Karole Armitage
È possibile descrivere la complessità della fisica contemporanea con il linguaggio dell'arte?
Sì è la risposta della leggendaria coreografa americana Karole Armitage.
Cinquantasette anni, una carriera in cui ha collaborato con Baryshnikov e Nureyev, ha diretto balletti in tutto il mondo, ora ha messo in scena al Joyce Theater di New York lo spettacolo "Three Theories" (in autunno a Milano).
«Non ho voluto spiegare delle teorie scientifiche, ma esplicitarne il contenuto poetico.
Il senso di stupore e meraviglia che ci può dare la scienza è tra le più alte esperienze di cui è capace la nostra psiche».
Coreografa iconoclasta, soprannominata anche "ballerina punk", Armitage, continua a stupire..
Il nuovo lavoro, ispirato a "L'universo elegante" di Brian Green (Einaudi), descrive il conflitto tra i capisaldi della fisica moderna: la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica, alla luce della teoria delle stringhe.
Tre tappe del sapere umano alla ricerca di una teoria unificante del tutto.
Lo spettacolo inizia con un preludio su musiche di Rhys Chatman in cui i membri della Armitage Gone! Dance, in mutande e reggiseni, danno vita a un Big Bang.
Il palcoscenico diventa il teatro del mondo dove si scatenano calore e materia.
Seguono tre movimenti che la coreografa così definisce: «Una struttura classica con tesi, antitesi e sintesi ».
Le scoperte di Einstein sul rapporto tra forza di gravità e spazio/tempo, riecheggiano in un linguaggio corporale che stravolge le tradizionali linee orizzontali e verticali della danza.
"Relativity" è armonia: l'universo come un luogo ordinato da regole prevedibili.
Ciascuno degli 11 membri della troupe multietnica dell'Armitage interpreta il movimento a suo modo. Sono danzatori che insieme rappresentano le diversità della tribù umana.
Nel secondo movimento, "Quantum" siamo nell'universo dell'imprevedibilità.
Dal macrocosmo siamo passati al microcosmo dove il movimento minimo di un piede può avere conseguenze incalcolabili.
La partitura musicale per 100 chitarre e percussione, compone e decompone frasi musicali come fossero ipotesi.
Parallelamente la coreografia insiste con variazioni su una singola sequenza di movimenti.
Segue "String Theory", rappresentazione di un mondo nel quale l'ordine emerge dal caos.
Coreograficamente questa idea è resa dai movimenti di grandi grovigli di corpi attorno a singoli danzatori che emergono dal gruppo.
L'impressione è di assistere alla formazione e successive trasformazioni di universi in flusso continuo.
La coreografa spiega così l'origine dell'opera: «I miei anni a Firenze (ha diretto negli anni Ottanta "Maggio Danza") sono stati una rivelazione: la cultura del Rinascimento, indica la vicinanza tra arte e scienza. L'idea dello spettacolo nasce dal voler esplorare la fisica moderna attraverso il corpo. In questo modo idee astratte acquistano un contenuto umano: si stabilisce un nesso tra il ritmo del nostro corpo e quello misterioso dell'universo».
Durante la prossima edizione di Milano Oltre, la Armitage Gone! Dance presenterà (oltre a questo spettacolo) una retrospettiva che include coreografie storiche come
- "Drastic Classicism" (1981),
- il sognante "Ligeti Essays" (2005) fino a novità come
- "GAGA-Gaku" (2011) con costumi di Issey Myake.
Un percorso nella danza che la Armitage descrive così: «Nel coniugare l'energia cruda e istintuale del rock con la raffinata articolazione del balletto, credo di aver fatto qualcosa di radicale. Seguendo l'istinto, ho reintrodotto emozione e psicologia nella danza».