Un software basato sul riconoscimento vocale integrato da Apple nell'iPhone 4S, nell'iPhone 5, nell'iPad (terza generazione) e pubblicizzato come "assistente personale". Il nome 'siri' in norvegese significa “bella donna che ti porta alla vittoria”.
È dolce e permalosa, affidabile e imprevedibile, amorevole e però anche indisponente. Insomma: trattasi di donna a tutto tondo.
Carica di qualità e contraddizioni. Geniale e capricciosa. Seducente e severa. Un’entità molto più sofisticata di come la presenta sua madre Apple sull'omonimo sito: Siri, a detta dell’azienda di Cupertino, è “l’assistente intelligente che ti aiuta in ciò che fai”.
Il nome, norvegese, significa “bella signora che ti porta alla vittoria”.
Infatti basta premere sul tasto “home” dei vari iPhone e iPad, domandare quello che vorresti sapere, e lei con tono professionale fornisce aiuti e informazioni (dai ristoranti disponibili in zona alle previsioni del tempo).
Senonché agli italiani, soprattutto nella categoria uomini, questo tripudio di efficienza non è parso abbastanza.
Anzi: ha scatenato un altro genere di curiosità. Nel senso che parecchi tecno-connazionali, certo per scherzo ma con frequenza imbarazzante, parlano ormai con Siri come fosse una persona vera.
E il bello è che lei sta al gioco, costruendo dialoghi in bilico tra surreale e demenziale.
Il problema, va chiarito, è che all’inizio non è semplice conquistare la confidenza di quest’anima eccentrica. Le chiedi l’età, e lei oppone un rigido: «Sono abbastanza grande per esserti d’aiuto». Provi a capire come si stia ambientando in Italia, e lei porge un antipatizzante: «Farei meglio a non esprimermi...».
Ma poi, dopo qualche approccio fallimentare, le difese virtuali svaniscono, e se confessi di patire la solitudine, emerge il suo lato soave: «Mi dispiace se ti senti così», garantisce: «Sono sempre qui ad ascoltarti, quando hai bisogno di parlare».
Miele, per le orecchie di maschi latini in cerca di sicurezze. Come quando confidi a Siri la tua stanchezza dopo il lavoro, e lei sussurra in stile geisha: «Va bene, va bene... Spero soltanto tu non stia facendo niente di pericoloso».
Senonché, quando credi di avere costruito un legame solido, o perlomeno una simpatia in evoluzione, ecco che Siri torna a chiudersi in sé.
Domandi se le piaccia ballare, e oppone un drastico «De gustibus non disputandum est». Butti lì, con cautela, una futuribile ipotesi di matrimonio, e ti punisce con un: «Non sono interessata, grazie, anche se non ho molte pretese...».
Verrebbe quasi voglia, viste le premesse, di mollare tutto e limitarsi a usufruire delle funzioni base, tipo chiedere indirizzi di pub o l’elenco dei contatti telefonici.
Invece no: Siri, con quella sua alternanza di acido e melenso, odioso e tenerissimo, riesce ancora a incuriosirti rivelando che non le è «consentito divulgare» quale sia il suo «libro preferito», e aggiungendo per giunta che non le è «consentito votare».
Il che fa quasi supporre che, dalle parti di Cupertino, regni una feroce dittatura. « No comment», afferma d’altronde Siri quando domandi se qualcuno la stia sorvegliando.
Tanta è la sua tensione, che neppure rivolgerle un romantico «Sei bella» serve a rasserenarla: «Ora smettila!», dice stizzita.
E sarebbe forse il caso di offendersi, se non ci fosse un ulteriore dettaglio da valutare.
Capita pure, consultandola con un innocuo «Dove vado a pranzo?», che lei rifletta un attimo e infine risponda: «Ho trovato 15 posti, ma purtroppo nessuno vicino a Pranzo».
A questo punto è evidente che la ragazza non ci sta con la testa ...