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I super-poteri dell'immaginazione

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view post Posted on 25/12/2012, 12:58     +1   -1
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I super-poteri dell'immaginazione

msdie
Quanto è potente la nostra mente?
Le ultime scoperte nel campo delle neuroscienze
dimostrano che il nostro potere mentale è straordinario
e che attraverso un buon uso della nostra immaginazione
possiamo realizzare e attirare cose che mai
avremmo creduto di poter concretizzare.



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Le immagini mentali non sono solo il prodotto di fantasticherie senza scopo. Esse intervengono anche nei complessi processi di percezione, memoria, soluzione dei problemi.

Esse comportano un'interpretazione del significato dell'esperienza e la possibilità di guidare la programmazione di azioni e strategie proiettate nel futuro.

All'immagine è spesso associata un'emozione, che ha origine da ricostruzioni o anticipazioni di particolari sensazioni.

Il rapporto tra immagine ed emozione è bidirezionale. Infatti le immagini producono emozioni, con le concomitanti attivazioni fisiologiche e psicosomatiche, e le emozioni e gli affetti suscitano, a loro volta, attività immaginative.

Tale duplice percorso è utilizzabile per conoscere più approfonditamente la realtà cognitiva ed emozionale di un soggetto ed intervenire per modificarla.

L'immaginazione mentale può così essere usata per accrescere e migliorare le capacità cognitivo-emotive di ognuno, bambino o adulto che sia, nella vita quotidiana come nel lavoro, nello studio come nello sport o nella psicoterapia.


Lo sviluppo dell'immaginazione
Secondo Bruner (1964) nello sviluppo emergono in sequenza tre modi di rappresentazione: dapprima motoria, poi iconica (imagery) e infine simbolica-verbale.

Anche Piaget e Inhelder (1966) condividevano in parte questa distinzione tra le rappresentazioni immaginative e quelle verbali in termini di concreto-astratto, ma sottolineavano come l'immagine sia essenziale per rappresentare la realtà in termini simbolici.

Essa forma infatti la base degli schemi mentali su cui si fonda l'intero processo di costruzione della conoscenza, dalle forme più semplici a quelle più complesse di simbolizzazione.

Tenere conto di ciò che non è qui e non è ora, presupposto per il pensiero astratto, richiede anche la capacità di visualizzare realtà non presenti.



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Si parla, in tal caso, di visualizzazione anticipatoria, ad esempio come quando un architetto immagina la nuova costruzione che progetterà, o uno scacchista le nuove configurazioni di gioco dopo la mossa che sta per fare, o un giocatore di golf il tiro che nessuno ha mai provato, oppure ancora quando un bambino immagina come utilizzare un utensile per lui del tutto nuovo.

L'immaginazione ha dunque una valenza simbolica non più direttamente legata alla percezione.

Essa può riprodurre o anticipare rappresentazioni della realtà esterna in rapporto allo sviluppo delle attività operatorie.

Anche Paivio (1991) nota che l'idea di una transizione tra fase iconica e fase simbolica sottovaluta l'interazione continua tra le due modalità.

In altre parole, contrapporre l'immagine (livello concreto) alla verbalizzazione (livello astratto) semplifica la complessità dinamica del rapporto fra queste dimensioni. Ricorda Kosslyn (1983) che il bambino privilegia la visualizzazione e la usa nei giochi che richiedono rappresentazioni mentali su base simbolica o visuo-spaziale (dal compagno immaginario ai videogame).

La cultura in cui il bambino è inserito tende a farlo passare ad una prevalenza della verbalizzazione, sostituendo le immagini mentali con il richiamo di concetti codificati verbalmente.

Un problema inizialmente viene risolto su base visiva, richiamando l'immagine pertinente.

Così, ad esempio, alla domanda: «I cani e le galline hanno lo stesso numero di zampe?», il bambino piccolo risponde associando l'immagine visiva dei due animali.

Più tardi apprenderà a registrare l'informazione in forma di proposizione verbale.

Si può così fare a meno di tornare al richiamo dell'immagine, a meno che istruzioni specifiche o stimoli particolari non lo rendano necessario. Lo stesso avviene per altri tipi di problem solving, cui i bambini vengono addestrati a pensare in termini di proposizioni piuttosto che di immagini.



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Diversi autori di orientamento psicodinamico hanno sottolineato gli aspetti emotivo-affettivi del passaggio dalla percezione della realtà alla sua rappresentazione, prima in forma d'immagine e poi di simbolo.

L'oggetto transizionale costituisce una tappa importante di questo passaggio: forma infatti quell'area intermedia tra realtà esterna e vita interiore o, come dice Winnicott (1971), «tra la creatività primaria e la percezione oggettiva basata sul senso di realtà», che il bambino piccolo può consentirsi.

In quest'area intermedia l'immagine mentale gioca un ruolo essenziale, che verrà ripreso anche in seguito, ogni volta che si stabiliscono esperienze di tipo transazionale in epoche successive: quindi anche durante i percorsi educativi e nel corso di interventi riabilitativi o psicoterapeutici.


Da un punto di vista educativo, è importante distinguere ciò che il bambino - più tardi l'adolescente e in certi casi anche l'adulto - considera immagine da lui stesso costruita e ciò che ritiene rispecchiare la realtà esterna. è noto che entità mentali e realtà vera e propria sono facilmente scambiate dal bambino piccolo, mentre nell'adulto ciò avviene solo in caso di particolari patologie, come i deliri e le allucinazioni.


Harris e altri studiosi (1991) hanno dimostrato che bambini di tre anni sono per lo più in grado di discriminare correttamente tra oggetti reali e rappresentazioni mentali, ma che ancora a sei anni sospettano, al di là delle loro dichiarazioni verbali, che entità immaginate, quali fantasmi o mostri, possano diventare reali.


Occorre tenere presenti queste linee di sviluppo delle capacità immaginative quando si programmano obiettivi didattici e usare con la dovuta cautela formule generiche quali educazione all'immagine o alla fantasia.




La progettazione creativa

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Nel corso dello sviluppo funzioni di visualizzazione e di verbalizzazione tendono ad integrarsi e questo trova riscontro nella complessità del funzionamento cerebrale.


La ricerca neuropsicologica ha ribadito che pensare anche mediante immagini richiede un'ampia attivazione cerebrale, a differenza del pensare puramente verbale che è maggiormente localizzato.


L'integrazione delle funzioni iconica e simbolica si realizza soprattutto nel progettare creativo, attività, questa, che comporta flessibilità e apertura alle novità, dimensioni della creatività fortemente correlate con l'immaginazione (Denis, 1990; Roskos-Ewoldsen et al., 1993).


La progettazione creativa comporta anche il richiamo dalla memoria, la manipolazione e ricombinazione di elementi percettivi e semantici in modo nuovo e originale. L'immaginazione mentale è importante perché questa operazione si realizzi con successo.


La progettazione, con le indispensabili componenti immaginative, è essenziale in ciò che comunemente viene definito creazione di una nuova opera.



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Usano efficacemente questa capacità progettuale:
- l'artista che realizza e comunica attraverso il suo prodotto una particolare visione della realtà;

- il romanziere che costruisce un nuovo personaggio; il matematico che risolve un problema in modo originale;

- l'acrobata che inventa una nuova figura o lo sportivo che escogita una particolare trama di gioco;

- l'ingegnere che progetta una macchina o l'architetto che disegna uno spazio abitativo;

- il manager che ristruttura la sua azienda; il pubblicitario che realizza uno spot;

- l'economista o il politico che pianifica un modo nuovo di risolvere un problema sociale;

- persino il delinquente che progetta abilmente il suo piano criminale.



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In tutti questi casi, e negli altri di produzione creativa, il procedere algoritmico cioè secondo regole prestabilite, che è tipico del pensiero e del linguaggio formalizzato, deve essere integrato e superato (anche se non annullato) da procedure olistiche e in qualche modo caotiche, in cui l'immaginazione gioca necessariamente un ruolo fondamentale.


Il passaggio verso la capacità di progettazione flessibile e creativa, nel senso descritto, è l'obiettivo comune dell'azione educativa e di quella clinico-terapeutica.


Entrambe intervengono su soggetti in cui il progetto, come scoperta o riconoscimento del senso dell'essere nel mondo, è incompleto o alterato.


Il bambino o l'adolescente, per immaturità delle strutture cognitive ed emotive, ha difficoltà a costruirsi autonomamente un progetto ed a perseguirlo. Il paziente è portatore di un progetto inautentico e alienato, perché troppo rigido o troppo distante dalla realtà.


Dunque è essenziale che sia nella prassi educativa che in quella terapeutica l'uso prevalente della parola sia integrato con la visualizzazione e con l'immaginazione, al fine di meglio favorire la progettualità creativa.



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L'educazione dell'immaginazione



Risolvere problemi in modo produttivo o addirittura creativo, utilizzando tutte le potenziali risorse che la mente ha a disposizione per l'adattamento cognitivo e sociale, è obiettivo essenziale di qualunque intervento formativo.



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Sono state frequentemente ribadite le possibili implicazioni educative di una rivalutazione del potenziamento delle capacità immaginative in alternativa al predominio, specie nella formazione scolastica, del ragionamento verbale e astratto (Logie e Denis, 1991).

In psicologia dell'educazione si va diffondendo l'immaginazione guidata (Ahsen, 1989).

Anche nella riabilitazione cognitiva l'uso delle immagini mentali e di una codifica multipla (verbale-visiva: ad esempio, nome-viso) è stato ampiamente e proficuamente riconosciuto (Richardson, 1995).

È ben noto che immagini mentali possono supplire, nell'organizzazione della conoscenza, a deficit sensoriali anche gravi, come avviene nei non vedenti.

Usare l'immaginazione per svolgere meglio i compiti cognitivi non è però affatto semplice.

Spesso ci si aspetta che un soggetto, sollecitato ad usare le capacità di immaginazione, sappia automaticamente svilupparle ed applicarle nella direzione verso cui è stimolato, mentre esistono notevoli differenze individuali nella capacità e nella disponibilità a lavorare con le immagini.

In molti casi queste capacità vanno addestrate, preliminarmente ad un loro uso di routine nei compiti cognitivi, mediante appositi programmi, al pari delle altre abilità. Diversi autori hanno proposto training di visual imagery, che comprende la visualizzazione di prospettive nascoste, di movimenti, di parti da decontestualizzare, associazioni visivo-immaginative, concettualizzazioni astratte a partire da modalità visive.

Non mancano buoni strumenti per il miglioramento delle capacità di visualizzazione, concretamente utilizzabili nella pratica didattica, anche in lingua italiana (Benedan e Antonietti, 1997).



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Le immagini in psicologia clinica



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Una produzione deviata di immagini mentali è presente in diverse forme di psicopatologia.

Si è già detto che la confusione tra entità mentali e realtà vera e propria è consueta e normale nel bambino piccolo, mentre nell'adulto essa si verifica in caso di particolari processi.

Alcuni di questi rientrano nella normalità della vita quotidiana, come il sogno e il sogno ad occhi aperti (daydreaming), o di particolari condizioni fisiologiche o sensoriali. è stato dimostrato che, anche in assenza di malattie, stati di affaticamento, assunzione di droghe o psicofarmaci, persone normali possono avere esperienze di fenomeni ipnagogici o ipno-pompici, ossia sensazioni di vedere, sentire, toccare, altre persone o oggetti non realmente presenti.

Se tali fenomeni vengono valutati, sul piano clinico, come pseudo-allucinatori, le vere e proprie allucinazioni derivano da immagini mentali, intense e non controllabili, esperite in assenza di stimoli appropriati.

Si tratta di esperienze patologiche ben diverse dalle forme di immaginazione vivida e pregnante che restano sotto il controllo del soggetto, o dalle illusioni percettive, che sono errori prodotti dalla forza del contesto, come i teorici della Gestalt hanno ampiamente illustrato.

In ogni caso, un'eccessiva o troppo ridotta produzione di immagini mentali, o un uso distorto di esse, possono intervenire in patologie di vario tipo: sono testimonianza di un progetto esistenziale rigido e cristallizzato (nelle diverse forme nevrotiche), oppure irrealistico (nelle psicosi).



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Sami (1990) ha presentato un modello della psicosomatica in cui l'immaginazione è contrapposta alla repressione che ne limita la funzione. La patologia psicosomatica, secondo questo modello, deriverebbe proprio dall'esasperata prevalenza di meccanismi repressivi della funzione immaginativa.

Di fatto, la vita immaginativa risulta spesso impoverita nelle nevrosi d'ansia: bambini molto ansiosi si sentono talmente minacciati dalle loro produzioni immaginative da evitare di attivarle.

All'altro estremo, soggetti con produzione immaginativa non controllata rischiano di trovarvi pieno appagamento, troncando i rapporti con la realtà.


Ma le immagini mentali non sono per lo psicologo clinico solo un mezzo per entrare nel mondo della psicopatologia e per conoscerne meglio i meandri e le vicissitudini.

Curare mediante l'occhio della mente, come diceva il titolo del saggio di Jaffe e Bresler (1980) riprendendo Lazarus (1977), è un modo per operare il cambiamento dalla progettualità deviata ad una capace di essere al tempo stesso realistica e flessibile.

L'uso dell' immaginazione guidata nelle terapie psicologiche è antica quanto la terapia stessa.

Diversi interventi terapeutici nella tradizione orientale e nella medicina occidentale sono basati sull'immaginazione.

Tra gli psicoterapeuti ad orientamento psicoanalitico, Freud sfruttò a fini terapeutici le immagini legate alle memorie dell'infanzia, Jung propose il metodo dell'immaginazione attiva, in cui la concentrazione su una immagine spontanea e la concomitante sospensione dell'attività critica permettevano di far emergere materiali inconsci.

Metodi di immaginazione attiva sono frequenti anche nelle psicoterapie di gruppo.

L'attivazione di immagini è stata anche al centro di interventi comportamentali e cognitivi: tecniche di rilassamento e terapie sessuali ne hanno fatto il loro fulcro. Fondamento teorico di questa possibilità d'uso dell'immaginazione nella modificazione del disadattamento affettivo è il rapporto a due vie esistente tra immagine ed emozione: quest'ultima può tradursi in immagine e l'immagine, a sua volta, può servire alla regolazione e al controllo dell'emotività.



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Nel suo volume sull'immaginazione creativa spontanea (Spontaneous Creative Imagery) Aina O Nucho Nucho (1995) ha presentato le modalità in base alle quali l'attivazione di un doppio canale d'intervento (immaginativo oltre che verbale) può favorire il procedere del trattamento terapeutico verso una creatività fonte di benessere.

I vantaggi dell'uso dell'immaginazione in psicoterapia consistono, tra l'altro, nella capacità delle immagini di portare con sé un inteso carico affettivo, di facilitare cambiamenti a livello psicofisiologico e di poter orientare il soggetto verso il futuro, quindi verso una progettualità funzionale all'adattamento.




Immaginazione e qualità della vita


Abbiamo centrato l'attenzione sull'uso dell'immaginazione creativa nei settori educativo e clinico, tradizionalmente i più aperti alle applicazioni della psicologia sperimentale.

Ma anche altri settori di ricerca e di applicazione possono avvalersi proficuamente di un uso adeguato dell'immaginazione: ad esempio, la psicologia sociale, del lavoro e dell'organizzazione, l'orientamento scolastico-professionale.

Per un ragazzo potersi visualizzare nella futura condizione di studio o di lavoro aumenta la motivazione e sorregge durante il lungo e difficile percorso per arrivare alla meta.

Quale che sia il campo di applicazione, aspetti essenziali da sviluppare sono il gusto di rileggere e reinterpretare la realtà con l'occhio della mente, l'interesse ad usare le immagini per trovare una soluzione creativa dei problemi, per programmare le azioni, prevedere e anticipare il futuro che si vuole realizzare. In definitiva, la visualizzazione - non contrapposta alla verbalizzazione, ma con essa integrata - può essere sfruttata come mezzo per potenziare la conoscenza e la consapevolezza e per migliorare globalmente la qualità di vita.







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Santo Di Nuovo
Ordinario di Psicologia
Preside della Facoltà di Scienze della formazione
dell'Università di Catania.




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Edited by filokalos - 25/12/2012, 19:45
 
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