La casa natale di Marx a Treviri
Karl Marx nasce a Treviri il 5 maggio del 1818. Proveniente da una famiglia borghese di origine ebraica, studia a Bonn e a Berlino, dove entra in contatto con la sinistra hegeliana e con gli ambienti del radicalismo tedesco. Dopo la laurea, nell’ottobre del 1842 collabora con la “Gazzetta Renana”.
Nel marzo del 1843 si sposta a Parigi per fondare e dirigere assieme ad Arnold Ruge gli “Annali franco-tedeschi”. A questo periodo parigino risalgono i primi contatti con gli ambienti rivoluzionari europei e con i circoli operai di orientamento socialista, nonché l’amicizia con Friedrich Engels.
Scritto fondamentale di questo periodo sono i cosiddetti “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, rimasti incompiuti e pubblicati postumi nel 1932.
A causa di un decreto di espulsione dalla Francia, Marx è costretto a trasferirsi a Bruxelles, ed in questo periodo matura il proprio distacco dalla si Feuerbach.
Marx sviluppa infatti un pensiero in cui il soggetto della storia non è l’idea o lo “Spirito del mondo”, tematizzati da Hegel, ma l’uomo esistente e reale, nella sua determinatezza. Inoltre, nella sua riflessione egli considera la natura dell’uomo non come un’essenza invariabile, ma come qualcosa che si realizza nella società e nel divenire storico.
Nel 1849 Marx si trasferisce a Londra, dove sostanzia le sue riflessioni con uno studio sistematico e dell’economia politica classica inglese e, in particolare, dell’opera di Adam Smith e David Ricardo.
Attraverso Il Capitale, il cui primo volume esce nel 1867, Marx proporrà una riflessione politica e filosofica destinata a segnare la storia degli ultimi due secoli. Muore a Londra nel 1883.
Diego Rivera - murale raffigurante Marx
Manoscritto, Londra, 23 Marzo 1871
L’ALIENAZIONE
Mutuato dalla filosofia di Hegel, il concetto di “alienazione” costituisce uno dei capisaldi del pensiero di Karl Marx.
Se nella riflessione hegeliana esso indicava l’atto con cui la coscienza usciva da se stessa, per porsi come oggetto e poi divenire autocoscienza, in quella marxiana assume un ruolo differente.
Alienare significa, più genericamente, rendere altro, far divenire estraneo qualcosa che inizialmente appartiene al soggetto.
Nella riflessione marxiana l’alienazione è una specifica condizione storica che colpisce l’uomo, ed è esemplarmente rappresentata dalla funzione che i mezzi di produzione esercitano sul lavoratore.
L’uomo si trova infatti preso in una dinamica che lo trasforma da fine a mezzo, lo aliena, lo espropria da se stesso.
Come ricorda Marx, sono i mezzi di produzione che utilizzano l’operaio, quando invece dovrebbe accadere il contrario.
In questo contesto, la proprietà privata gioca un ruolo emblematico perché non è altro che una manifestazione di questa estromissione dell’uomo da se stesso, di questa spersonalizzazione e passaggio all’esteriorità.
Sotto il concetto di alienazione cade, secondo Marx, anche la religione, che colpevolmente sostituisce all’uomo reale e concretamente esistente quell’essenza superiore che è la divinità.
La prima edizione del Capitale
LA DIALETTICA
Altro concetto che testimonia l’importanza del pensiero di Hegel per Marx, ma anche l’originale via che quest’ultimo percorre, è quello di “dialettica”.
Se per Hegel esso rappresenta sia il procedere della riflessione filosofica sia il procedere dello spirito nella storia, per Marx ha una funzione più circoscritta e riferisce in maniera esemplare il passaggio dalla società capitalistica a quella di tipo comunistica.
Dialettico è infatti il cammino della storia, perché composto di posizioni e contrapposizioni; il momento specificamente dialettico per Marx è la negazione, il conflitto che si genera fra opposti e che deve portare al tramonto di uno dei due contendenti.
Non è quindi previsto nella sua teoria un terzo momento sintetico che, come accadeva per Hegel, superi gli opposti in direzione di una soluzione conclusiva ed unitaria.
La sacra famiglia
II PLUS-VALORE
Nell’analisi di Marx il capitalista acquista la forza-lavoro del salariato al minimo prezzo possibile, cioè in base a quanto occorre per il minimo mantenimento dell’operaio e della sua famiglia; tuttavia, la forza-lavoro produce più valore di quanto essa non costi. “Plusvalore” è il concetto che definisce questo fenomeno.
Marx intende riferirsi alla sproporzione esistente tra il salario spettante al lavoratore e il valore connesso al suo operato.
Attraverso la sua attività il lavoratore produce un neovalore (il plus-valore appunto) che è eccedente rispetto al valore del salario che gli viene corrisposto.
Tale differenza, che rimane nelle mani del datore di lavoro, è ciò che costituisce il capitale. In questo modo, Marx scopre uno dei fondamenti della società capitalistica, vale a dire lo sfruttamento dell'operaio da parte del padrone.
Questa scoperta è rilevante soprattutto perché fornisce un dato indipendente da forme particolari e soggettive; Marx, in altri termini, individua un dato oggettivo che testimonia l'inevitabile condizione di sfruttamento del lavoratore all’interno di un sistema capitalistico.
Non si tratta, dunque, di una questione morale attribuibile a scelte del padrone, ma di una condizione costitutiva del mondo capitalistico, che potrà essere risolta solo con l'abbandono ed il superamento del sistema.
LA MERCE E IL LAVORO
Una scoperta non meno importante riguarda il ruolo della merce all’interno del sistema economico-politico di tipo capitalistico.
La merce, gli oggetti, i beni e i servizi acquistabili, possono infatti essere considerati in due modi differenti: come "valore d’uso” o come “valore di scambio”.
Nel primo caso Marx intende indicare che ogni oggetto ha un valore in quanto possiede qualità che lo rendono utilizzabile per vari scopi; nel secondo caso intende invece indicare che ad ogni oggetto è attribuito un valore in relazione all’economia, alle leggi che regolano la compra-vendita dell’oggetto stesso.
Il fatto che la merce possa essere intesa secondo queste due differenti modalità non è affatto ininfluente per Marx; il lavoro stesso (che è produzione di merce) può infatti essere inteso secondo questa stessa duplice possibilità.
L’attività dell'operaio si rivela allora al contempo produttrice di un qualcosa di concreto (un oggetto utilizzabile), ma anche di qualcosa di astratto (un valore).
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