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Einstein e la relatività

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view post Posted on 25/6/2013, 12:58     +1   -1
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Einstein e la relatività

testo

La grandezza di Einstein consiste
nell'aver mutato per sempre il modello
di interpretazione del mondo fisico.
Nutrì un sincero interesse per la filosofia:
nella sua vita studiò scritti di carattere filosofico
fin dagli anni del liceo ma
non si considerò mai un filosofo
nel senso stretto del termine:
il suo, più che un sistema filosofico,
venne definito da Reichenbach un «atteggiamento filosofico»




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Einstein a 14 anni.

Albert Einstein nasce nel 1874 ad Ulm, in Germania. Giovane promettente nelle discipline matematiche, dimostrerà fin dai suoi primi studi l’interesse e la curiosità per il sapere scientifico e per la formulazione di spiegazioni inerenti ai fenomeni quotidiani.
Ciononostante, nel 1895 viene bocciato all’esame di ammissione per il Politecnico di Zurigo.
Sarà ammesso l’anno dopo. Completati i suoi studi, nel 1900 trova impiego presso l’ufficio brevetti di Berna.
Tale professione gli permette di dedicare ampio tempo alle ricerche che negli anni successivi lo presenteranno al mondo come il più rivoluzionario degli scienziati.
Nel 1905 scrive gli articoli che aprono la strada per lo studio della relatività e della teoria quantistica.
Nel 1916 Einstein prosegue gli studi sulla teoria della relatività, che da “ristretta” o “speciale”, diviene “generale”. Il 1921 è poi l’anno in cui gli viene conferito il premio Nobel.
L'ascesa al potere di Hitler costringe Einstein, che insegna a Berlino, a rifugiarsi negli Stati Uniti, dove insegnerà all'Università di Princeton.
Il contesto storico in cui vive Einstein influisce in maniera determinante sulla sua esistenza, delineando una figura complessa e straordinaria.
Einstein sarà un pacifista attivo, percepirà la propria responsabilità come scienziato di fronte agli esiti catastrofici della guerra e della distruzione causata dalla bomba atomica, e prima della sua morte, avvenuta nel 1955, firmerà assieme a Bertrand Russell e altri scienziati e intellettuali del tempo il manifesto conosciuto con il nome “Russell-Einstein” contro gli armamenti nucleari.


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L'equazione di Stokes-Einstein
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è stata ampiamente usata
per effettuare determinazioni di misure molecolari,
sia nella forma sopra riportata,
sia in forma modificata

Il primo lavoro che Einstein pubblica è la sua tesi di laurea, sulla determinazione delle dimensioni molecolari.
L’opera riguarda lo studio degli atomi che a quell'epoca sono considerati solo un’ipotesi utile per spiegare alcuni fenomeni, sebbene siano stati introdotti nel pensiero scientifico moderno attorno al Cinquecento.
Diversamente da molti dei suoi contemporanei Einstein intende accettare l’esistenza di queste particelle, fornire prove empiriche a loro favore senza limitarsi a considerarle un’ipotesi filosofica; così nel suo scritto propone un metodo di calcolo per quello che oggi viene chiamato il “Numero di Avogadro” (il numero di particelle, solitamente atomi, molecole o ioni, contenute in una mole).
Questi studi inducono la comunità scientifica a prendere in considerazione la fondatezza dell’ipotesi atomica e molecolare.


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IL MOTO BROWNIANO


Secondo lavoro di Einstein fu un articolo su un tema correlato a quello degli atomi: il moto browniano.
Tale moto prende il nome da Robert Brown, lo scienziato britannico che ne fece per primo la scoperta attorno al 1820.


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Di questo movimento si ha un esempio nell’acqua che, se analizzata attraverso un microscopio, appare composta di particelle in sospensione che si muovono.
Questo aspetto, che a lungo fu considerato a favore del principio vitalistico, con Einstein assume una spiegazione completamente innovativa basata sull’esistenza degli atomi.
In altri termini, il moto browniano, il movimento cioè di queste particelle in sospensione nei liquidi non è altro che il risultato di continui urti esercitati dagli atomi.
Importante risultato di questa scoperta è la possibilità di ricavare nuovamente il numero di Avogadro (già calcolato da Einstein nella tesi sulla determinazione delle dimensioni molecolari).


Due percorsi differenti conducono dunque allo stesso risultato e ciò costituisce una prova determinante per il lavoro di Einstein dimostrando definitivamente alla comunità scientifica l’esistenza degli atomi.


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LA RELATIVITÀ SPECIALE


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Un altro importante lavoro del 1905 ha come titolo Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento, e vi si trova la prima formulazione della teoria della relatività.
Essa si basa almeno su due assunti: la costanza della velocità della luce e il fatto che le leggi della fisica sono sempre le stesse per gli osservatori che si muovono di moto rettilineo uniforme (cioè senza cambiare la propria velocità uno rispetto all’altro).
Il primo assunto era stato scoperto nel 1887 dagli scienziati Albert Abraham Michelson e Edward Morley, con un esperimento che permise di misurare la velocità della luce.
Ma ancor più importante, l’esito di tale ricerca mostrò che la velocità della luce era sempre la stessa, indipendentemente dai sistemi di riferimento.
Ci si attendeva infatti che la luce subisse l’influenza del moto terrestre, diversamente, venne mostrato che le velocità non si sommano come sosteneva Galilei, perché quella della luce rimane sempre costante.


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Appunti sulla relatività (1912)

La teoria della relatività di Einstein deve comunque molto a quel principio di relatività galileiano mirabilmente espresso ne II dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.
Attraverso un esperimento immaginario, Galilei suggerisce di considerare un certo numero di fenomeni su una nave immobile: due persone che si lanciano una palla, un insetto che vola, una goccia che cade dentro un bicchiere, ecc.
Tutti questi fenomeni, sostiene Galilei, accadrebbero nello stesso identico modo, anche se la nave fosse in movimento (di un movimento uniforme e rettilineo).
La relatività di Einstein estende questa osservazione, associando il principio di relatività galileiana e la costanza della velocità della luce.
Nello scritto Relatività, esposizione divulgativa Einstein propone un esperimento simile a quello di Galilei e si domanda quali siano le differenze osservabili fra ciò che accade su una banchina di una stazione e un treno che si muove a velocità costante.
Se due fulmini cadessero nello stesso tempo in due citta A e B, l’osservatore che si trovasse su un treno a metà strada immobile, osserverebbe l’arrivo simultaneo dei due fulmini.
Diversamente, se l’osservatore fosse sul treno che si sposta da A verso B, vedrebbe giungere il fulmine che cade in B, prima del fulmine che cade in A.
Poiché l’osservatore si avvicina ad B, la luce ha meno spazio da percorrere.
Questo significa che ciò che appare simultaneo ad un osservatore fermo sulla banchina, non è più simultaneo rispetto a colui che invece si muove su un treno.
In qualche modo, si può affermare che ciascun osservatore ha un proprio tempo: è questa la scoperta di Einstein. Scoperta che contraddice l’idea di Newton, valida fino ad allora, che ammetteva un unico tempo per l’intero universo.


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LA DILATAZIONE DEI TEMPI


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A partire dallo stesso esperimento, Einstein si domanda che cosa accadrebbe agli orologi dei due osservatori, uno immobile sulla banchina della stazione, l’altro in movimento sul treno. In fisica, “orologio” indica semplicemente un fenomeno oscillatorio, periodico, come un metronomo.

Ora, supponendo che i due orologi fossero inizialmente sincronizzati, l’osservatore fermo sulla banchina, per poter misurare il tempo dell’orologio che si trova sul treno in movimento, dovrebbe aspettare che la luce ritornasse dal treno fino a lui.

In altre parole, più il treno si allontana dall'osservatore sulla banchina e più tempo occorre affinché l’immagine dell’orologio raggiunga l’osservatore fermo.

Questo fenomeno è detto di “dilatazione dei tempi”, perché, appunto, i tempi di coloro che si muovono rispetto a un osservatore fermo appaiono dilatati.

Ed è esattamente come se l’orologio dell’osservatore in movimento andasse più lentamente.

Similmente, Einstein mostra un effetto complementare che ha a che fare con lo spazio da percorrere; i metri invece che essere dilatati ci appaiono contratti.



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LA LUCE


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A partire dal Seicento si trovano due teorie sulla natura della luce contrapposte tra loro: la teoria corpuscolare, che considera la luce fatta di corpuscoli che si muovono appunto alla velocità della luce e la teoria ondulatoria che considera la luce composta di onde.

La prima, esposta da Newton, godeva di maggiore credibilità fino a quando nel 1801 Thomas Young dimostrò la maggior coerenza della teoria ondulatoria della luce.

Nel 1905 Einstein riesce a risolvere un problema scientifico proprio servendosi della teoria dei corpuscoli, tornando quindi, almeno in parte a Newton, ma con l’aggiunta della scoperta dei “quanti”, effettuata da Max Planck.

Il problema persiste per alcuni anni: non è chiaro come possano coesistere esperimenti contraddittori sulla natura della luce.

Nel 1917 Einstein decide di affrontare dal punto di vista filosofico la questione e propone di considerare la luce allo stesso tempo come corpuscolare e ondulatoria.

Le due teorie sono quindi complementari: la luce è ondulatoria se si fanno certi esperimenti e invece risulta corpuscolare quando se ne fanno altri.

Quindi, da un punto di vista filosofico, si afferma che la luce non è né corpuscolare né ondulatoria, bensì manifesta una certa natura in certi casi e ne manifesta un’altra quando è sottoposta ad altri esperimenti.


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Frontespizio del libro "Sulla teoria della diffusione della Luce"

LA RELATIVITÀ GENERALE


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La teoria della relatività speciale, espressa attraverso l’articolo del 1905, presentava tuttavia un aspetto che la limitava: si riferiva infatti a sistemi che dovevano muoversi uno rispetto all'altro di un moto relativo uniforme, ossia di una velocità costante, priva di accelerazione.Senza un trattamento delle accelerazioni, la relatività sarebbe stata incompleta.

Einstein produsse allora la teoria della Relatività generale, e in essa dovette considerare la forza di gravitazione.

L’accelerazione poteva infatti, in determinate condizioni, produrre un effetto del tutto simile a quello della gravità: ecco per quale ragione la gravitazione doveva rientrare nella teoria.

Esempi che chiariscono questo aspetto sono: la caduta libera di un corpo, in cui l'accelerazione prodotta sembra annullare la gravità; il fenomeno opposto, in cui un’accelerazione contraria dal basso verso l’alto darebbe vita a qualcosa di similare alla gravità.

Attraverso questi studi e grazie ai risultati della teoria ristretta Einstein produce la teoria della relatività generale.
Uno degli esiti rivoluzionari di questa scoperta consiste nel mostrare come la forza di gravità esercitata su un corpo influisca sulla geometria del corpo stesso (è ad esempio ciò che accade con le maree prodotte dalla Luna).

Einstein in questo modo riesce a mettere in relazione la gravità e la geometria, considerate prima di allora due branche separate perché rispettivamente appartenenti alla fisica e alla matematica.



AFORISMI


«Ciò che veramente mi interessa e se Dio avesse potuto fare il mondo in una maniera differente, cioè se la necessità di semplicità logica lasci qualche libertà».

«Sono convinto che ogni teorico vero sia una sorta di metafisico addomesticato [...]. Il metafisico addomesticato crede che non tutto ciò che è logicamente semplice sia incorporato nella realtà esperita, ma che la totalità di tutta l'esperienza sensoriale possa essere “compresa” sulla base di un sistema concettuale costruito su premesse di grande semplicità».

«Una volta che l'idea teorica è acquisita, è bene seguirla finché conduce ad una conclusione insostenibile».

«La verità contenuta in un sistema corrisponde alla certezza e alla completezza con cui è possibile coordinarlo con la totalità dell'esperienza».

«C'è qualcosa come “lo stato reale” di un sistema fisico che esiste obiettivamente, indipendentemente da ogni osservazione o misurazione e che in linea di principio si descrive con i mezzi di espressione della fisica».

«Si deve ammettere che la relatività è andata oltre le teorie fisiche precedenti nel rinunciare alla “vicinanza all'esperienza” dei concetti fondamentali allo scopo di raggiungere la semplicità logica».

«L'uomo che è convinto dell'esistenza e della operatività della legge di causalità non può concepire l'idea di un Essere che interferisce con il corso degli eventi. A patto naturalmente che egli prenda l'ipotesi della causalità veramente sul serio».






Edited by filokalos - 6/11/2015, 12:37
 
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