Nietzsche a 17 anni
Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Rocken nel 1844.
Comincia il proprio percorso accademico nel 1864 scegliendo i corsi di teologia a cui preferirà ben presto gli studi filologici.
Nel 1869, all’età di soli 25 anni, è chiamato ad insegnare presso l’Università svizzera di Basilea dove ottiene un favorevole riscontro da parte degli allievi.
La prima opera che segna l’inizio del suo cammino filosofico, anche se ancora in un contesto filologico, è La nascita della tragedia, pubblicata nel 1872.
Proponendo un’interpretazione innovativa dell’origine della tragedia greca, con questo testo Nietzsche si espone a dure critiche da parte della cerchia dei filologi più tradizionalisti.
Importante elemento che emerge attraverso quest’opera è il suo interesse per la figura di Dioniso.
Declinata in senso filosofico, essa rappresenta la forza, la libertà dalle costrizioni convenzionali, l’infrazione dell’ordine, ma anche la leggerezza, ossia i caratteri che costituiscono i tratti essenziali del pensiero di Nietzsche.
Pensiero che attraverso uno stile tagliente e aforistico riflette sulla necessità di riconsiderare tutti i valori correnti, sull’urgenza di una nuova concezione dell’uomo, del tempo e della storia, fino a giungere al celebre annuncio della morte di Dio.
Nietzsche (il terzo in piedi da sinistra) alla Societät di Friedrich Wilhelm Ritschl
LA NASCITA DELLA TRAGEDIA
Copertina interna dell'originale
La Nascita della Tragedia dallo Spirito della Musica
(Titolo originale:
Die Geburt der Tragödie aus
dem Geiste der Musik)
Prima opera di Nietzsche, La Nascita della tragedia, propone un’interpretazione dell’origine e dello sviluppo della tragedia greca, fondata sul concetto di “apollineo” e “dionisiaco”. Entrambi, sebbene molto differenti fra loro, sono considerati “impulsi” vitali del mondo greco. Il primo, che rinvia al dio Apollo, costituisce secondo Nietzsche un impulso di bellezza idealizzata e perfetta. Sotto il concetto di apollineo ricade dunque il principio dell’ordine e dell’organizzazione razionale. Totalmente opposto è invece il secondo elemento, il dionisiaco, che Nietzsche considera un impulso di ebbrezza, ossia un principio libero, che rappresenta il caos e l’irrazionale. Per questi motivi, emblema del dionisiaco nel mondo greco è la musica, mentre l’insieme delle arti figurative, come la scultura, sono testimonianza esemplare dell’apollineo. Poiché la tragedia, nella sua forma originaria, era composta interamente dal coro, ossia dall’elemento musicale della scena, Nietzsche fa corrispondere il dionisiaco con la nascita stessa della tragedia. In un momento successivo, la tragedia ha accolto al suo interno gli elementi della rappresentazione drammatica, realizzando cosi la fusione fra dionisiaco ed apollineo, ossia fra l’elemento musicale (il coro) e l’elemento figurativo (la rappresentazione). L’equilibrio si spezza con Euripide, l’ultimo dei grandi tragici,
che incentra la tragedia sul dialogo e la rappresentazione a scapito della musica. Questo sbilanciamento nei confronti dell’elemento razionale è interpretato da Nietzsche come la rinuncia alla vitalità e alla libertà del dionisiaco. L’importanza di questo testo deve dunque rintracciarsi soprattutto nella figura di Dioniso che costituisce un costante riferimento per tutte le opere successive di Nietzsche e rappresenta, in una certa misura, il principio che ispira la sua filosofia.
TRASVALUTAZIONE DI TUTTI I VALORI: Considerato da Nietzsche il compito della propria filosofia, la trasvalutazione di tutti i valori, comincia con la dura critica nei confronti dell’insegnamento etico del cristianesimo.
Francobollo commemorativo tedesco
emesso per il 100º anniversario della morte
di Nietzsche.jpg
In esso Nietzsche riconosce una forma di sovversione dell’ordine naturale, poiché attraverso la predicazione di principi raccolti sotto l’ideale dell'uomo buono, sono annientati i fondamentali istinti vitali.
DIO È MORTO: In linea con il compito della trasvalutazione, Nietzsche perviene alla celebre dichiarazione della morte di Dio. La morte di Dio, la sua uccisione a opera degli uomini, è l’annuncio della
fine di tutte le credenze superiori, di tutti i fondamenti e le fedi a causa dei quali l’uomo ha rinunciato a se stesso. Finché l’uomo crederà a un’entità superiore buona, eterna, creatrice di tutte le cose, garante di una giustizia ultima, non potrà mai prendersi carico della propria esistenza, rispondere a pieno di se stesso. Per questo motivo l’annuncio della morte di Dio è accolto positivamente da Nietzsche: sono terminati i tempi delle giustificazioni ultraterrene e sovrasensibili; si apre, invece, il tempo dell’uomo, un uomo che deve però sapersi superare per non ricadere nella fondazione di nuovi idoli.
L’ETERNO RITORNO DELL’UGUALE
Lou Von Salomé, Paul Rée
e Nietzsche nel 1882
Rispetto alla concezione tradizionale cristiana del tempo, un tempo lineare e progressivo che comincia con la creazione e si snoda verso il giorno del giudizio universale, Nietzsche contrappone un tempo che ricalca il modello greco della circolarità.
Nietzsche in questo modo intende emancipare la storia intera dall’ordine divino, dalla finalità che determina il cammino dell’uomo nel mondo.
L’eterno ritorno dell’uguale può rivelarsi terribile e impossibile da sopportare per l’uomo, ma costituisce la più determinante prova nel cammino verso l’emancipazione da tutti gli idoli.
Solo a queste condizioni l’uomo saprà superare se stesso, accettando integralmente il proprio destino.
Tale accettazione, o “amor fati” (amore per il destino), costituisce un altro concetto fondamentale che Nietzsche ricava dalla tradizione greca, in particolare stoica.
Questo principio, che prescrive all’uomo di volere il proprio destino in ogni sua parte, permette di interpretare gli eventi della vita senza far ricorso a premi e punizioni divine.
IL SUPERUOMO E LA VOLONTÀ DI POTENZA
Con l’espressione “volontà di potenza” Nietzsche intende il principio vitale che governa l’esistenza.
La volontà di potenza costituisce il tratto essenziale del superuomo e richiama sotto di sé l’annuncio della morte di Dio, l’amor fati, l’accettazione dell’eterno ritorno, la trasvalutazione dei valori.
Il superuomo è infatti l’esito dell’emancipazione da tutte le tradizioni e i fondamenti, che Nietzsche ben descrive attraverso tutte le sue opere.
Non si tratta però di un atto progressivo e graduale, bensì di un salto, di una rottura radicale rispetto al passato.
L’uomo è infatti considerato «una fune tesa fra la bestia e il superuomo», e soltanto uno slancio potrà permettergli di approdare a una nuova dimensione.
Una dimensione in cui non avrà più bisogno di appigli e puntelli esterni, ma potrà esercitare un’attività libera e creatrice.