Futuro Inatteso?
Come non immaginarsi il domani...
“Alla fine del secolo XIX si aveva l’impressione che i principi fondamentali che governano il comportamento dell’universo fisico fossero sufficientemente noti”. La maggior parte degli scienziati era convinta che lo studio della fisica fosse giunto alla sua naturale conclusione, che mancassero, insomma, soltanto pochi dettagli ancora da codificare.
Sebbene verso la fine degli anni novanta venissero scoperte alcune curiosità quali i raggi Rontgen capaci di trapassare la maggior parte delle sostanze, e che, proprio in virtù del mistero che costituivano, furono chiamati “X”, o la capacità dell’uranio di impressionare, misteriosamente, una lastra fotografica senza venirne fisicamente in contatto, gli ambienti accademici non si scomposero e si limitarono a considerare questi fenomeni come “curiosità” o stranezze che avrebbero potuto, in qualche modo, essere ricondotte nell’ambito delle leggi fisiche allora note.
Probabilmente nessuno di loro arrivò neppure ad immaginare come queste scoperte avrebbero condizionato lo svolgimento del secolo che stava per iniziare. Si trattava di una situazione sostanzialmente stabile, che non lasciava intravvedere nessun mutamento radicale ed il sentimento comune era di fiducioso ottimismo verso un futuro che si presentava privo di fondamentali incognite e caratterizzato da un lento e continuo miglioramento.
Ovviamente, sbagliavano.
Nessun secolo ha generato tanti mostri, aberrazioni e paure come quello che si è appena concluso. Mai, nelle epoche precedenti, la nostra conoscenza si era dimostrata così incompleta e fallace. Ogni nuova scoperta ha generato un nuovo terrore, ogni passo compiuto nel cammino della conoscenza ha rivelato la nostra sostanziale inadeguatezza e la nostra totale impossibilità di controllare gli eventi.
Ogni scatola cinese ne ha rivelata al suo interno una nuova, più piccola, più complessa, più impenetrabile, nella fisica come nella medicina ed in ogni possibile campo dello scibile umano mentre, per contro, le tradizionali cosmogonie religiose o filosofiche sembrano aver perso tutto o quasi il loro potere consolatorio.
L’uomo, nudo ed esposto per la prima volta al vento gelido della realtà si è rivelato essere piccolo, miserabile, ignorante e crudele.
Non a caso il novecento è stato il secolo che ha visto il tramonto delle ideologie, tutte, siamo più vecchi, signori, fortunatamente più esperti, sfortunatamente più cinici.
Predomina la paura, ma anche un’attitudine al fatalismo e alla rassegnazione che non ha precedenti nella storia sia dell'uomo che della letteratura, salvo risalire, forse, agli ultimi testi della romanità.
Testi scritti da uomini che sapevano di vivere in un mondo che era già storia e che guardavano alle masse barbariche ribollenti di ignoranza, di rabbia e di violenza sapendo che loro erano il futuro.
In tutti i racconti di science fiction, fantasy o di letteratura di vario genere di questo inizio millennio , con poche eccezioni, il domani non che un’inevitabile degradazione del presente. Ne accentua i vizi, le storture, le assurdità.
La paura che ha preso una forma pandemica a partire dall'11 Settembre 2001 si è trasformata in una generale mancanza di fiducia nel futuro, o meglio, nelle possibilità del genere umano di migliorare se stesso.
E’ come se l’esperienza del secolo crudele che si è appena chiuso avesse prodotto una generazione incapace di confidare nel futuro.
E, del resto, si è davvero trattato di un secolo che ha conosciuto la guerra nella sua forma più crudele, stragi ed eccidi di massa quali mai erano stati concepiti, che ci ha abituato a vivere seduti sul margine di una logorante incertezza, nell’attesa di un cataclisma certo, ma indefinito, di una tragedia che potrebbe iniziare in ogni momento, annunciata dal sorriso di circostanza di un presentatore televisivo.
Anche ora.
Viviamo nella consapevolezza di una fine imminente, poco importa avrà la forma di un conflitto
nucleare o un attacco terroristico, o se, piuttosto, si tratterà di un virus mutante, di un asteroide impazzito, della rivolta delle macchine o dell’inevitabile catastrofe ecologica.
Non bastasse questo, dove l’ottocento era stato il secolo della “scienza prodigiosa” che lasciava intravvedere infinite possibilità, il novecento è stato il secolo della scienza traditrice, sempre meno infallibile e sempre più pericolosa.
Incapace, non solo di migliorare le condizioni di vita degli uomini ma anche di rimediare ai guasti che essa stessa produce. Incapace soprattutto, ed è un duro colpo per l’immaginario fantascientifico, di aprirci la porta del cosmo e di tutti quei mondi promessi che oggi pare certo che non vedremo mai.
Ed ecco che questo pianeta sovraffollato si trasforma sempre più in una prigione dove l’umanità è condannata a marcire tra i rifiuti che essa stessa produce.
E dove la scienza, sorta di demone sfuggito al controllo, si trasforma da promessa di un futuro migliore a generatrice di sempre nuovi orrori.
Edited by filokalos - 17/11/2010, 16:39