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Kant e l’illuminismo

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view post Posted on 25/4/2013, 09:03     +1   -1
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Kant e L’Illuminismo

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Immanuel Kant fu uno dei più importanti
esponenti dell'illuminismo tedesco, e
anticipatore - nella fase finale
della sua speculazione - degli elementi
fondanti della filosofia idealistica.



KANT E L’ILLUMINISMO
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Immanuel Kant nasce a Kòningsberg nel 1724; si dedica agli studi filosofici ma è anche molto appassionato alle scienze naturali, alla matematica e alla geografia.

Dopo aver svolto l’attività di precettore privato, all’età di 46 anni, diviene professore di Metafisica e Logica presso l’università della sua città natale.

Kant proporrà un modo innovativo di considerare il soggetto di fronte alla conoscenza, attribuendo all’uomo un insieme di strutture e modalità che determinano il suo modo di conoscere la realtà.

Per la sua collocazione storica e per i suoi tratti teorici la filosofia di Kant può essere considerata l’apice delle riflessioni dell’illuminismo.

Questo movimento che trae origine dalla filosofia inglese del tardo Seicento e che conoscerà il suo massimo sviluppo nella Francia del Settecento, deve il proprio nome alla funzione rischiarante della ragione.

Grazie a essa l’uomo può infatti illuminare tutti i campi della conoscenza ed eliminare le ombre gettate dai pregiudizi e dalle tradizioni ereditate dalle culture precedenti.

Al centro dell’Illuminismo vi è dunque uno degli aspetti principali del pensiero di Kant, ossia la considerazione della ragione al pari di uno strumento critico.

Strumento che utilizzato correttamente può indirizzare l’uomo verso un progressivo miglioramento in ogni ambito del sapere e nella condotta politica e morale.

Kant muore a Kòningsberg nel 1804.



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L'Università Albertina di Königsberg, dove insegnò Kant



LA RIVOLUZIONE COPERNICANA IN FILOSOFIA
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Copertina degli scritti completi
(Samtliche Weke), pubblicati a Lipsia nel 1840

Immanuel Kant può essere considerato un filosofo rivoluzionario sia per la radicale frattura che il suo pensiero comporta rispetto a tutte le tradizioni precedenti, sia per il senso specifico che la “rivoluzione” assume nella sua concezione.

Lo stesso Kant infatti si presenta come l’autore di una “rivoluzione copernicana” in filosofia, ossia di un’inversione fra soggetto e oggetto all’interno del processo conoscitivo.

In ambito cosmologico, analogo spostamento era stato effettuato da Copernico che aveva spiegato l'apparente moto del sole con il reale movimento della Terra, mostrando così come fosse l’osservatore ad influire sul fenomeno osservato.

Nella filosofia kantiana, secondo lo stesso principio, il soggetto assume un ruolo attivo nella determinazione del mondo conosciuto per mezzo di forme a priori (ossia precedenti ed indipendenti dall’esperienza): lo spazio e il tempo.

Queste non sono realtà esterne ma strutture innate nell’uomo che raccolgono ed organizzano i dati ricevuti dai sensi.

Ciò significa che la realtà che si manifesta all’uomo è il frutto di una mediazione, di una modificazione avvenuta sulla base delle strutture ricettive che egli possiede naturalmente.

Anche la possibilità di pensare il mondo conosciuto e di effettuare dei giudizi su di esso dipende da altre specifiche forme a priori: le categorie.

L’una e l’altra attività, quella dei sensi e quella dell’intelletto, si ricongiungono in una funzione unificante che Kant definisce “io penso”.

L’io penso accompagna ogni rappresentazione del soggetto (ogni suo atto conoscitivo) svolgendo una funzione sintetica.



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Lo schema della Critica della ragion pura



FENOMENO E NOUMENO
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Targa commemorativa a Königsberg

La filosofia di Kant mostra dunque come l’uomo acceda alla realtà grazie a un insieme di strutture naturali che determinano le modalità di conoscenza del mondo.

Se l’uomo disponesse di altre strutture il mondo potrebbe infatti apparirgli in maniera del tutto differente.

Ciò conduce Kant a formulare la distinzione fra “noumeno” e “fenomeno”.

Quest’ultimo indica l'oggetto conosciuto per mezzo delle dotazione naturali dell’uomo (spazio, tempo e categorie), il “noumeno” invece, è la cosa in sé, l’oggetto puro, senza l’intervento di alcuna mediazione.

Quello di noumeno è tuttavia un concetto limite che non trova corrispondenza nelle possibilità conoscitive dell’uomo; secondo Kant, infatti, ogni individuo è costretto a far uso di spazio, tempo e categorie, senza poter gettare uno sguardo puro sulle cose.

Il noumeno, dal greco νοoύμενον (nooúmenon, "ciò che viene pensato") è l'"oggetto della pura intelligenza", la "cosa in sé" prima ancora che si manifesti come fenomeno.

Già nella dissertazione De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis, Kant lo definiva come "ciò che non contiene nulla che non possa essere conosciuto dalla intelligenza".

Poiché noi possiamo conoscere solo la realtà fenomenica, Kant è convinto che, oltre l'apparenza, colta attraverso la sensibilità, che muta da momento a momento e da persona a persona, vi debba essere una base immutabile della realtà fenomenica, la "cosa in sé", ma questa, proprio perché non fenomenica, non potrà mai essere oggetto di una conoscenza non intellettuale.

Il termine viene introdotto da Kant, che lo riprende da alcuni filosofi classic, i quali lo usavano però in opposizione a "sensibilità" più che a "fenomeno".



I LIMITI DELLA RAGIONE
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Schema sui giudizi kantiani

Dal momento che la filosofia critica di Kant intende riflettere sulle possibilità e le modalità conoscitive dell’uomo, un tema che deve inevitabilmente affrontare riguarda i limiti della ragione.
Si tratta insomma di circoscrivere il campo d’indagine al fine di stabilire i criteri necessari per una filosofia rigorosamente scientifica.
Il superamento di questi limiti, infatti, secondo Kant è alla base di errori tipici del pensiero umano.
Ciò accade quando si fa un uso improprio delle categorie, vale a dire quanto si tenta di applicare queste forme a ciò che supera l’esperienza sensibile, e che non può essere oggetto di sapere, come le idee dell’Anima, del Mondo e di Dio.
Le idee non ampliano la conoscenza umana, e perciò non hanno una funzione “costitutiva” (non costituiscono un sapere fondato), tuttavia Kant individua una loro funzione differente e positiva, che definisce “regolativa”.


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Testamento Autografo
14 Dicembre 1801


Regolativa, ossia che fornisce una guida, esprime un ideale che, sebbene irraggiungibile e irrealizzabile nella sua completezza, segna il cammino dello sviluppo del sapere e dell’azione morale.
Le idee svolgono infatti un ruolo essenziale nell’ambito dell’agire pratico, prescrivendo un modello da perseguire.



LA LEGGE MORALE

Kant perviene all’ambito morale attraverso lo studio dei limiti della ragione nel suo uso pratico. L’esito di tale ricerca è la “legge morale”. Questa legge, interna all’uomo, si esprime attraverso imperativi categorici strutturando cosi un’etica del “dovere per il dovere”. Tale legge prescrive: a) la validità universale dell’agire
morale; b) l’esigenza di considerare l’uomo, in ogni azione morale, come un fine ultimo e non semplicemente come mezzo in vista di uno scopo; c) la libertà come condizione imprescindibile di ogni agire morale, perché senza libertà non è possibile alcuna moralità.



IL BELLO E IL SUBLIME

Terzo momento della filosofia critica è l’analisi della facoltà del Giudizio, che si articola in due parti. La critica del giudizio estetico, ossia di ciò che ci fa trovare piacevole o spiacevole qualcosa, e la critica del giudizio teologico, ossia di quando ci interroghiamo sulla finalità delle cose che ci stanno di fronte (per esempio, quando, di fronte a un cacciavite o a un cavatappi, ci chiediamo a che cosa serva). In entrambi i casi, il concetto non interviene nell’esperienza in modo determinante (come nella Crìtica della ragion pura e nella Crìtica della ragion pratica) ma solo riflettente. Cioè, spiega Kant, non si procede dalla regola al caso, ma dal caso alla regola: si trova un quadro bello e ci si chiede perché ci piace, si trova un oggetto misterioso e ci si domanda a cosa serva, si guarda la totalità del mondo e ci si interroga sulla sua finalità ultima.



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AFORISMI


Il filosofo italiano Maurizio Ferraris,
dall'Accademia delle Scienze di Torino,
ci introduce questo punto di svolta nella storia del pensiero,
che trasforma per sempre la filosofia
segnando il passaggio all'età contemporanea:
lo sviluppo delle scienze umane,
dalla psicologia alle scienze cognitive,alle neuroscienze;
il riconoscimento di una specificità del mondo estetico
rispetto al mondo della conoscenza;
l'importanza assunta dalla riflessione
sulla moralità all'interno del pensiero filosofico.

«Agisci in modo da considerare l'umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo».

«E indubbio che ogni nostra conoscenza cominci con l’esperienza».

«Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell'oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza[...]».

«I concetti senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche».

«L'illuminismo è dunque l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso».

«Non si tratta di sapere se la pace perpetua sia una cosa reale o un non senso, e se noi non ci inganniamo nel nostro giudizio teorico, quando accettiamo il primo caso. Noi dobbiamo agire sul fondamento di essa, come se la cosa fosse possibile [...]».

«La sublimità non risiede dunque in nessuna cosa della natura, ma soltanto nell’animo nostro, quando possiamo accorgerci di esser superiori alla natura che è in noi, e perciò anche alla natura che e fuori di noi [...]».

«I concetti senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche».






Edited by filokalos - 25/4/2013, 11:20
 
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