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Storia del Rock - American Graffiti

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view post Posted on 20/6/2011, 09:04     +1   +1   -1
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Storia del Rock - American Graffiti

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Come reazione alla nascita del punk britannico,
verso la fine degli anni settanta,
anche negli gli Stati Uniti il punk
cominciava a distaccarsi sempre più
dalle radici del rock & roll.
La prima area statunitense sottoposta
a questo cambiamento fu la California,
dove i gruppi cominciarono ad indurire le sonorità.
Molti dei gruppi della West-coast
imitarono il look e lo stile di vita nichilista
tipico di una parte del punk britannico
.





Il Revival


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Meat Loaf

La riscoperta degli anni Cinquanta e Sessanta è un dato rilevante della cultura punk.

I punk rinnegano i velleitarismi degli antenati beatnik e hippie, ma al tempo stesso sembrano rimpiangere e invidiare le prassi qualunquiste di quelli che furono i nemici primi delle generazioni impegnate: i giovani vacui e indifferenti che dedicavano la loro esistenza unicamente alla spiaggia, alle ragazze, ai party, ai drive-in.

In realtà i primi punk sono affascinati soprattutto da un modello a metà strada fra i "contestatori" e i "conservatori" : i disadattati che non provano alcun interesse per i movimenti radicali ma che al tempo stesso non si possono certo assimilare ai ragazzi per bene.

Sono i loner ("solitari"), i loser ("perdenti"), gli emarginati, che sfogano le loro frustrazioni esistenziali nelle prassi dei ragazzi per bene, trasfigurandole in rituali di eccessi.

Per tutti gli anni Settanta il carisma di questa dinastia "perduta" continuò a crescere, producendo modelli di comportamento a iosa per la nascente generazione punk.

Nei mitici club di Manhattan, accanto ai profeti maledetti e alle avanguardie sperimentali, si esibivano complessi di rockabilly, di surf, di folk-rock, di psichedelia: Alex Chilton (nel titolo di questa discussione) , Meat Loaf, Willie Alexander.

L'intero scibile della musica giovanile veniva riletto alla luce dei deviati che l'avevano vissuta in quell'ottica esistenziale.

Era in atto un vero e proprio scavo archeologico per decifrare i graffiti della civiltà giovanile americana.

Presto l'epidemia si diffuse in tutta la Nazione, trovando terreno fertile tanto nelle grandi metropoli di Boston e Los Angeles quanto nelle cittadine di provincia del Midwest.




Il punkabilly


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Gli Stray Cats

Il genere del passato che causa i patemi più acuti è il rockabilly, la cui frenesia da infarto è la quintessenza di tutta la musica giovanile.

Il rockabilly diventa un fenomeno di culto, evitato dalle masse ma idolatrato nei night-club alternativi.

È un rituale sacrificale per i suoi adepti rivisitare i classici secondo ottiche di alienazione moderna, scoprendone sotto le pieghe del divertimento intuizioni e premonizioni inquietanti.

Basta un'inflessione lievemente sinistra, o troppo aggressiva, e i balbettii e gli echi dei Fifties ritornano sotto forma di fantasmi
interiori.

Del rockabilly si adorano allora soprattutto le tinte erotiche e macabre, ipnotiche e ritualistiche, fino al delirio maniacale.

I migliori discepoli di Chilton in quest'opera di trasfigurazione sono i Cramps, che gettano le basi del rockabilly macabro, i Suicide, che fondono il genere con l'elettronica, e i Fleshtones, eredi del garage-rock più sporco.

L'originalità di questi gruppi non sarà mai superata dai veri revivalisti, più che altro confezionatori di canzoni nostalgiche, come gli Stray Cats o Robert Gordon.



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I Blasters

I più classici nel recupero della tradizione sono i Blasters, che inaugurano il rock populista degli Ottanta.



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Gli Zantees

Gli Zantees sono il combo più irriverente e tutto sommato anche il più originale.
Ne fanno parte:
- Billy Miller, il vocalist più freddo del lotto, a due passi dal blues,
- i fratelli Bill e Paul Statile che duettano alla Link Wray e
- Mima Linna che infuria alla batteria.

I loro classici sono:
- Rocking In The House (1980, primo 45 giri),
- Blonde Bombshell (1980)
- Gas Up (1980),
- Money To Burn (1983) e
- Tic Tac Toe (1983).




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Molto meglio faranno i complessi dilettantistici, a partire dai misconosciuti Safety Last di Minneapolis (Zimabava Bop, 1981) e dai Morells del Missouri (Mellow Saxophone, 1982).



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I Panther Burns di Gustav Falco (con Alex Chilton alla chitarra e Jim Sclavunos o Jim Dickinson alla batteria), gruppo originario di Memphis fra i più grezzi e amatoriali, uniscono il piglio gotico dei Cramps a distorsioni strascicate del blues del Delta (storica la loro versione di Bourgeois Blues di Leadbelly sul disco d'esordio, 1981) con un sound spoglio e uno stile di canto tutto derivato dal primo Presley.

Bertha Lou (1982) e Cuban Rebel Girl (1986) sono i selvaggi rituali dell'epoca d'oro.



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The Polecats

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La rockabilly craze aveva avuto origine in Inghilterra con complessi come:

- i Whirlwind (è loro il primo disco, nel lontano 1977),

- i Rockats di Rockabilly Idol (1980),

- gli Shakin' Pyramids di Referbilly Boogie (1980) e

- i Polecats di All Night Long (1981), più oleografici e filologici.





Graffiti d'autore


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Ian North



Nell'area di New York circolavano già nella seconda metà degli anni Settanta numerosi complessi dediti al:

- power-pop (Ian North),

- rhythm and blues (Senders),

- pub-rock (Necessaries),

- Sixties-revival (Shirts)

ma furono tutti occultati dall'esplosione della new wave.



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Richard Lloyd

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Esiti migliori ottennero due reduci della prima ora.

- Richard Lloyd, seconda chitarra dei Television, abbandonò lo stile maniacale che lo aveva reso celebre per dare con Alchemy (1979) una raccolta di ballate trascendenti (Misty Eyes, Blue And Gray) e di power-rock melodici (In The Night).

Dopo sei anni di disintossicazione rinnoverà i fasti del suo disperato romanticismo con gli otto minuti di assolo raga di Field Of Fire (1985), con la ballata Black To White, uno dei suoi vertici, e la struggente Devil Left To Pay.



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- Lenny Kaye, chitarrista di Patti Smith, arriverà soltanto nel 1984 al disco solista, oscillando fra power-pop (I've Got a Right) e country-rock (Luke The Drifter).

Riprendendo le intuizioni dei Television, i Feelies e i Mission Of Burma si proposero invece di rinnovare il pop chitarristico.

A Washington i campioni del revival furono gli , Slickee Boys.



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Boston fa storia a parte.

La metropoli del Massachussetts ha la più alta densità di università del mondo (ben 25) ed è da sempre la patria degli ideali più democratici.

I punti di riferimento per la popolazione studentesca sono due.

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Ad Harvard Square, di fronte alla celeberrima Università, gli artisti di strada allietano le serate dei passanti con esibizioni improvvisate e spontanee.

Accanto ad acrobati, maghi e guitti, si esibiscono anche tanti musicisti dilettanti, che in gran parte riesumano gli hit sotterranei degli anni Sessanta.

In Kenmore Square, invece, di fronte alla ben meno ricca Boston University, si raccolgono i teppisti.

Il Rat è il buco storico dei punk locali, ed è lì che si fanno le ossa i musicisti più urbani e alienati, come Willie Alexander.

Dalla fusione del folk di strada con la new wave esistenziale hanno origine i Modern Lovers di Jonathan Richman, i Cars di Rie Ocasek e i Neighborhoods di David Minehan (Prettiest Girl, 1980).

Il fenomeno coinvolge anche il Midwest americano, che è ancor più legato alla mitologia degli anni Sessanta.

Nei complessi della provincia, generalmente più fedeli allo spirito di vent'anni prima, il divertimento e la nostalgia si affiancano a un sincero dilettantismo.

Tipica è la storia degli Shoes, un complesso amatoriale di un paesino sperduto dell'Illinois che definirà il "Verbo" del power-pop. La loro tragedia di incomprensione sarà vissuta da tanti altri complessi "maledetti", ultimi gli Embarassment del Kansas ( Words Of Love, 1982).

Nell'Ohio dei Devo il revival porta alla ribalta l'hard rock goliardico dei Rubber City Rebels (Child Eaters, 1977; Young And Dumb, 1980) e Chrissie Hynde, leader dei Pretenders.

A Detroit i Romantics elaborano la grammatica della "British invasion".



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Il revival californiano



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Il Sixties revival investe un po' tutti gli Stati e in breve l'epicentro del recupero si sposta a Ovest, dove la California rappresenta ancora la terra promessa per tutta la "fun music".

"Pop-ologhi" solitari come Dwight Twilley (autore di almeno due classici del pop: I'm On Fire, 1975; e Girls, 1984) rispolverano i miti con accorata nostalgia e trepido entusiasmo.

Gli eroi popolari del genere sono Jules Shear e Tom Petty a Los Angeles e, a Berkeley, Greg Kihn.

Shear è il misconosciuto autore di diversi classici del pop da classifica (All Through The Night per Cindy Lauper, 1984; If She Knew What She Wants per le Bangles, 1987).

Esordì come leader dei Jules and the Polar Bears, il cui primo album, Got No Breedings (1978), rimane uno dei capolavori del Sixties-revival; si perse come cantautore e riemerse come leader dei Reckless Sleepers (Big Boss Sounds, 1988) e autore di canzoni classiche (Everything's Different Now, 1988; Big Kid Face, 1989).

Kihn è un indubbio talento melodico la cui musica è però troppo sfocata: capriccioso, eccentrico e vacuo, penzolando fra Holly (Worse Or Better, 1975) e Springsteen (Madison Avenue, 1977; Remember, 1978; Fallen Idol, 1979) è arrivato al rock commerciale di Break Up (1981) e alla disco music di Jeopardy (1983).

Le loro istanze verranno radicalizzate da Moon Martin, incrocio fra outlaw texani, rocker del Midwest e revivalisti di Los Angeles (Cadillac Walk, 1977; Rolene, 1978; Bad Case Of Lovin' You, 1978; Hot Nite In Dallas, 1978; I've Got A Reason, 1980).

In parallelo all'opera monumentale degli intellettuali del genere si sviluppa un discorso più episodico e frammentato, ma che nel complesso ha l'effetto di attenuare il sound dei punk in forme via via più civili.

È significativo che la resa della rivoluzione punk avvenga non attraverso i generi commerciali in voga ma per mal di nostalgia.

Il teorico del power-pop di Los Angeles è Paul Collins, prima con i Nerves di Hanging On The Telephone (1977) e Paper Dolls e poi con i Beat di Rock 'n 'Roll Girl (1979), sempre nel segno di un beat semplice e realista.

Suo compagno nei Nerves era Peter Case, che è la mente dei Plimsouls, intenti a cesellare il Sixties-sound più fresco e naif attraverso canzoni stranite come Zero Hour (1980), Hush Hush (1981), Now (1981), How Long Will It Take (1983), con un grande anthem di folk-rock psichedelico, A Million Miles Away (1982).

Grande merito spetta agli animatori del movimento revivalista, come il Greg Shaw fondatore della "fanzine" Bomp.




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Tipici esponenti sono anche i Pop con l'hard rock anthemico di Down On The Boulevard (1977) e i 20/20 con le lambiccate armonie vocali folk-rock di Remember The Lightning (1979).

I Last di Joe Nolte, i migliori del lotto, sono la tipica Farfisa-band da spiaggia, con autentici riff organistici d'epoca, coretti da Mersey beat, scorribande rhythm and blues e un classico di folk-rock ipnotico come She Don't Know Why I'm Here (1979) e l'ode surf Every Summer Day (1979).

A differenza degli omologhi dell'Est (che si rifanno più al pessimismo "velvetiano"), questi complessi recuperano soltanto le atmosfere gentili e distese degli anni Sessanta.

La degradazione è rapida e inarrestabile, e precipita con i Knack, vanesi cacciatori di ragazzine e cinici speculatori di atteggiamenti Sixties, imposti dai discografici nel 1979 con il power-pop commerciale di My Sharona e Good Girls Don't.

Fanno eccezione i Red Cross (o Redd Kross), i quali, partiti dal power-rock frizzante con inflessioni glam di Annette's Got The Hits (1980), Linda Blair (1982) e Ballad Of A Love Doll (1984), approderanno nel 1987 a un folk-rock acido con armonie vocali, Peach Kelly Pop, Play My Song e cadenze voodoobilly, Neurotica.

Sull'onda dei successi di Blondie, anche a Los Angeles, dove fin dal 1975 imperversavano le Runaways, compaiono i primi girl group degli Ottanta.

Le prime sono le Go-go's, capitanate dalla cantante Belinda Carlisle e dalla chitarrista Jane Wiedlin, le quali, con un sound esuberante e agrodolce che sfruttava il ritmo pimpante del surf, il canto innocente, malizioso e graffiarne del beat con contrappunti alla Supremes, nonché il boogie pianistico di Charlotte Caffey e la pulsazione "disco" della batteria di Gina Schock, scalarono le classifiche con We Got The Beat (1981), Our Lips Are Sealed (1981) e Vacation (1982) in stile adolescenziale, e Head Over Heels (1984) alla Jerry Lee Lewis.

Belinda Carlisle troverà la stardom da sola nel più spudorato romanticismo antifemminista dei girl group con Mad About You (1986) e Heaven Is A Place On Earth (1987).
Dal loro sound bambinesco si passa presto al pop melodico di Holly (Vincent) And The Italians (Tell That Girl To Shut Up, 1981; We Danced, 1982).
È il punto terminale del revival, che diventa allora pop convenzionale da classifica.



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Discografia Consigliata



Per il punkabllly:
Zantees: Out For Kicks (Bomp, 1980)
Panther Burns: Midnight In Memphis (New Rose, 1989)(antologico dal vivo)
Morells: Shake And Push (Borrowed, 1982)
Shakin ' Pyramids: Rock'n'roll, 1983
Safety Last: Twin Tone, 1981


Per il graffiti d'autore:
Richard Lloyd: Alchemy (Elektra, 1979)
Lenny Kaye: I've Got A Right (Giorno, 1984)
Rubber City Rebels: Capitol, 1980


Per il revival californiano:
Dwight Twilley: Sincerely (Shelter, 1975)
Greg Kihn: Kihnsolidation (Rhino, 1989) (antologia)
Beat (CBS, 1979)
The Plimsouls (Planet, 1981)
Jules And The Polar Bears: Got No Breedings (CBS, 1978)
Last: L.A. Explosion (Bomp, 1979)
Go-go's: Beauty And The Beast (IRS, 1981)
Redd Kross: Neurotica (Big Time, 1987)




Tratto da
"Storia del Rock - Anni '80 e Oltre"
di Piero Scaruffi


Edited by filokalos - 20/6/2011, 10:32
 
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