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Vissuti musicali

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view post Posted on 23/3/2012, 09:37     +1   -1
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Vissuti musicali

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Non c'è luogo né tempo, oggi, dove una canzone,
un inno, una melodia non ci segua ed insegua inesorabilmente.




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Dalla baita di montagna più irraggiungibile all'oasi sahariana più tradizionale, dal taxi più scalcinato di una metropoli alla sala d'attesa dello studio medico più sofisticato, dagli altoparlanti di uno stadio al telefonino di ultima generazione, è sempre la stessa musica: quella della dissoluzione del silenzio, della distrazione da noi stessi, della somministrazione socialmente ebete dell'anestetico più innocente, apparentemente innocuo.




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Certo tutti, da piccolissimi germi dell'umanità, abbiamo vissuto per mesi nel sonoro grembo materno. Ciò che la scienza oggi prova, è stato formulato sin dagli anni Ottanta per opera dello psicoanalista Franco Fornari. In un suo libro dal significativo titolo Psicoanalisi della musica scrive che il feto mostra molto chiaramente di reagire al ritmo cardiaco della madre e alla voce del padre e della madre.

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Inoltre, il nascituro percepisce come rumori i suoni dovuti all'attività respiratoria, alla circolazione del sangue, ai movimenti intestinali.

Osserva che la scansione, il ritmo e l'intonazione vengono memorizzate dal piccolo d'uomo nella vita intrauterina.

Pertanto, si può facilmente ammettere quanto rilevano le ricerche psicolinguistiche, secondo cui le capacità di analisi e sintesi temporale dei suoni sono già presenti nel bambino prima dell'epoca del linguaggio. Una delle conclusioni che si possono trarre da queste osservazioni è che il significato inconscio della musica corrisponde al significato inconscio della vita ed è dato dal recupero della situazione intrauterina (il paradiso perduto).

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È curioso a questo punto notare che, se da un lato la psicoanalisi riesce ad avvicinarsi al segreto della musica, dall'altro il fondatore di questa disciplina è rimasto invece molto lontano dal misterioso mondo dei suoni.

Infatti, è lo stesso Sigmund Freud a definirsi "unmusikalisch", "non-musicale", dunque incapace di alcun senso musicale!

Sorprende questa confessione, dal momento che proprio a Vienna, dove Freud ha abitato per sessant'anni, Wagner ha diretto le proprie opere, Bruckner ha insegnato al Conservatorio, Schonberg ha lavorato all'Accademia Imperiale, Webern e Berg sono giunti all'"individuazione dodecafonica", Wolf ha composto i suoi ultimi Lieder e Strauss per ben cinque anni ha diretto l'Opera.



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Come possono, d'altronde, non aver raggiunto l'intellettuale Freud le dispute tra conservatori e moderni, in una città dove il solo cambio di un direttore all'Opera accendeva polemiche e passioni tra i viennesi?.

Scavando nella biografia del genio viennese, è possibile richiamare un episodio della sua infanzia significativo a questo riguardo.

Uno dei figli, Martin, racconta infatti che, allorquando i genitori di Freud si resero conto che il loro figlio era un bambino eccezionalmente dotato e destinato alla celebrità, gli riservarono un trattamento speciale in casa, al punto da essere il solo a disporre di una stanza tutta per sé, munita di lampada ad olio (nelle altre stanze vi erano invece candele), assecondandone doti e desideri al punto da proibire alla sorella Anna di studiare pianoforte in casa, poiché il suono... disturbava la concentrazione del loro figlio prediletto.

Un'insofferenza che si dimostrerà anche negli anni successivi; se, ad esempio, gli capitava di entrare in un locale dove stava suonando un'orchestrina si tappava automaticamente le orecchie.

Raramente Freud cita nelle sue opere dei brani musicali, e quando accade la sua attenzione corre subito al testo, alle parole che li accompagnano, come se solo il testo possa essere analizzabile, e la musica no. :hmm:

Insomma, mai la musica viene intesa per sé ed è sempre evocata nella misura in cui ad essa è sotteso un discorso parlato.

Forse, non gli piaceva la musica perché assorto nell'ascolto di un'altra musica, proveniente da un'altra scena: l'inconscio. Freud, nella stessa lettera del 1928 in cui si dichiara "non-musicale, senza alcun senso musicale", aggiunge di essere «ottuso verso questo ambito del sentire, capace appena di godere di qualche dolce melodia di Mozart».

Non è incongruo sottolineare in questa predilezione per il musicista austriaco un velato paragone tra sé e Wolfgang: entrambi enfants prodiges.



Il musicale materno


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Ritornando ai primi tempi dopo la nascita, la relazione madre-bambino è una relazione di melodia, un'aria (linguaggio) che non si può certo dire priva di senso, ed il cui significato diverrà chiaro solo in un secondo tempo.

Pertanto in questo unmusikalisch possiamo leggere il tentativo di Freud di evitare la "musica materna", della primitiva relazione con sua madre, che al contrario amava molto la musica.

L'affettività che agisce nella musica appare a Freud come un'attrazione nei confronti dei suoni e del calore percepiti in quella fase iniziale della vita del bambino in cui essi si confondono con le cure, le premure materne.



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Un sottofondo sonoro che circonda il paradiso del narcisismo primario, che prenderà un altro senso, rispetto al pieno e beato appagamento primario, quando il bambino entrerà nel mondo delle frustrazioni e di ogni altro investimento libidico (nel senso della carica di energia legata agli oggetti, alla fantasia e all'Io).

Ma, se l'arte dei suoni ha avuto i suoi poeti, come Bach, Mozart, Beethoven, Hindemith, ecc., la musica dell'inconscio ha avuto il suo interprete, Freud, che precludendosi la via delle note ci ha illuminato quella delle forme e dei silenzi.

Felicemente sorprende che una "assoluta mancanza di senso musicale" abbia rivelato in Freud una meravigliosa sensibilità nell'ascolto delle voci interne e profonde che contrappuntano l'animo umano.



Alla ricerca del ritmo perduto


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Sia la rumorosa invadenza della musica che la sua nativa presenza, sia la sua esaltazione che la sua negazione conducono a suggellare la forza e l'influsso del sonoro nella psiche e nella formazione dell'individuo come della società.

Le madri hanno sempre cantato ai loro figli ed essi si sono magicamente calmati, hanno sorriso o si sono addormentati sereni.

Questa esperienza comune a tutti gli esseri umani, sotto ogni latitudine e cultura, lascia intendere che la voce, la musica, il sonoro costituiscono quell'involucro emozionale entro cui si ampliano o ritraggono sentimenti e gesti più complessi, a volte indecifrabili.

Come spiegare l'euforico ascolto e il ritmato oscillare di una folla di giovani all'ennesimo concerto del loro cantante preferito se non con l'analogia tra il ventre della folla e il grembo materno? :shifty:

In entrambi pulsa indistinto il battito del proprio cuore e quello della madre-folla.



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I raduni oceanici, che di stagione in stagione si formano intorno al nome ora di questa ora di quella star della canzone, non rispecchiano il bisogno di aggregazione dell'individuo monade nella vita quotidiana, né rispondono al sentimento di alienazione che consuma l'identità contemporanea o l'effetto orgiastico simile alla droga che in particolare i rave-party accendono, bensì la ricerca di quel ritmo originario che ha nel cuore il suo strumento più naturale e di cui la musica, in particolare il rock e un certo genere di musica etnica, è la più potente tessitura sonora.

Il pensiero arcaico è affettivo e sensoriale insieme, attraversa l'opera musicale come quella onirica e simbolica, non come armonia, bensì come musica primaria delle pulsazioni viscerali e dei ritmi naturali, quindi come con-fusività, ridondanza.

In una condensazione comunque sempre ricca di conoscenza, dove l'originario è radicato nel corpo, nella vista, nell'odorato, nel gusto.

Perciò, Proust può scrivere nella Ricerca che il settimino di Vinteuil ha un fascino "rosso e misterioso", mentre la musica ha il "profumo di geranio".

Passando dalle risonanze profonde di una musica alle vibrazioni del corpo che ascolta un flusso di note, la ricerca del ritmo perduto può significare anche il recupero del ritmo perduto dal corpo, attraverso la cura di disturbi fisici grazie alle virtù della musica.


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Di questo si occupa la musicoterapia, che utilizza il suono per far vibrare un corpo in difficoltà, a causa di cefalee, stress, ansia, ma anche sofferente di patologie molto complesse come l'Alzheimer, le amnesie o problemi neurologici più in generale.

Dell'efficacia della musica nel caso di malattie gravi, dove i danni al cervello sembrano aver compromesso irrimediabilmente ogni percezione emotiva e sensoriale, parla il famoso neurologo americano Oliver Sacks nel suo ultimo libro, Musicophilia, dove afferma di essere certo che la musica sia uno strumento di grande valore per uno spettro amplissimo di pazienti, e dove si legge, tra l'altro: «Mi immagino il cervello come un'orchestra composta da un milione di strumenti. Oggi è possibile fotografare le reazioni del cervello di chi sta ascoltando una melodia o recitando una poesia, cosa impossibile fino a qualche anno fa. Tuttavia, non so se ci stiamo ponendo la domanda giusta. Abbiamo ancora molta strada da fare».

L'elemento fondamentale è il corpo, che mediante una musica che lo attraversa diventa lo strumento di un'azione liberatoria delle emozioni bloccate, dei movimenti inibiti, delle tensioni che irrigidiscono membra e mente, impoverendole.



La musica felice


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Riprendendo l'esempio del concerto citato all'inizio, colgo qui una domanda che molti sollevano nell'ascoltare una musica, un po' curiosi un po' timorosi nell'osservare quelle mani talentuose che si protendono agili su lunghe tastiere d'avorio, su archetti
o strumenti a corda, mani che si alzano virtuose davanti al pubblico silenzioso e si piegano devote alle leggi e al rigore della musica.

L'ascoltatore osserva il rito sonoro e attento cerca di comprendere l'animo dell'interprete, di abbandonarsi ai suoi slanci, percepire le sue vibrazioni, insomma cerca di cogliere il segreto dono della sua musica.

Eppure, se ci chiedessimo che cosa esattamente ciascuno di noi ascolti, che cosa ognuno intenda per "segreto" della musica e "qualità" dell'esecuzione, ebbene credo che qui il disaccordo sarebbe generale e la difficoltà di descrivere quanto si è colto risulterebbe alta.

Si tratta di un fatto sorprendente, poiché nel momento stesso in cui tutti abbiamo applaudito calorosamente, nell'attimo in cui crediamo di aver "capito" quella "sonata", di poter eleggere quella esecuzione a musica sublime, ci risulta quasi impossibile tradurre un simile sentimento in un discorso, in parole che siano meno vaghe delle comuni espressioni: "meraviglioso!" oppure "eccezionale!", per non parlare delle balbettanti motivazioni che emozionati pronunciamo davanti ad amici o delle motivazioni tecniche che razionalmente adduciamo a suffragare il nostro ascolto intelligente.

È come se contemporaneamente le mani applaudissero e la testa si confondesse.

Ma, dove nasce la difficoltà di abbandonare le vigili orecchie della ragione e aprire l'ascolto all'essenza della musica?

E, ancora, in che cosa consiste il segreto della musica, la cifra di un'esecuzione, il talento di un interprete?



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Le categorie di pensiero (estetiche, discorsive, ecc.) tentano invano di definire il "senso" della musica, dal momento che la musica non veicola senso ma simboli e come ogni sistema di simboli risulta infinitamente interpretabile. La musica non inerisce a concetti, formule, nomi, sostanze, ma a "qualità".

Sono queste (dell'ordine del ritmo, del tocco, ecc.) a costruire quelle reti sonore che ancor prima di produrre suoni creano la musica "felice". In quanto felice esperienza estetica del suono, la qualità di una musica si avverte quando riesce a mettersi in risonanza con figure inconsce dell'individuo o diventa irresistibile nel suo invito ad un ascolto sognante per chi l'ascolta.

Quale interpretazione, dunque, può dirsi felice? Pianisti pedanti ci ammoniscono che Mozart si suona "così", che l'anticipo della mano sinistra "non si fa", oppure noiosi critici ci mettono in guardia sullo "stile" più o meno corretto di quel tempo o quella sonorità.

Certo, non ci aiutano molto ad approssimarci alla "qualità" della musica né la conoscenza di queste proprietà esecutive né l'ascolto di interpreti virtuosi, seducenti ma senza "respiro" musicale.

Dove comincia, allora, la musica felice? :hmm:



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Quando un interprete può dirsi soddisfatto della sua esecuzione?

Perché l'ascoltatore ora applaude ora è deluso nell'ascoltare brani dello stesso autore interpretati da differenti esecutori?

La musica, annota Gaita, musicista e psicoanalista, «è infinitamente interpretabile, ma non sempre felicemente».

Ritorna, insomma, la domanda sul segreto della musica.

Suonare un preludio come premere un tasto per eseguire un brano è possibile in milioni di modi; eppure è solo uno il "tocco" che si alzerà dalle scolastiche letture di un testo e renderà "felice" quell'interpretazione, che apparirà come la creazione stessa.

Se il mondo di simboli musicali ideato da un musicista incontra concordanze (generalmente sorprendenti) nel mondo affettivo, mentale dell'interprete e tutto questo genera altre sintonie, anch'esse inattese, in persone che ascoltano, allora partecipiamo all'esperienza enigmatica, in un certo senso mistica, dell'interpretazione felice.

È come se l'interprete la eseguisse per la prima e ultima volta ed anche il pubblico la sentisse per la prima volta.

La musica "felice" non si può scrivere sulla partitura, è latente nello spartito musicale: bisogna trarla da segni muti in attesa d'interprete.

Qui, non sono la perfezione tecnica, la precisione stilistica, la minuziosa fedeltà al testo, lo strumento "originale", a creare le concordanze, bensì quell'interminabile lavoro di personale approssimazione all'infinito crogiolo di percorsi e interpretazioni possibili nell'universo magistrale dei simboli musicali.



E pur nella generale assenza di gusto e nella comune mancanza di un'autentica esperienza estetica a vantaggio delle mode del mercato, anche musicale, riteniamo di poter considerare l'ascolto della musica, rappresentato da un concerto, da un happening o da un vociante iPod, come il dono di un'occasione preziosa per creare piacere e sollevare domande sulla musica, la bellezza, i segreti dell'ascolto e la magia della voce, meravigliosamente ancora umana. :wub:



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Articolo Originale di
Francesco Marchioro

Edited by filokalos - 23/3/2012, 12:15
 
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