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Quando la musica emoziona

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view post Posted on 3/5/2011, 16:01     +1   -1
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Quando la musica emoziona

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Quando la musica emoziona



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Anna Oliverio Ferraris


In un suo articolo, Anna Oliverio Ferraris, professoressa di Psicologia dell'Età Evolutiva della Facoltà di Psicologia dell'università "La Sapienza" di Roma, aveva affermato:


«La musica è ovunque. Senza musica la nostra vita sarebbe come un mondo privo di colori. Fin dalla nascita reagiamo con dei micro-movimenti in risposta ai ritmi, alle cadenze, al succedersi armonico dei suoni. La musica è fuori e dentro di noi. Passa attraverso il corpo e non ci lascia indifferenti. Il nostro organismo è fatto per recepirla, risponderle e capirla. L'apprendimento della musica favorisce l'attivazione di processi mentali di tipo percettivo, senso-motorio, emotivo-affettivo, intellettivo e mnemonico. Ogni tipo di musica ha i suoi fan, eppure il motivo per cui la musica coinvolge, emoziona, cura oppure respinge è tutt'altro che evidente. Sono molti i fattori che entrano in gioco, così come numerose sono le chiavi di lettura. La specificità della grammatica musicale è tale da rendere difficile la traduzione nel linguaggio delle parole. Altri linguaggi come le mimiche, i movimenti del corpo e soprattutto la danza consentono invece traduzioni e trasposizioni del linguaggio musicale in differenti forme espressive. Anche l'immagine riesce, qualche volta, a rendere il clima creato da un brano musicale. Gli autori dei due articoli che seguono si addentrano in questa complessità evidenziando le componenti emotive, percettive, comunicative e sociali dell'ascolto e della composizione musicale. Il quadro che forniscono è ricco di suggestioni e di spunti diversi che, speriamo, agiscano come sollecitazioni per altri contributi in un ambito tanto complicato quanto affascinante».


Da questa premessa Roberto Caterina, professore associato al DAMS di Bologna, ci racconterà come...



La musica genera emozioni...




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Chi ascoltando un concerto o un brano musicale tra quelli preferiti non ha provato delle emozioni, a volte intense, e non ha in alcuni casi deliberatamente cercato proprio quelle emozioni riascoltando lo stesso brano?
Eppure, nonostante il rapporto musica-emozioni sia così immediato, gli studi non ne hanno ben chiarito la natura.
Le ricerche hanno interessato numerosi ambiti.
Musicologi, filosofi, psicologi e neuroscienziati hanno cercato di vedere se vi fosse una puntuale corrispondenza tra espressione delle emozioni e determinate caratteristiche di un brano musicale; hanno tentato di definire quali emozioni si presentassero più frequentemente all'ascolto musicale; hanno evidenziato il rapporto tra risposte fisiologiche e attivazione di determinate aree del cervello in corrispondenza del carattere emotivo di un brano musicale; hanno, infine, cercato di sottolineare l'importanza del contesto di ascolto nell'attivazione delle risposte emotive.
Si tratta di quattro diverse prospettive che rispecchiano alcune delle caratteristiche e delle componenti proprie delle emozioni e di cui, nei limiti di questo breve scritto, in parte si riferirà.



Musica come "rappresentazione"



Prima, però, bisogna considerare una situazione che è tipica del rapporto musica-emozioni e che presenta non poche difficoltà ad essere spiegata. Non sempre quando si ascolta un brano musicale le emozioni che cogliamo nell'esecuzione sono effettivamente indotte: ascoltare un brano triste non vuole necessariamente dire diventare tristi; si può cogliere la tristezza espressa, senza necessariamente provare quella emozione.


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Al contrario, si può in alcuni casi provare un'esperienza positiva, quasi di benessere fisico pur ascoltando un brano musicale giudicato "triste" o "rabbioso". Così si può ascoltare estasiati un adagio di Mozart cogliendone pienamente le caratteristiche tristi.

Bisognerebbe, quindi, dire che il rapporto musica-emozioni presenta almeno un duplice livello: la musica può, da un lato, rappresentare delle emozioni e, dall'altro, indurre delle emozioni.

Il punto di vista "rappresentativo" per cui la musica si limiterebbe a delineare le emozioni, piuttosto che a indurle, è stato sostenuto con particolare enfasi da alcuni filosofi della musica come Kivy (1980) e Davies (1994), che hanno mostrato come la musica riproduca in maniera analogica la forma, il contorno delle emozioni.

Per Kivy (1980), alcuni brani musicali sono espressivi di una certa emozione perché è possibile percepire che certi loro tratti sono "strutturalmente sìmili a quelli della nostra voce" quando questa esprime tale emozione nella vita quotidiana.
Quindi diciamo "questa musica è espressiva di tristezza" perché assomiglia al nostro tono vocale nei momenti di tristezza.

Per Davies (1994) la frase "questa musica è triste" rimanda ad un'analogia tra il movimento percepito ascoltando un brano musicale e i movimenti di una persona ritenuta triste: la lentezza, gli andamenti vacillanti, esitanti e irregolari del corpo verrebbero riprodotti in musica per descrivere la tristezza.

Per entrambi gli autori esiste, quindi, un legame tra espressione musicale e schemi espressivi umani nella voce e nel movimento che sembrerebbero avere un'origine molto antica. L'ipotesi che la musica rappresenti le emozioni piuttosto che crearle consente senza dubbio di capire perché la musica - che è una configurazione astratta, non un essere vivente - possa contenere al suo interno un contenuto emotivo. Ricorrendo ad un'analogia (o ad una metafora), il linguaggio musicale riprodurrebbe la forma delle emozioni in maniera non dissimile da quanto ci suggerisce la visione di un cane sanbernardo o un salice piangente: entrambi hanno una forma che ricorda l'espressione della tristezza e ciò, naturalmente, non vuol dire che essi siano tristi.



Musica come induzione delle emozioni



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Eppure, dire che la musica rappresenti soltanto le emozioni non può che lasciare insoddisfatti. Il rapporto musica-emozioni è estremamente profondo, spesso legato ad emozioni molto intense, come testimoniano le ricerche, relative ai resoconti di ascolto di musicisti esperti, di Gabrielson e Lindstrom (2001) e di Sloboda (1991), concernenti l'attivazione di specifiche risposte fisiologiche.

Studi recenti (Bigand, Filipic e Lalitte, 2005) hanno, inoltre, mostrato che ad un ascoltatore medio è sufficiente un tempo brevissimo (dai 250 ms a 1 s) per individuare se un brano musicale (o sarebbe meglio dire un frammento sonoro) è in grado di suscitare emozioni e quali.

In meno di 1 secondo di suoni ci sarebbero, quindi, elementi sufficienti per comprendere il carattere emotivo di un brano; inoltre, lo studio relativo all'attivazione di determinate aree cerebrali dimostrerebbe, oltre al fatto che l'elaborazione dell'informazione emotiva derivante da un brano musicale è estremamente rapida, anche che, il più delle volte, è indipendente da altre abilità musicali (in letteratura si è descritto come in alcuni pazienti, che non sapevano riconoscere un motivo molto familiare, persisteva il riconoscimento del tono emotivo della melodia).

Gli aspetti relativi all'induzione delle emozioni sono ben noti in alcuni contesti applicativi come nella scelta delle musiche dei film (utili per sottolineare delle scene particolarmente intense) o ancora nella cosiddetta "musica funzionale", usata nei centri commerciali o nelle fabbriche per indurre modifiche comportamentali negli acquirenti o negli operai.

Bisogna inoltre ricordare che nella pratica della musicoterapia la musica viene impiegata per modulare e regolare le emozioni e costruire su questa base un rapporto terapeutico.



Alcune ricerche sperimentali



Spesso lo studio del rapporto tra musica ed emozioni si è soffermato su un'analisi comparata tra alcune componenti musicali e specifiche espressioni emotive. Bisogna dire che va adottata una certa cautela nei confronti di alcune ricerche sperimentali che presentano ipotesi e obiettivi molto ristretti.
In un brano musicale molteplici elementi interagiscono tra loro e, spesso, gli effetti di queste interazioni non possono essere previsti dall'analisi delle singole componenti.


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Leonard B. Meyer



C'è poi da considerare - e questo forse è un limite ancor più severo - che tale impostazione di ricerca spesso trascura quegli aspetti legati al costituirsi dell'esperienza emotiva, agli effetti che produce in chi la vive, alle strategie che sono messe in atto per controllarla e modularla.
In altre parole, per cogliere delle puntuali connessioni tra strutture musicali e aspetti emotivi spesso si trascura il fatto che il processo di ascolto è sempre un processo dinamico che implica istanze comunicative, così come lo è l'espressione musicale e l'esperienza emotiva.

Partendo dalla musica, dalla struttura musicale quindi, già il musicologo Leonard B. Meyer (1918) aveva individuato alcune caratteristiche, per così dire narrative, del discorso musicale nella creazione di aspettative nell'ascoltatore, nate dal rapporto tra tensione e distensione, e proprio in queste caratteristiche aveva colto il carattere "emotivo" che un determinato brano poteva avere: le emozioni nascono, soprattutto, dalla violazione di quelle aspettative.

Il modello di Meyer presenta degli aspetti di sicuro interesse sia per un musicologo sia per uno psicologo: l'idea di "emozione" che egli ritrova nelle strutture musicali è in linea con i modelli cognitivisti più recenti, come quello di Frijda (1986), con cui sembra condividere il concetto che le emozioni non siano tanto delle azioni, ma delle "tendenze all'azione", o quello di Scherer (1987), i cui studi evidenziano come le emozioni siano non degli stati mentali ma dei "processi" che modulano continuamente il rapporto individuo-ambiente.

In questo processo, è precisamente la valutazione della "novità - non novità dello stimolo" il primo fondamentale passo che attiva nell'organismo la risposta emotiva nei confronti dell'ambiente; in maniera non dissimile sia Meyer sia Scherer riconoscono in una risposta di "sorpresa" o, meglio, di "trasalimento" (e forse si potrebbe parlare ancora più propriamente di meraviglia), una specie di nucleo originario su cui si costruisce tutta l'esperienza emotiva. Sulla risposta di "trasalimento" (meraviglia), che comporta come tutti i processi valutativi ("appraisal") anche un'attivazione fisiologica ("arousal"), si innestano altre istanze di ordine diverso: non solo lo stimolo è reputato "nuovo" o "sorprendente", ma è valutato come "interessante-non interessante", "piacevole-spiacevole", ecc.




Aspetti comunicativi della musica



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La musica non è solo un sistema di regole chiuso in se stesso, ma anche e soprattutto è uno strumento di comunicazione che può trovare diversi contesti interpretativi che spesso impongono una formulazione di un sistema di regole nel momento stesso dell'atto comunicativo.

Nel discorso musicale è in qualche modo implicita l'idea che la forma che esso assume e il significato che ne deriva non sono mai univoci ma sono il frutto di un'attività di costruzione e collaborazione.

Per questo, nello studio del rapporto musica-emozioni, è importante considerare sia la relazione che si viene a creare tra il compositore, l'interprete e il fruitore, sia il contesto di ascolto, cioè con chi si ascolta la musica, dove la si ascolta e quali attività possono essere svolte contemporaneamente all'ascolto.

Per quanto riguarda il campo dell'interpretazione musicale, in alcuni studi svolti in questi anni dal nostro gruppo di ricerca abbiamo potuto vedere come gran parte dell'espressività dell'interprete sia legata alla comunicazione di emozioni, sia presenti nel testo musicale, sia nate come risposta all'ascolto della propria esecuzione. L'interprete, inoltre, spesso non esprime emozioni soltanto eseguendo delle frasi musicali, ma anche utilizzando il corpo, i gesti e le espressioni facciali (si veda il Box "L'esecuzione di un trillo").

Per quanto concerne il contesto di ascolto, bisogna dire che esso è radicalmente mutato rispetto ad un secolo fa.

Fino ai primi anni del ventesimo secolo la fruizione musicale avveniva in concerti pubblici, in audizioni private e coinvolgeva un numero relativamente ristretto di persone. La diffusione di strumenti di riproduzione, dai vecchi dischi a 78 giri fino ai moderni DVD, radio, televisione, iPod, computer hanno rivoluzionato l'ambito dell'ascolto musicale.

Oggi si può ascoltare musica sempre, in qualsiasi luogo, per la strada, in treno, a casa propria, con amici, con modalità personalizzate (al volume che si desidera), quante volte si vuole e mettendo a confronto le migliori interpretazioni.



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Ancora, nell'ambito dell'esecuzione e della composizione musicale, numerosi programmi informatici hanno permesso di manipolare i suoni, di costruire dei suoni campionati, di comporre ed eseguire musica. È chiaro che anche nel campo della performance, soprattutto nel caso dei concerti di musica leggera, il rapporto tra un artista e il suo pubblico non può non tener conto di questa situazione profondamente diversa rispetto al passato.

La musica ha da sempre costituito un potente fattore di aggregazione sociale.

Ciò è particolarmente importante nella vita degli adolescenti dove gli amici, i coetanei, spesso si riconoscono in una comunanza di gusti musicali.

In alcune ricerche condotte sui gusti musicali degli adolescenti (Gasperoni, Marconi e Santoro, 2004) si può vedere come tre ragazzi su quattro ritengano che la musica da loro ascoltata sia la stessa che ascoltano i loro amici più cari.

Naturalmente le preferenze verso un determinato genere musicale o uno specifico artista implicano molto spesso l'adozione di comportamenti esteriori (modo di vestire, parlare, ecc.) simili, la condivisione di alcune scelte di vita o, più in generale, dei meccanismi di identificazione che portano ad una maggiore coesione all'interno di un gruppo o sottogruppo sociale.

Inoltre, la musica può esprimere emozioni a livello intrapersonale diventando mezzo di comunicazione di propri stati emotivi.

In conclusione, la musica è un fenomeno che attraversa la vita quotidiana e la rende più ricca, proprio come le emozioni che costellano continuamente la nostra esistenza. La musica in parte utilizza dei codici suoi propri, diversi dalle parole, per cui è difficile trovarle un significato che possa essere espresso con parole (ineffabilità della musica).

Ma la musica non viene a noi come un suono dal vuoto stellare, per dirla con Wittgenstein.


Al contrario è intimamente connessa a gran parte delle attività della vita quotidiana costruite insieme ad altre persone. Per questo la musica, oltre ad essere un pensiero che si organizza secondo le sue regole, è anche oggetto di pensiero e, in quanto tale, ci dischiude i suoi segreti e ci consente di trovare, insieme ad altri, le sue stesse emozioni.




Roberto Caterina è professore associato al DAMS di Bologna.

Insegna Psicologia della Musica, Psicologia della Comunicazione e Psicologia della Percezione. è autore di numerosi studi e articoli scientifici nel campo delle emozioni e dell'espressività musicale.




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Roberto Caterina


Tra le pubblicazioni ricordiamo: Moda, relazioni sociali e comunicazione (con P. E. Ricci Bitti; Zanichelli, 1995) e Che cosa sono le arti-terapie? (Carocci, 2005).




:stereo:



Edited by filokalos - 7/12/2012, 17:11
 
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roberto caterina
view post Posted on 7/12/2012, 16:43     +1   -1




Attenzione sono l'autore del saggio Quando la musica emoziona che è apparso su Psicologia Contemporanea. Vedo che avete citato Krzysztof Meyer (con tanto di foto) , ma il Meyer da me citato è Leonard B. Meyer. Vogliate provvedere alla rettifica. Grazie. Roberto Caterina
 
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view post Posted on 7/12/2012, 17:13     +1   -1
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Fatto ! ^_^

E grazie per avere gradito il "travaso" del suo articolo in questo angolo di Web... ^_^


Spero... :o no?:
 
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