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Socrate, Platone, Aristotele e la Scuola di Atene

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view post Posted on 26/3/2013, 16:19     +1   -1
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Socrate, Platone, Aristotele e la Scuola di Atene

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Fra la metà del V e la fine del IV sec. a.C.
con le importanti figure di
Socrate, Platone ed Aristotele
il pensiero greco raggiunge
la propria maturità e compiutezza.



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Atene conosce il periodo del suo massimo splendore e la filosofia assume la forma di una ricerca strutturata soprattutto grazie alla fondazione di nuove scuole.
Socrate, che è certamente uno dei principali protagonisti di questo rinnovamento, dedica una particolare attenzione all'uomo.
Egli considera la filosofia un’attività fondata sullo scambio fra individui, sull'interrogazione e sull'arte di porre domande: questi aspetti influiranno in maniera determinante sul modo di fare filosofia di tutti i successivi filosofi.
Platone, che eredita da Socrate lo stesso interesse per la conoscenza delle essenze delle cose, sposta i termini della riflessione “verso un mondo ideale e sovrasensibile”.
Egli considera il mondo una semplice riproduzione, la copia di un modello originale più perfetto che è situato al di fuori di spazio e tempo.
Il compito che la filosofia deve perseguire è allora il superamento della quotidiana apparenza, al fine di pervenire alla verità.
Aristotele, sviluppando un’ampia serie di indagini a partire dall’attenta analisi dei fenomeni del mondo tenta di dare una struttura organica alla conoscenza.
Le spiegazioni formulate da Aristotele costituiscono articolate argomentazioni filosofiche, sempre capaci di restituire la complessità dell’oggetto studiato, ma hanno come caratteristica quella di non perdere mai di vista la dimensione naturale, fisica, del fenomeno in questione.


SOCRATE


Nato fra il 470 e il 469 a.C., Socrate tiene i propri insegnamenti ad Atene, senza lasciare traccia di alcuno scritto; egli considera infatti la filosofia una ricerca permanente che non può arrestarsi né fissarsi in una forma statica, come è appunto quella della scrittura. II principio da cui muove la sua indagine è sintetizzato nel motto «conosci te stesso».



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"La Morte di Socrate" - Jacques-Louis David

Esso prescrive l'auto-interrogazione, l’introspezione del soggetto come il primo momento di una ricerca comune fra gli individui.
Esito di questo processo è il riconoscimento dell’ignoranza originaria dell’uomo, il quale, in questo modo, apprende di “non sapere”.
Solo così si assume la corretta disposizione per svolgere la ricerca filosofica ed esercitare in maniera appropriata l’arte del porre domande.


L’IRONIA E LA MAIEUTICA


In questo contesto, l’ironia svolge un ruolo fondamentale; Socrate infatti la utilizza come strumento per far venire alla luce l’ignoranza di coloro che non ammettono di “non Socrate sapere”.
Per queste ragioni, la filosofia di Socrate è stata paragonata all'attività delle levatrici (la maieutica), l’arte di far nascere i bambini.
In questo caso, la nascita riguarda il pensiero, le riflessioni degli uomini assistite e favorite dall'atteggiamento filosofico di Socrate.


ESSENZA E VIRTÙ


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Per le sue qualità e suoi strumenti, la riflessione di Socrate si dedica prevalentemente all'indagine dell'individuo e alla sfera dell’etica.
In modo particolare Socrate identifica la virtù con la sapienza, ritiene cioè che la conoscenza sia essenzialmente ciò che permette all'uomo di fare il bene e perseguire la giustizia.
Per converso, il vizio e l’ingiustizia corrispondono alle lacune del sapere.
Su queste basi, la filosofia ha dunque il compito di condurre l’uomo alla conoscenza; una conoscenza che deve riferirsi all'essenza delle cose.
Nel dialogo platonico “Gorgia” Socrate osserva che se chi impara l’architettura è architetto, e chi impara la medicina è medico, si può risalire all'affermazione generale che chi impara una scienza è reso sapiente dalla scienza stessa.
Il ragionamento induttivo, quindi, porta alla definizione del concetto che esprime l’essenza o la natura della cosa stessa.
Il procedimento di Socrate comincia dunque con l’analisi di casi specifici per giungere alla formulazione di concetti capaci di descrivere la natura della cosa indagata.


PLATONE


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Discendente di una antica famiglia nobile, Platone nasce nel 428 a.C. ad Atene, dove è allievo di Socrate.
A differenza del suo maestro egli si serve della scrittura, prediligendo la forma del dialogo, l’unica in grado di restituire l’andamento del discorso orale. Nei suoi scritti Platone si serve spesso del mito, con l’intento di semplificare e facilitare la comprensione delle sue tesi filosofiche.
Tra questi, il “mito della caverna”, contenuto nella Repubblica, è probabilmente il più celebre e importante. In esso si narra di una caverna nella quale si trovano degli uomini incatenati con lo sguardo rivolto verso il fondo. Questi uomini non sono mai stati fuori della caverna e quindi non conoscono le cose del mondo.
Alle loro spalle è posto un fuoco che proietta le ombre di alcuni oggetti. Non potendo vedere direttamente questi oggetti, gli schiavi incatenati scambiano le ombre proiettate sulla parete della caverna per le cose vere. Secondo Platone la stessa illusione narrata nel mito accade agli esseri umani che considerano vero il mondo percepito quotidianamente, senza sapere che in realtà si tratta solo di una copia.
Esiste infatti un altro mondo, il solo vero (l’Iperuranio) che è fuori dello spazio e del tempo, immutabile ed eterno, che contiene le idee di tutte le cose. Tali idee sono dunque dei modelli da cui dipende la realtà percepita.
Per Platone la filosofia assume allora il compito di condurre l’uomo oltre l’apparenza del mondo sensibile, e rivelare la verità del mondo delle idee. La possibilità di conoscere le idee è descritta da Platone come un atto della memoria, vale a dire come reminiscenza, ricordo.
Le idee infatti, appaiono all'anima del'uomo pochi istanti prima di prendere forma terrena. In seguito alla nascita, ogni individuo deve dunque ricordare ciò che la sua anima ha precedentemente visto.
Sicché, nel Menone si narra di uno schiavo che sollecitato da corretti quesiti riesce a ricostruire un teorema geometrico senza averlo mai studiato. In questo modo, Platone intende mostrare che le idee si trovano sedimentate nell'uomo e che il compito di quest’ultimo, aiutato dalla filosofia, è ricordarle.


ARISTOTELE


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Nato a Stagira nel 384 a.C., Aristotele è allievo di Platone fino al 347 a.C., quando decide di abbandonare l’Accademia platonica.
Interessato ad ogni campo della conoscenza, senza praticamente tralasciarne nessuno, Aristotele può essere considerato un filosofo dal sapere enciclopedico, avendo discusso di fisica, logica, etica, biologia, grammatica, retorica e politica.
Egli propone un metodo di ricerca filosofico fondato sulla conoscenza dei principi primi delle cose, procedendo per astrazione a partire dall'analisi della realtà.
Obiettivo dell’indagine di Aristotele è individuare la sostanza di ogni fenomeno e accanto ad essa gli accidenti, cioè gli elementi secondari ma caratteristici del fenomeno stesso, cosi da poter fornire una spiegazione dell’evento considerato.


LA METAFISICA:Uno dei testi più rappresentativi di Aristotele, la Metafisica fa parte delle opere rivolte agli studenti e pensate come appunti di supporto alle lezioni. Questo titolo si deve ad Andronico di Rodi che nel I sec. a.C. tentò di dare un ordine ai ritrovati testi di Aristotele. Venendo dopo quelli di Fisica, lo scritto in questione fu dunque chiamato Metafisica (letteralmente “oltre la Fisica”).
E però vero che l’indagine di Aristotele riguarda l’essere in quanto tale, inteso come sostanza immutabile che permane in ogni cosa. Il titolo di Andronico di Rodi sembra perciò anche definire in maniera specifica l’oggetto studiato nell'opera, ossia ciò che sta oltre la fisica, nel senso che la supera, le è al di sopra. In estrema sintesi, le analisi contenute nella Metafisica affrontano il tema dell’essere ma anche quello degli enti, tutte le forme particolari di esistenza che Aristotele classifica per mezzo delle categorie (sostanza, qualità, quantità, luogo, relazione, agire, patire, avere, giacere, tempo).



AFORISMI



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SOCRATE: «Se fosse necessario o commettere ingiustizia o subirla, sceglierei il subire ingiustizia piuttosto che commetterla».
«Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza».
«La pena che i buoni devono scontare per l'indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi».
«La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere».
«È opportuno che il malvagio venga punito, quanto lo è che il medico curi l’ammalato».



PLATONE:

«La democrazia e una forma piacevolissima di governo, piena di varietà e di disordine, e dispensa una sorta d’eguaglianza agli eguali come agli ineguali».
«Ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i re diventeranno filosofi».
«Gli uomini condannano l’ingiustizia perché temono di poterne essere vittime non perché aborrano di commetterla».
«L'anima di un uomo é immortale e incorruttibile».



ARISTOTELE:

«È a causa del sentimento della meraviglia che gli uomini ora, come al principio, cominciano a filosofare».
«Gli inferiori si ribellano per essere uguali e gli uguali per essere superiori. Questo è lo stato d'animo da cui nascono le rivoluzioni».
«Sono amico di Platone, ma sono ancora più amico della verità».
«La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli».






Edited by filokalos - 26/3/2013, 19:26
 
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