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Design interculturale, Creativi erranti

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Andbeat
view post Posted on 5/1/2009, 15:43     +1   -1




Design interculturale

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Creativi erranti

Le idee si contaminano,
i linguaggi si mischiano,
i luoghi si moltiplicano.
I nuovi designer sono
sapienti migranti...




Non fosse un aggettivo abusato, si potrebbe dire che il design oggi è meticcio. Che esprime, talvolta anche nello stesso progetto, o nello stesso autore, sapienze, tendenze, aspirazioni, lingue felicemente differenti, realizzando una fusione estetica e culturale sorprendente.



Merito anche delle scuole: sempre più numerose quelle specializzate in disegno del prodotto industriale che scardinano la separazione tra generi e aprono le porte a tutti i percorsi di creatività, mettendo le basi per la realizzazione di oggetti tecnologici ma anche neo-decorativi, realizzati in serie per una produzione industriale, o come pezzi quasi unici, concettuali.

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Spesso artigianalmente, con una manualità che sembrava perduta. Così, nel nuovo panorama, sono molti i designer-migranti, spesso giovani, che non si accontentano di seguire la loro strada in casa, ma cercano altrove, in Italia come nelle capitali europee, un luogo dove aprire bottega. Risultato: una creatività neo-artigianale fresca, allegra e sapiente, tra passato e futuro. E senza frontiere.



Le Tramac


Anouchka e Cassandra Lefebvre De Lange sono due sorelle madrilene. Ma ora vivono a Londra. Non prima di un proficuo passaggio in Normandia dove, armate di un furgone a noleggio e di una solida vena progettuale anarchica, hanno fatto incetta nei mercatini delle pulci e dai rigattieri di 3 mila euro, centesimo più centesimo meno, in divani, poltrone, specchi e chaise longue quasi antichi. La fase due è interpretarli alla maniera di Le Tramac (il nome di battaglia), usando una ricca dotazione di vernici a tinte forti e di rivestimenti di tessuto e di vinile ancora più azzardati.



Le competenze di Cassandra, ventiquattrenne con alle spalle studi universitari di architettura e design, si integrano con quelle di Anouchka, già costumista teatrale. Insieme sono interpreti piuttosto sfrenate degli umori più accesi del new decor.





Non hanno alcun problema ad azzardare accostamenti stilistici e cromatici molto fantasiosi, facendo anche un’intelligente operazione di recupero di mobili che, guardati con occhi meno creativi e immaginifici, sembrerebbero inesorabilmente al capolinea, ma che trattati dalle sorelle del colore diventano pezzi unici, venduti a cifre che superano i mille euro l’uno.
In collezione le serie Lollipop, classici rétro vestiti di vinile fluo, Bauhaus, che al noto movimento deve solo una vaga scelta di colori meno accesi su forme appena più rigide, Bombon, chaise longue e affini un po’ telefoni bianchi (ma a colori), Tropiques, con specchiere e console che evocano interni caraibici. C’è anche un altro modo per avere un pezzo à Le Tramac: mandare alle sorelle una fotografia del mobile che vorreste trasformare. Democraticamente, vi risponderanno col bozzetto di una proposta.
A voi, poi, la scelta di affidarlo alle loro mani, per farne, dicono, «un mobile con l’anima».



Raw-Edges


Una breve full immersion nel lavoro di Raw-Edges, alias Yael Mer e Shay Alkalay, quasi-giovani (classe 1976) designer israeliani molto ben ambientati a Londra, rivela che: hanno le idee chiarissime, sono molto seri, si dividono i compiti, saggiamente, secondo le rispettive attitudini, hanno, ovviamente, qualche sogno nel cassetto, come «lavorare sul set di un film di Michel Gondry, o a un’installazione per il museo dell’Olocausto».



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Dulcis in fundo, sono una coppia anche nella vita. Forse da quando, molti anni fa, si incontrarono in una scuola di design a Gerusalemme. «Ora siamo inseparabili ».
In effetti, hanno attitudini diverse, ma si completano a vicenda.
Shay si lascia facilmente affascinare dal movimento, anche da quello degli oggetti (che nel suo mondo, talvolta, si animano come cartoon).





È nato da una sua idea Pivot, una console dove servizievoli cassetti si aprono a ventaglio e spariscono quando non servono. Il colore: blu puffo. Yael ha un’altra passione: trasformare una materia a due dimensioni in un oggetto a tre dimensioni. Tra le sue mani, carta e cartone possono diventare divani. O contenitori per il latte: come quelli che ha disegnato nel 2006. La forma non solo è bella: dichiara la percentuale di grasso. Geniale.



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La consolle "Pivot"



Insieme, Yael e Shay hanno affinato un metodo molto efficace: partono da un’idea, la mettono su carta (separatamente) e poi la cambiano pochissimo. Ovvero la sviluppano senza tradirla, lasciandola un po’ ruvida, nuda, grezza. Come l’aggettivo (Raw) che li rappresenta. Per farlo, lavorano a mano, in laboratorio. Ma non chiamateli art designer. Preferiscono definirsi “sarti del design”. Non è un caso se il loro sito Internet accoglie con un video alla Buster Keaton dove i due sono alle prese con un metro, intenti a misurarsi l’un l’altra.



Cosa che accade anche nella realtà quando, a partire dalla forma (vuota) modellata in fragile carta da parati, dopo una serie di passaggi (riempitura della forma con schiuma di poliuretano, adattamento della stessa al peso e all’altezza del destinatario) arrivano a Volume, poltrona che può essere fatta anche “su misura”. Come un abito. Altro colpo di creatività: Stack, cassettiera multicolore senza struttura. Eppur sta in piedi e i cassetti si aprono in direzioni diverse. Perché il Buon Design, per loro, è (anche) quello utile .



Nela Zaninovic


Nel suo lavoro da ceramista (piatti, ciotole e coppe quasi eterei, al limite della trasparenza) c’è la storia di una ragazzina cresciuta libera. L’azzurro dolce, il verde tenue, il blu profondo sono rubati alla bellezza della pietra degli scogli, dei campi lavanda, del cielo e del mare puliti dal vento nell’isola di Hvar, in Croazia. Modello etico, per lei, erano (e sono tuttora) il lavoro dei contadini e dei pescatori, la lenta precisione dei movimenti, il silenzio.





Questo mondo è il patrimonio che Nela Zaninovic porta con sé, sempre. Insieme all’amore per la natura, la materia semplice, i tempi lunghi. E così, anche quando ha deciso di varcare l’Adriatico e di scoprire l’altra costa, quella italiana, ha continuando a parlare la sua lingua creativa, cercando una terra che sapesse trasformarsi in luogo di benessere e d’emozione. Sulle sue ceramiche c’è, letteralmente, l’impronta della natura: come il reticolo sottile, appena percettibile, delle foglie che stampiglia sulla materia preziosa e leggera, solo apparentemente fragile.



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Il primo oggetto nacque molti anni fa, proprio in Italia. Ora Nela vive tra le sue due terre, tra mare e montagna, e lavora nel modo più vicino a quei gesti appresi da bambina. La terra, il fuoco, le mani sono i suoi strumenti per re-inventare baccelli, bacche, sassi levigati dall’acqua, foglie. Da qualche tempo, il suo rapporto privilegiato con la natura si esprime anche attraverso immagini: fissa su pellicola l’acqua, in fotografie che del mare riescono a cogliere l’elemento più vitale e profondo, primordiale, il plancton e i riflessi, il fluire e la profondità. Le immagini, vetrificate con una resina lucida, diventano i pannelli Optical Fusion. Possono comporsi in polittici, per una narrazione fluida dell’elemento più inafferrabile che c’è.










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Articolo Originale
di
Anna Assumma

 
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