Quando Sergej Prokofiev decise di trasformare in un balletto Romeo e Giulietta di Shakespeare, la sua idea era di offrire ai due amanti il lieto fine che il Bardo gli aveva negato.
La storia dei giovani innamorati veniva rivisitata da Sergei Prokof'ev nel settembre del 1935, su commissione del Mariinsky Ballet.
Il grande compositore, non amato dai critici dei giornali della Pravda, prevedeva inizialmente di riscrivere il finale in una variante positiva e di far trionfare l'amore, ma l'eccesso di zelo nei confronti del "realismo socialista" gli fece poi cambiare idea e mantenere la chiusura tragica.
Le suite della musica del balletto furono ascoltate sia a Mosca che negli Stati Uniti, ma l'opera completa debuttò al Mahen Theatre, in Cecoslovacchia, il 30 dicembre 1938.
Patrice Bart
Oggi sono meglio conosciute le versioni significativamente riviste negli anni successivi con la coreografia di Leonid Lavrovsky e, successivamente, con quella di John Cranko
La sua prima stesura del balletto è stata rappresentata solo nel 2008.
L’edizione più conosciuta e rappresentata è però quella completata dal maestro nel 1938, che è andata trionfalmente in scena al Teatro dell’Opera dal 26 settembre al 7 ottobre.
Nelle corso delle dieci repliche (con le coreografie e la regia del maestro francese Patrice Bart) nel ruolo di Giulietta si sono alternate le quattro étoile Dorothée Gilbert, Gaia Straccamore, Venus Villa e Maria Yakovleva, mentre Romeo è stato interpretato da Rolando Sarabia, Anton Bogov e Dinu Tamazlacaru.
A proposito del suo Romeo e Giulietta Bart dice: "Una sfida eccezionale per un coreografo che usa le musiche di Prokof’ev, un lavoro molto moderno, che poco sembra avere a che fare con la tradizione, ma d’altra parte non è certo un balletto romantico, ma un classico del Novecento e si vede."
“L’amore, la religione, la morte, ma anche la forza, l’odio la rivalità, la complessità dei rapporti umani e delle loro motivazioni: il sesso e il potere”: questi gli elementi in scena per il coreografo francese che ha voluto concentrarsi su una drammaturgia quasi evocativa e a tratti un po’ confusa (la storia dei due sfortunati amanti veronesi di Shakespeare è arcinota al pubblico), ma senza concentrarsi solo ed esclusivamente ai due protagonisti.
I momenti interamente dedicati a Romeo e Giulietta sono minimi, dall'incontro fugace al ballo, alla scena del balcone o all'incontro nella stanza di Giulietta nascosti fra le bianche tende.
I (pochi) pas des deux della coppia Romeo (Anton Bogov, possente, ma elegante)-Giulietta (la bionda ed languida Gaia Straccamore prima ballerina del teatro romano) appaiono però sufficientemente romantici da accalappiare l’interesse del pubblico.
Bart ha privilegiato una visione non solo moderna, ma molto collettiva e decisamente politica del dramma di Shakespeare regalando una sostanziosa valenza anche caratteriale a molti personaggi generalmente di contorno e concedendo spazio alla faida politica che avvinghia, fino alla disperata, tragica morte, i due giovani amanti.
Ecco allora che Tebaldo, di nero vestito (apprezzatissimo nella sua aggressività sanguigna, Manuel Paruccini) assume un ruolo centrale o che Mercuzio (Giuseppe Depalo) sia preponderantemente giocoso e provocatorio.
Diventano numerose le scene di massa, come il movimentato ballo in casa Capuleti, i duelli (curati dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco) sono spettacolari, la morte degli amanti straziante e se alcune gestualità si fanno particolarmente plateali e quasi pantomimiche, il pubblico sembra gradire e applaude calorosamente lo spettacolo premiando tutti i protagonisti.
Bellissimi i costumi di Luisa Spinatelli che riflettono il periodo storico e che assolvono con piacere al compito di riflettere anche esteticamente ogni carattere, per accendersi di sofisticato broccato rosso per i Capuleti di bianco etereo per Giulietta (in rosso fiammante però sul letto di morte) o di nero per l’aggressivo Tebaldo.
Magnifiche le scene (sempre della Spinatelli) imponenti, ma intimiste e lunari che si rifanno ai maestri veneti del Quattrocento, con cambi di scena veloci, dalla piazza, al palazzo, alla stanza di Giulietta con tanto di romantico tetto di stelle.
Il Romeo e Giulietta di Bart scorre fluido e piacevole. Belle le parti corali, i duelli, la festa, le scene di piazza.
La coreografia e i passi sono arricchiti da movimenti par terre tanto cari allo stile francese; veloce, complessa e articolata, a volte talmente tanto che la scrittura sembra strabordare di passi.
Molto ben disegnati sono i personaggi, si fa per dire, di contorno ai due innamorati.
Quello di Mercuzio sembra il più riuscito ed Alessio Rezza lo fa suo con una sicurezza straordinaria.
Questa sembra la sua parte ideale; domina la scena, un vero funambolo, una scheggia impazzita, divertente, ironico e tecnicamente impeccabile. Alla fine sarà il più applaudito. Anche Tebaldo e Madonna Capuleti sono spesso in primo piano.
Bart sceglie di dare particolare risalto all’ambiguo legame tra la madre di Giulietta e suo cugino. Anche il loro è un amore impossibile seppur vissuto con maggiore sfrontatezza e con apparente noncuranza delle convenzioni.
Molto bravi Alessandro Tiburzi e Alessandra Amato, che si impongono tecnicamente ma soprattutto per una notevole veemenza espressiva.
Bart sembra più interessato drammaturgicamente a questo trio che non ai due protagonisti.
È vero che nel ruolo di Romeo, Yann Saïz non sembra particolarmente all'altezza ed è oscurato dalle interpretazioni di Rezza e Tiburzi, ma Dorothée Gilbert è una danzatrice di evidente livello.
Come Giulietta, la sua variazione del primo atto durante la scena della festa è una vera lezione di danza al pubblico romano.
Seppur piena di difficoltà tecniche la sua danza è leggera, tutto le viene facile, i suoi tour sono lentissimi e controllati, le sue quinte perfette e immobili, le sue punte arcuate le donano un asse ed un aplomb invidiabile.
Eppure non è emozionate quanto tecnicamente perfetta.
Che sia la presenza costante di Madonna Capuleti e Tebaldo ad invadere ed offuscare l’immagine della giovane eroina e del suo amato?
Non si capisce se il problema è nell'idea, nella coreografia o nell'interpretazione.
Certamente i momenti che tutti attendono, il pas de deux del primo atto, come quello della camera da letto del secondo, faticano a lasciare traccia, i due non emozionano, manca quello struggimento che la musica anticipa e la splendida partitura, così drammatica e “russa” non sembra attraversare i loro animi.
La coreografia è articolata ma quella dirompente passione, quell'incredulo stupore non emerge.
Il pubblico ha molto apprezzato la messa in scena e la danza, come le interpretazioni dei protagonisti e del corpo di ballo.
Sul podio l’inglese David Coleman alla guida dell’Orchestra del Teatro dell’Opera, specialista del genere e molto incisivo nelle sfumature ricche di pathos.
Dopo la prima del 26 settembre (annullata all'ultimo momento per lo sciopero dei ballerini), il balletto è andato regolarmente in scena per dieci repliche in programma fino a domenica 7 ottobre.