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Henri de Toulouse-Lautrec - La pubblicità come opera d’arte

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view post Posted on 8/10/2011, 14:30     +1   -1
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Henri de Toulouse-Lautrec - La pubblicità come opera d’arte

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Affiche di Toulouse Lautrec del 1891
che pubblicizza il Moulin Rouge e la sua grande vedette,
la ballerina chiamata "La Goulue", al secolo Louise Weber


Una mostra celebra il pittore francese
che reinventò i manifesti e ne fece dei capolavori.
E pensare che tutto ebbe inizio
con una bottiglia di champagne...



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Henri de Toulouse-Lautrec
a 28 anni

Iniziò tutto con una bottiglia di champagne. :fu fi:

Quando Henri de Toulouse-Lautrec ne vide una riprodotta in un manifesto di Bonnard (si trattava del France Champagne), capì subito che anche la pubblicità era una forma d’arte.

Nel 1891 il giovane artista, scappato dal Sud della Francia e approdato nella rocambolesca Parigi di fine Ottocento per diventare un pittore, ottiene il suo primo incarico come pubblicitario: il direttore del Moulin Rouge, Charles Ziedler, gli assegna la creazione di un manifesto, per annunciare l’arrivo nel café-chantant di una nuova ballerina: Louise Weber, detta anche la Golosa.

A Toulouse-Lautrec basta quella affiche (oggi famosissima) per dimostrare che, grazie a lui, il linguaggio pubblicitario non sarebbe stato più lo stesso: superando lo stile realistico dei cartelloni dell’epoca, l’artista propone un’immagine dalle linee essenziali e dai colori forti, perfetta per reclamizzare il luogo simbolo della Belle Époque.

Nella sua breve vita (morì a 37 anni), Toulouse-Lautrec disegnò trentuno manifesti.

Dal 10 Settembre sono stati esposti alla mostra Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Époque, presso la Fondazione Magnani Rocca di Mariano di Traversetolo (Parma).



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Lautrec a letto (1893)

Una mostra su Henri de Toulouse-Lautrec in Italia mancava da parecchi anni.

Il vuoto viene colmato dalla Fondazione Magnani Rocca che, dal 10 settembre all’11 dicembre 2011 nella sua sede di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, propone una originale riflessione sul celebre artista francese.

La mostra, che inaugura la presidenza di Giancarlo Forestieri, è curata da Stefano Roffi - con saggi in catalogo di Arturo Carlo Quintavalle, Ada Masoero, Mauro Carrera e del curatore.

Nasce dalla collaborazione della Magnani Rocca col Museum of Fine Arts di Boston, col Musée d’Ixelles-Bruxelles, con la Fondazione E. G. Bührle di Zurigo, col MIBAC - Soprintendenza BSAE per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, con la Galleria d’Arte Moderna di Milano e con altri musei e collezioni italiani ed esteri.



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Fondazione Cariparma e Cariparma Crédit Agricole sono i mecenati dell’iniziativa.



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Dressage des nouvelles par Valentin le Désossé



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La Clown Cha U Kao al Moulin Rouge
(1895)

È noto come una parte della produzione dell’aristocratico Toulouse-Lautrec (Albi 1864 - Malromé 1901), si sviluppi sulla scia del “japonisme”, ovvero l’ispirazione all’arte giapponese; egli traspone tecniche e inquadrature di quel mondo affascinante e misterioso al contesto occidentale dei locali notturni e delle maisons closes, ovvero le case chiuse che frequenta non solo come artista.



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È nell’ambito delle sue celeberrime affiches, presenti in mostra nell’intero corpus, che la rielaborazione dei temi e del linearismo grafico giapponese si esprime più evidentemente: dai profili degli uomini in cilindro, alle ombre nere alle spalle del soggetto, alla silhouette “senza testa” della cantante Yvette Guilbert nel notissimo Divan Japonais.

I suoi manifesti sono capolavori d’arte e documenti di un’epoca: conquistarono il pubblico d’allora che li amò e li collezionò, in un periodo in cui altri grandi maestri si cimentavano in questo genere in forte ascesa.

Ma sono tutti i suoi personaggi, colti nei caffè-concerto di Montmartre, nelle sale da ballo, nei postriboli, nel celebre Moulin Rouge, nei circhi, nei teatri, raccontati con caustica e rutilante malinconia, che rivivono nella mostra “Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Epoque”.



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Affiche per Il Fotografo Sescau (1894)



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La "golosa" arriva al Moulin Rouge (1892)

Da notare come nei musei italiani siano rarissime le opere di Lautrec; si tratta quindi di un’occasione imperdibile per vedere suoi lavori senza dover raggiungere grandi musei internazionali. :ok:


L’artista mostra un occhio spietato e caricaturale per le caratteristiche e la gestualità dei soggetti che rappresenta (che includono le vedettes sue amiche, le cantanti e ballerine May Milton, Jane Avril e La Goulue - come Andy Warhol farà coi personaggi della sua Factory newyorkese) unito all’uso innovativo di ampie stesure di colori piatti, marcate silhouettes e punti di vista inconsueti, in un’elaborazione di inesauste folgorazioni emotive.


Accanto al corpus delle affiches, la mostra propone una serie di confronti di particolare suggestione: sono accostati i dipinti di figura di Lautrec a quelli di paesaggio degli impressionisti Monet e Renoir, oltre a Cézanne.


Viene evidenziato il debito nella grafica all’arte giapponese offrendo un confronto speculare fra i manifesti del francese e stampe giapponesi fra Settecento e Ottocento di Utamaro, Hiroshige e Hokusai.


Viene ricreato il clima di frizzante competizione che Lautrec ingaggia coi vari Chéret, Mucha, Steinlen, Bonnard nell’accaparrarsi le commesse pubblicitarie nella Parigi della Belle Époque; infine viene mostrata l’influenza che Picasso riceve da lui in occasione dei primi soggiorni parigini.



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Au Bal du Moulin de la Galette (1876)



"In tutto il mondo si conoscono le fotografie di quest'ometto deforme. Soltanto la testa e il tronco erano di proporzioni normali. La testa sembrava avvitata sopra le spalle molto cascanti. La barba lunga e nera faceva l'effetto d'uno strano ornamento. Gambe e braccia erano quelle di un bambino di sei anni. Ma in questo corpo deforme c'era una forza vitale enorme, quasi superata dallo spirito di Lautrec. Le sue risposte pronte - simili a quelle di un clown maligno - erano sconcertanti. La bocca di una animalesca sensualità, il modo di esprimersi ora incontrollato, ora estremamente arguto, ora del tutto anticonvenzionale...". (Henry van de Velde).




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Una lezione nell'atelier di Fernand Cormons a Parigi, Montmartre, al n°10 di rue Constance, fotografia del 1885.
Henry Toulouse-lautrec è al centro...



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At the Foot of the Scaffold
(1893)

L'arte di Lautrec nella Parigi di fine Ottocento non si allinea con quella degli impressionisti che di pochi anni lo avevano preceduto e ancora stavano lavorando in Francia; la sua pittura infatti non rivela interesse per il paesaggio e per la luce, mentre esprime un fascino fortissimo per la figura umana. Lautrec ha chiaro fin da bambino che avrebbe fatto il pittore; la sua statura molto ridotta - dovuta a una duplice frattura alle gambe contratta tra il '78 ed il '79 – non gli consente, d’altra parte, di pensare a un lavoro fisicamente impegnativo. Lasciata la monotonia della vita in famiglia nel sud della Francia, si trasferisce a Parigi, metropoli che, nell’ultimo ventennio del XIX secolo, vive l’atmosfera gioiosa, entusiasmante ed eccessiva della Belle Epoque. Montmartre, quartiere degli artisti per eccellenza, vede la nascita e la diffusione di trasgressivi locali notturni, cafès, cabarets, rivelando il lato nascosto e torbido della rigida morale borghese dominante.

Circondato di amici - pittori, poeti e artisti della notte - Lautrec si dà alla bella vita e frequenta i celebri Moulin Rouge, Divan Japonais, Folies Bergère. All’inizio è quasi intimorito dalla cattiva reputazione di quell’ambiente, ma poi, grazie all’amicizia con lo showman Aristide Bruant, fondatore del Mirliton, proprio a Montmartre trova ispirazione preziosa per le sue ricerche d’artista. Evidenzia così nuove connessioni fra l’arte e la vita quotidiana affermandosi come una figura centrale nella società decadente che raffigura. La sua attenzione è rivolta ai personaggi: mette a fuoco e analizza da vicino i “tipi” umani che incontra (per usare un’espressione flaubertiana), presentandoli sotto una luce distorta, ironica, tramite nuove inquadrature, nuovi tagli delle scene, nuovi colori e giustapposizioni di colore. La tipologia dei soggetti rappresentati è la più varia: ballerine, habituès dei cafès, borghesi goderecci, il popolo notturno, ma anche prostitute e le masse di derelitti che vivono ai margini della società, un’umanità che anche Picasso, nel suo soggiorno parigino, rappresenterà proprio nel momento del commiato di Lautrec - morto trentasettenne come Raffaello, Parmigianino, Watteau, Van Gogh - da quel mondo e dalla vita.



Stefano Roffi spiega il curatore dell’esposizione: «Con i suoi lavori Toulouse-Lautrec ha anticipato molte regole adottate dai pubblicitari di oggi: l’uso di colori sgargianti, personaggi capaci di attirare l’attenzione dei passanti, immagini provocatorie e con espliciti riferimenti sessuali».

Per affrancarsi dalla leziosità della cartellonistica dell’epoca, il pittore si ispirò alla grafica giapponese (magnifico il suo Divan Japonais), avvolgendo le sue opere nella stessa luce grottesca usata nei quadri con cui raccontava la Parigi dei bohémien.

Non sempre, però, le sue scelte moderne convincevano il committente: «La celebre cantante Yvette Guilbert» racconta Roffi «inorridì quando vide come l’aveva deformata nell’affiche del suo nuovo spettacolo, e gli ordinò di non finire il manifesto. Dopo aver scartato il primo cartellone perché poco realistico, la ditta di catene per biciclette Simpson Lever Chain si innamorò invece di Lachaîne Simpson, dove il nome del prodotto campeggia alle spalle del ciclista come un elemento del paesaggio. Andy Warhol, più di sessant’anni dopo, avrebbe fatto delle cose simili».




Articolo originale di
Emiliano Coraretti



Note Biografiche



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Latrec a 3 anni

1864-1872

Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa vede la luce il 24 novembre 1864 all’Hôtel du Bosc, un palazzo di proprietà delle prozie, sito ad Albi.

Tutta la sua infanzia, precocemente segnata dalla malattia, si svolge fra tenute, castelli, antichi manieri dai torrioni ricoperti d’edera, tipici di quell’aristocrazia francese di provincia a cui egli appartiene sia per parte di padre che di madre.
Il padre, Alphonse Charles Jean Marie, conte di Toulouse-Lautrec- Montfa, già ufficiale dei lancieri, nell’atto di matrimonio risulta infatti domiciliato nel turrito castello di Bosc, nel comune di Camjac, nell’Aveyron.

La madre, l’inflessibile Marie Marquette Adèle Zoé Tapié de Céleyran, cugina del futuro marito, vive da ragazza nel castello della sua famiglia a Salles d’Aude.

Dopo, i giovani sposi si stabiliranno a Loury-aux-Bois (Loiret), ma il piccolo – primogenito dei Lautrec – trascorrerà lunghi periodi nelle proprietà dei nonni, delle zie, dei parenti.

Mille anni e più di nobiltà alle spalle e una larghissima disponibilità economica lo predestinerebbero a una vita oziosa, fatta di balli, cacce a cavallo, feste e frequentazioni di rango, ma il nanismo che lo colpisce da bambino e le due fratture alle gambe che lo rendono storpio per sempre lo spingono a scelte del tutto diverse; e probabilmente è solo perché quel suo figliolo è ormai irreparabilmente “segnato” che la madre, la ferrea contessa Adèle, gli permette di interrompere a diciassette anni il liceo e di iscriversi a un corso di pittura.

Quanto a lei, per lunghi anni tenterà ogni strada per guarire quello sfortunato ragazzo (il secondogenito muore all’età di un anno ed Henri resterà l’unico suo figlio) e solo dopo molto tempo si rassegnerà ad accettare che l’erede dell’illustre casata dei Toulouse-Lautrec sia irrimediabilmente deforme.



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La tara si ripresenterà del resto in famiglia in altri quattro bambini di quella generazione, frutto dell’unione fra suo fratello e la sorella di suo marito, anch’essi, dunque, cugini primi.

Il conte Alphonse, invece, trascurerà il piccolo Henri, negando di fatto la sua esistenza “umiliante” per il casato e dedicandosi alla vita brillante che le sue cospicue sostanze gli consentono.

E certo la malattia del figlio, insieme alla sua inguaribile propensione per le avventure galanti, sarà una delle ragioni che lo allontaneranno dalla severa, religiosissima consorte, da cui vivrà di fatto separato.

Dopo la separazione Adèle acquisterà il castello di Malromé, dove Henri trascorrerà lunghi periodi e dove morirà.

L’unico a dimostrare un ammirevole autocontrollo e una capacità straordinaria di fare dell’ironia sulle proprie condizioni è Henri che, pur non crescendo oltre il metro e mezzo, trascinandosi su due corte gambette e non potendo nemmeno far sfoggio di un bel volto né di una voce piacevole (la malattia gli aveva deformato i lineamenti e ispessito la lingua, costringendolo a una sorta di farfugliamento).

Forte però del suo lignaggio e del suo ruolo di “capofamiglia” di una frotta di cugini minori di lui con cui era cresciuto nelle tenute di famiglia, troverà in sé la forza di non manifestare il disagio procuratogli dalla sua condizione.



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Il conte Alphonse de Tolouse-Lautrec in veste di falconiere, Albì, casa natale Tolouse-Lautrec (1879)





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Autoritratto (1882)

1872-1882

Ma torniamo indietro di qualche passo: quando Henri ha otto anni, nel 1872, la famiglia si trasferisce a Parigi, all’Hôtel Pérey nell’VIII Arrondissement e nell’ottobre di quell’anno il piccolo viene iscritto al Lycée Fontanes (oggi Condorcet), dove ottiene numerosi premi di profitto ma si segnala subito per la sua condotta vivace.

Nel gennaio 1875, tuttavia, deve essere ritirato dalla scuola per ragioni di salute: la malattia si è manifestata e il piccolo viene affidato a un istitutore di Neuilly, perché studi e al contempo si curi le gambe. Vi resta un po’ più di un anno, mentre prende a dipingere e a disegnare, seguendo così una tradizione di famiglia.

Tornato a casa per sottoporsi ad altre cure, visita nel 1878 l’Exposition universelle di Parigi, mentre continua a dipingere, prevalentemente con l’acquerello, eseguendo tra l’altro dei “trofei” per le numerose cacce a cui assiste.

Proprio nella primavera del 1878, nel salotto del suo palazzo di Albi, Henri scivola nell’alzarsi da una sedia e si frattura il femore destro.

Trascorrerà l’inizio della convalescenza al castello, dedicandosi al disegno e alla pittura, poi si trasferirà in alcuni centri termali.

Nel 1879 lo troviamo in convalescenza a Nizza, poi alle terme: infine, nell’agosto di quell’anno, cadendo in un fossato si frattura l’altra gamba e deve essere operato (i parenti parleranno talvolta di una caduta da cavallo, parendo loro forse un incidente più adeguato al suo rango).

Il 1880 trascorre tra soggiorni al Sud e nei castelli di Bosc e di Céleyran, e nel gennaio 1881, a Nizza, Henri riempie con disegni e schizzi di avvenimenti vissuti durante il suo viaggio verso il mare un taccuino, il Cahier des zigzags, dedicato alla cugina Madeleine Tapié de Céleyran.

Nella primavera successiva è a Parigi, per organizzarsi l’unico futuro che la malattia sembra consentirgli: quello di pittore. Prende così a frequentare lo studio di René Princeteau, un artista amico di famiglia, di cui copia le opere. Respinto al primo tentativo al baccalauréat (con la consueta autoironia farà stampare sui biglietti da visita “Henri de Toulouse-Lautrec, bocciato in Lettere”), lo ritenta a novembre, superandolo.

Di questi anni restano alcune sue lettere illustrate, una delle quali ci mostra proprio lo studentello interrogato da un anziano professore. In un’altra invece il giovane, deferente e intimorito, il cappello fra le mani, si presenta al suo secondo maestro, il truce Bonnat, artista accademico e alquanto “trombone” (anni dopo cercherà di impedire che un’opera di Lautrec, ormai scomparso, entri al Musée du Luxembourg).




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Il giovane Routy (1883)



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1882-1886

Dall’aprile 1882 Lautrec prende a frequentare dei corsi nel suo atelier. Léon Bonnat trova “atroce” il modo di disegnare del suo nuovo allievo; poi, di lì a qualche mese chiude lo studio e Lautrec si trasferisce da Fernand Cormon, dove approdano quasi tutti i suoi compagni di corso.

Nei primi mesi dell’anno successivo Lautrec espone al museo di Pau; intanto la madre ha acquistato il castello di Malromé nella Gironda, dove si trasferisce. Henri resta invece a Parigi, nello stesso stabile in cui vive e lavora Degas.

Dell’amico, più anziano, “ammira l’acume impietoso con cui, attraverso l’esattezza della forma, arriva al nucleo psicologico dell’immagine” (E. Camesasca) e con lui condivide la passione per le stampe giapponesi, con la loro singolare impaginazione decentrata, e per la fotografia, che gli rende familiari i gesti del quotidiano.

La frequentazione assidua di Degas lo condurrà poi a superare il “purovisibilismo” impressionista e a sottoporre la visione a un rigoroso controllo intellettuale.

La sua vita si svolge tra l’atelier di Cormon, dove studia la mattina, gli esterni in cui dipinge ogni pomeriggio, e i cabaret e i cafés chantants dove trascorre le serate e le notti.

Fra i preferiti, Le Chat Noir e poi Le Mirliton, il locale rilevato dal cantante Aristide Bruant, che Lautrec ritrarrà in alcuni famosi manifesti. Da questi anni di apprendistato “accademico” esce con un solido bagaglio di conoscenze che fanno di lui uno straordinario disegnatore e un conoscitore di tutte le tecniche pittoriche classiche.

Alle quali preferirà tuttavia un metodo diverso (appreso da Jean-François Raffaelli ma utilizzato anche da Degas) che lo porterà a dipingere su un cartone non preparato, con colori fortemente diluiti, conferendo così un aspetto secco e riarso ai suoi dipinti.



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A la mie è l'espessione di un momento di vita proletaria, anche se osservato più attentamente cela molte trovate del "naturalismo" di Lautrec.



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Poster per l'Ambassadeurs,
Modello: Aristide Bruant(1892)

Detesta infatti la pittura lustra e rifinita allora in voga e con il suo consueto anticonformismo – che tanto doveva dispiacere alla sua formalissima famiglia – sceglie come sempre di battere strade impervie e del tutto personali.

Giungono intanto i primi riconoscimenti del suo lavoro d’artista, e con essi le sollecitazioni da parte del padre ad adottare uno pseudonimo per non “disonorare” il nome dei Toulouse- Lautrec (si servirà per qualche tempo di Montfa e di un anagramma di Lautrec, “Tréclau”, poi di “HTLautrec” o semplicemente “HTL”).

I suoi soggetti, i committenti e anche le sue frequentazioni sono infatti alquanto eccentrici, almeno a giudizio della famiglia: gli uni e le altre fanno parte del popolo composito di Montmartre, un borgo rurale da poco inglobato da Parigi (la basilica del Sacré-Coeur era allora in costruzione), dove vivevano miserabili, prostitute di infimo rango e malfattori, ma nel quale da qualche tempo, per i costi contenuti, si installavano gli artisti (quelli di successo, ai piedi della collina, nella zona più “rispettabile”).

Era lì, poi, che stavano ormai moltiplicandosi le sale da ballo e i cafés-concerts che avrebbero dato il via alla nascente industria dello spettacolo.

Quanto ai giornali su cui compaiono le sue illustrazioni, si tratta spesso di fogli popolari e piccanti, come il “Mirliton”, “Fin de Siècle” e “La Vie Parisienne”, ma Lautrec non mancherà di illustrare anche le copertine dei romanzi “blandamente erotici dell’emigrato polacco che scriveva con lo pseudonimo di Victor Joze” (J. Frey).



1886-1889

Lautrec affitta uno studio a fianco dell’edificio in cui lavorano Federico Zandomeneghi e Suzanne Valadon.

Con quest’ultima intreccerà un legame tumultuoso, presto interrotto a causa delle pressanti richieste di matrimonio della modella e futura pittrice. In quello stesso anno, dopo essere stato rifiutato dal Salon des artistes français – per beffarsi della giuria aveva dipinto un camembert –, esegue delle decorazioniall’Hôtel Ancelin. Intanto aveva conosciuto van Gogh (di cui esegue un ritratto, ora al Rijksmuseum Vincent van Gogh di Amsterdam), che conduce a vedere l’esposizione permanente dei suoi dipinti al Mirliton.

Nel 1887 partecipa all’Exposition internationale des beaux-arts con due opere, presentate però con il nome di Tréclau. In autunno espone con van Gogh, Anquetin e Bernard in un ristorante di Montmartre e inizia ad avere rapporti con due mercanti: Arsène Portier e Theo van Gogh (fratello di Vincent).

Invitato a esporre con “Les XX” a Bruxelles da Theo van Rysselberghe, nel febbraio 1888 Lautrec si reca nella capitale belga per l’inaugurazione della mostra in cui presenta undici opere; intanto i suoi lavori iniziano a essere pubblicati su numerosi giornali, come il “Paris Illustré e il “Courrier Français”; la rivista “L’Art Français” cita i suoi ritratti esposti al Cercle Artistique et Littéraire e “Art et Critique” segnala una sua tela in mostra da Goupil (1889).

Nello stesso anno si apre il Moulin Rouge, il café chantant in cui Lautrec, assiduo cliente, esporrà in permanenza alcuni lavori e al quale dedicherà alcune fra le sue opere più celebri.



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Mademoiselle Dihau al piano (1890)

1890-1891

Anche nel 1890 Lautrec è presente alla mostra dei “XX” a Bruxelles e in marzo espone con successo al Salon des Indépendants (due i dipinti in mostra: il bellissimo Dressage des nouvelles par Valentin le Désossé –Moulin Rouge, e il ritratto di Désiré Dihau, un musicista amico suo e di Degas).

In ottobre Theo van Gogh è colpito da un ictus che lo condurrà alla morte, e in galleria viene sostituito da Maurice Joyant, già compagno di liceo di Lautrec, suo futuro biografo e allestitore del Musée Toulouse-Lautrec ad Albi.

A questo punto ha ormai preso forma la sua inconfondibile cifra stilistica, orientata verso una semplificazione formale sempre più netta, raggiunta attraverso l’uso di linee di contorno scattanti, di segni nervosi e incisivi.

I colori sono puri, ignorano il chiaroscuro e vengono stesi, assai diluiti, in ampie campiture, con tocchi liberi e vigorosi: opere, quelle di Lautrec, solo apparentemente immediate, in realtà frutto di numerosi disegni preparatori e di un lungo lavoro preliminare.

In gennaio espone al prestigioso Cercle Volney, luogo alla moda fra la buona società.

Di lì a poco un suo disegno viene pubblicato sulla copertina di “La Plume”, nelle cui pagine interne si segnala la presenza di “due superbi dipinti e di un pastello di Lautrec” al Mirliton. In marzo è al Salon des Indépendants e in maggio al Salon des arts liberaux, mentre nel mese successivo all’Hôtel Drouot si tiene la prima vendita pubblica dei disegni originali del “Courrier Français”, fra i quali figurano tre lavori di Lautrec.

Altre sue opere passeranno all’asta a fine mese e una sarà venduta dal CercleVolney. Critiche positive iniziano così ad apparire su giornali e riviste.


Il 1891 è anche l’anno in cui Lautrec “scopre” l’arte nuova dei manifesti: a introdurlo in questo mondo è Pierre Bonnard che, mostratogli un suo lavoro per France-Champagne, lo porta dal suo stampatore.

Lautrec ne è entusiasta e riceve subito una commissione dal Moulin Rouge: allorché apparirà sui muri di Parigi il suo manifesto riscuoterà numerosi consensi e ne decreterà la fama, poi confermata dalle affiches di Aristide Bruant, dell’anno successivo.

Si moltiplicano così le commissioni, non solo per i manifesti, ma per dipinti, illustrazioni di libri, scenografie e così via. A dicembre espone sette opere al Barc de Boutteville, nella prima Mostra dei pittori impressionisti e simbolisti.



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Al Moulin Rouge(1892)




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Latrec in abiti da passeggio (1892)

1892 -1893

Nel 1892 è ancora presente alla mostra del Cercle Volney, poi a Bruxelles con i “XX”, e in marzo è al Salon des Indépendants. Le occasioni per esporre i suoi lavori si infittiscono, e così le pubblicazioni dei suoi manifesti; intanto, in estate, è a Londra, dove visita i musei e acquista mobili e tessuti liberty per la sua casa.

A fine anno accetta con entusiasmo la proposta di Yvette Guilbert di eseguire un manifesto per lei: lo stimola il fatto che l’attrice sia già stata oggetto di molti altri manifesti, con i quali dovrà confrontarsi.



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Con la Guilbert, come con Jane Avril e con Misia Natanson, stringerà “un rapporto di affetto misto a tenerezza infantile” (J. Frey), mentre la sua amicizia con gli uomini sarà sempre intensissima e assoluta, gelosa e quasi tirannica nella fedeltà che da essi pretende.

All’inizio dell’anno lo troviamo alla Galerie Boussod et Valadon, dove espone insieme a Charles Maurin, ricevendo il giudizio lusinghiero dall’amico Degas. Anche quest’anno espone poi a Bruxelles, a Parigi agli Indépendants, al Barc, e in aprile-maggio è presente con otto litografie da Durand-Ruel, nella quinta mostra della Société des peintres-graveurs français.

La sua immagine si identifica sempre più con quella della Parigi del divertimento: il “Figaro Illustré” in luglio pubblica infatti una sorta di guida ai “piaceri di Parigi”, elencando i migliori ristoranti e i cafés-concerts degli Champs-Elysées, e illustra il servizio con sette immagini a colori di Lautrec. Di lì a poco “L’Art Français” illustra invece con immagini tratte da sue opere un numero dedicato per intero a Jane Avril.

In dicembre esce un album intitolato Le café-concert con undici litografie di Lautrec e undici di Ibels, e anche “L’Eco de Paris” si serve di tali immagini per il supplemento settimanale. Sei illustrazioni di Lautrec sono inoltre pubblicate dal “Figaro Illustré” nel febbraio successivo, sempre nella rubrica dedicata al “piacere a Parigi: i balli e il carnevale”.



Il 1893 è anche l’anno del trasferimento di Lautrec in una casa chiusa di rue d’Amboise: una “casa” lussuosa, per la quale esegue numerosi pannelli decorativi (poi andati perduti).

Da questa e da altre esperienze analoghe, come quella in rue des Moulins, dove riceve gli amici, dà appuntamenti di lavoro e vive di fatto con le ragazze del bordello, Lautrec trarrà la serie intitolata Elles (1896), che resterà una fra le testimonianze più sincere e partecipi di quel mondo.



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Al Salon di rue des Moulins (1894-1895)




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Rossa (La toilette) (1896)

1894 -1895

Intanto il gruppo dei “XX” ha preso il nome di “Libre esthétique”, e con essi Lautrec espone anche nel 1894, approfittando dell’occasione per visitare l’Olanda e ammirare “le meraviglie dei maestri olandesi”: i “professori Rembrandt e Hals”.

Al ritorno espone nuovamente agli Indépendants e da Durand-Ruel, e in estate è di nuovo a Londra, dove conosce Whistler e – forse – Oscar Wilde, che frequenterà poi in Francia, quando questi vi si ritirerà.

Dopo sarà ancora presente al Barc de Boutteville e alla Galerie de la Plume.

In agosto esce l’Album Yvette Guilbert con sedici litografie originali in cento esemplari numerati: in settembre l’artista è in Spagna e in ottobre a Londra per inaugurare una sua mostra di manifesti (tredici lavori, al Royal Aquarium).

Di questi mesi restano due toccanti testimonianze di Jules Renard e Tristan Bernard, che vanno spesso a fargli visita nello studio e ne rammentano l’aspetto infelice e la grande forza d’animo: “Toulouse-Lautrec – scrive Renard – più lo si vede più cresce. E finisce per essere di una taglia al di sopra della media.”

Il pittore, tuttavia, beve smodatamente e l’alcolismo inizia a minarlo, insieme alla sifilide contratta negli ultimi anni.

Cadrà così nella depressione, e intanto prenderà a frequentare i locali per lesbiche, traendone spunto per alcuni lavori.

All’inizio dell’anno è in Normandia, dove è spesso ospite dei Natanson, gli editori della “Revue Blanche”.

Nella loro casa incontra Mallarmé, e per la loro prestigiosa rivista esegue stampe originali.

È presente sempre più spesso anche su altre riviste (“L’Estampe et l’Affiche”, “Le Rire”, “L’Estampe Originale”), mentre i suoi lavori vengono ormai trattati anche da Ambroise Vollard, mercante di grande talento.

Si cimenta poi con il teatro, creando le scene di un lavoro (Le chariot de terre cuite) presentato al Théâtre de l’OEuvre, mentre continua a esporre nelle mostre ormai abituali di Bruxelles e degli Indépendants, alle quali si aggiungono sempre nuove gallerie private e sempre nuove riviste pronte a pubblicare le sue illustrazioni.

In aprile alla Société Nationale des Beaux-Arts, Tiffany espone alcune vetrate, fra le quali una di Lautrec.

Dopo un viaggio estivo in Portogallo e Spagna, dove studia El Greco, in settembre espone sedici fogli all’Ecole des Beaux-Arts nella mostra per il centenario della litografia.



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Prostituta:la Sfinge (1898) (1896)

1896 -1901

All’inizio dell’anno espone a Parigi da Manzi-Joyant in una personale cui tiene moltissimo: sollecita infatti gli amici a pubblicizzare questa mostra singolare e certo solleticante, dal momento che al primo piano, conclusa la visita dell’esposizione pubblica delle sue opere, in una stanza chiusa a chiave si possono vedere i lavori dedicati alle case chiuse.

La sua fama intanto si allarga: il re di Serbia acquista infatti La clownesse a un prezzo molto elevato, mentre Lautrec continua a esporre nei suoi luoghi canonici: Bruxelles, Londra (al Royal Aquarium, ancora con manifesti) e Parigi (al Salon des Cents, dove propone la serie Elles, sulla vita dei bordelli).

In autunno ventuno suoi manifesti sono in mostra al Cirque de Reims in una rassegna di “Affiches artistiques, françaises et etrangères, modernes et rétrospectives”.

A febbraio è, come sempre, a Bruxelles per la mostra del gruppo della “Libre esthétique”, poi a Parigi agli Indépendants e alla sesta mostra della Société des peintres-graveurs français, mentre in maggio lavora alle illustrazioni di Au pied du Sinaï uno scritto filosemita di Clemenceau: un’altra scelta che non avrà mancato di indignare la sua famiglia, schieratasi dalla parte dell’esercito e della Chiesa nell’“affaire Dreyfus”, ancora in pieno svolgimento. Intanto trasloca e si trasferisce in un’elegante palazzina in avenue Frochot 5, affacciata su un giardino: inaugurerà il nuovo appartamento in maggio, invitando gli amici a “bere una tazza di latte, verso le tre e mezza”.


In giugno ritorna a Londra, in un breve viaggio finanziato dal mercante Goupil, e di lì si trasferisce in Olanda, che attraversa su una house-boat. Solo i dipinti di Frans Hals, visti ad Haarlem, lo consoleranno dalle umiliazioni inflittegli involontariamente dagli olandesi, così sempliciotti – dirà – da scambiarmi per un acrobata nano.

Dopo sarà a Villeneuve-sur-Yonne ospite dei Natanson, ai quali è sempre più legato, e vi incontrerà Bonnard e Vuillard.

In autunno è a San Pietroburgo per una mostra internazionale di manifesti e in dicembre espone ancora al Barc de Boutteville nella quindicesima Mostra dei pittori impressionisti e simbolisti. I suoi disturbi psichici sono sempre più evidenti ed è ormai alcolizzato.

Nel 1898, cambia nuovamente casa e studio: la prima al 9 di rue de Douai, il secondo al 15 di avenue Frochot. All’inizio dell’anno, a Parigi, lamenta di vivere in uno “strano stato di letargo”. Il suo lavoro ne risente, e non riesce a organizzare altro che “un viaggio a Londra nel mese di aprile”.

Ci andrà per l’inaugurazione della sua mostra da Goupil (5 Regent Street), in cui sono esposte ben sessantacinque opere.

In maggio, sempre a Londra, è presente alla North Gallery nell’International Society of Sculptor, Painters and Engravers Art Congress.



messalinascendelescalea

Messalina scende le scale
attorniata da comparse
(1900)

Intanto è in contatto con numerosi mercanti e in autunno decide di recuperare da galleristi ed editori tutte le opere invendute. Del resto ormai non produce più nulla: quasi sempre ubriaco, con la sifilide giunta al terzo stadio, soffre delle tipiche allucinazioni dell’etilismo, di tremori e amnesie.

Esegue in queste condizioni la sua prima punta-secca (Bonjour monsieur Robin), un lavoro sconnesso e privo di unità compositiva.



Dalla fine di febbraio Lautrec viene ricoverato per il suo grave stato di etilismo nella clinica del dottor Sémelaigne a Neuilly.

Ci resterà parecchie settimane, durante le quali scriverà agli amici chiedendo loro di venirlo a trovare e di procurargli materiale per dipingere, litografare e fotografare. I giornali intanto si scatenano intorno al suo caso, creando non pochi disagi alla famiglia e ai medici che lo hanno in cura.

A maggio, dimesso dalla clinica, Lautrec si rifugia ad Albi, dove viene affidato a Paul Viaud, un vecchio amico di famiglia che dovrebbe impedirgli di bere.

In luglio si trasferisce con lui a Le Havre e vi trascorre alcuni mesi.

In autunno escono le Histoires naturelles di Renard con le sue illustrazioni e in ottobre Lautrec è nuovamente a Parigi, sempre scortato da Viaud.

Pressato da necessità di danaro contante, chiede a Joyant di vendergli una serie di opere.

Nell’ambito dell’Exposition universelle che festeggia il nuovo secolo partecipa al “Centennale et décennale de la lithographie”.

In primavera torna a Le Havre, Honfleur e Taussat, poi si trasferisce a Bordeaux, dove riesce ancora a lavorare un poco, mentre frequenta assiduamente caffè e teatri. Dopo una mostra in città, in dicembre espone a Budapest.


Sempre da Bordeaux scrive: “Bacco e Venere sono cancellati. Dipingo e scolpisco”; e compone poesie.

In primavera, ancora scortato da Viaud, ritorna a Parigi.

Espone un’opera a Berlino alla terza mostra della Secessione poi, ad agosto, lascia Parigi per Malromé.

Ormai stremato dalla malattia, è colpito da un ictus, e a Malromé muore il 9 settembre, all’età di trentasette anni. :(
 
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