo questa possibilità di non poter più esserci.

Questa relazione con la morte, che Heidegger definisce “essere-per-la-morte”, si mostra dunque costitutiva dell’esistenza.

Essa è inoltre fondamentale per aprire la via dell’autenticità; l’uomo deve assumere la decisione anticipatrice rispetto alla possibilità della morte, perché questo è il suo compito. In questo modo, si perviene ad uno degli esiti principali di Essere e tempo, vale a dire la scoperta della dimensione temporale dell’esistenza.

L’uomo infatti si trova essenzialmente relazionato alla temporalità, vale a dire che deve sempre fare i conti con la propria storicità, perché è un ente mortale, finito, e ciò che incontra nel mondo è determinato da questo aspetto.
La stessa finitezza dell’uomo riconduce alla sua storicità, al suo esser nato in un certo mondo, al suo possedere particolari pregiudizi, presupposti, metodi e aspettative.


L'ERMENEUTICA


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Ciò che Heidegger tenta dunque di realizzare, e questo avviene soprattutto con la svolta nella sua filosofia, è una rottura rispetto a quella metafisica tradizionale che tende a considerare l’essere come oggettività.

Quest’impostazione classica contribuisce alla creazione di una società nella quale l’individuo è solo una componente di una macchina funzionante, e che in seguito Adorno e i filosofi della scuola di Francoforte definiranno “società dell’organizzazione totale”.

A quest’idea, Heidegger contrappone la progettualità, l’accadimento e la storicità come i veri tratti dell’essere e dell’uomo.

Tuttavia, non si tratta semplice-mente di fornire una nuova definizione dell’essere, altrimenti si ricadrebbe ancora una volta nella metafisica, cioè nella tradizione che vuole oggettivare e descrivere Tessere come se fosse una cosa circoscrivibile. Il riferimento alla progettualità e alla storicità deve piuttosto essere inteso come una risposta a un appello.

L’appello è ciò che proviene dalla storia di un individuo, dalle sue aspettative, dalla sua famiglia, dal suo linguaggio, dal mondo intorno a sé. E la risposta all'appello in Essere e tempo e nei testi successivi prende il nome di interpretazione.

Interpretare o rispondere a un appello, riconduce a un processo che è positivamente circolare.

L’uomo infatti si trova già sempre collocato in un contesto e in un linguaggio, perciò ogni sua comprensione è influenzata e determinata da questo stesso linguaggio e contesto.

In altri termini, non si potrà mai conoscere nulla in maniera pura e neutrale, senza che un accesso preventivo (una “pre-comprensione”) venga fornito all'individuo.

Da questi risultati è scaturita una corrente filosofica del secolo scorso che ha preso il nome di Ermeneutica e si è strutturata attorno al concetto di interpretazione.



AFORISMI


- «L’inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, ma ci sta di fronte. L’inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che e sul punto di accadere».

- «Esserci, l’essere umano compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo».

- «Il nichilismo. Non serve metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia».

- «L’unica conseguenza legittima è questa: l’“essere” non è qualcosa come l’ente».

- «L’uomo è il pastore dell’essere».

- «La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell’esserci. Così la morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile».

- «Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora».

- «Ma l’essenza dell’uomo consiste nel fatto che egli è qualcosa di più che un semplice uomo inteso come essere vivente fornito di ragione. [...] L’uomo è il pastore dell’Essere».

- «L’indefinibilità dell’essere non dispensa dal problema del suo senso, ma, al contrario, lo rende necessario».






Edited by filokalos - 6/10/2015, 11:41
 
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