Il Forum delle Muse

PICCOLA BAMBOLA DI NATALE, Vittorio Frigerio

« Older   Newer »
  Share  
Andbeat
view post Posted on 24/8/2007, 06:46 by: Andbeat     +1   -1




PICCOLA BAMBOLA DI NATALE
di Vittorio Frigerio



image

Will Hale aveva la febbre. Non la febbre alta, sicuramente,
ma abbastanza da sentirsi a disagio,
per non riuscire a concentrarsi sul lavoro più di quel tanto.

Gli sudavano i palmi delle mani,
una cosa che gli aveva sempre dato gran fastidio,
e due o tre volte, quando aveva dovuto alzarsi
per andare alla fotocopiatrice,
o per chiedere a Pam se avesse spedito quei fax
di cui le aveva chiesto di occuparsi,
gli si era anche messa a girare la testa.

Allora ci aveva riflettuto un momento e si era detto che
stavolta avrebbe fatto un'eccezione.
Meglio andare a casa a riposare,
anche se non erano ancora le tre pomeridiane.
Non c'era nulla di troppo urgente da sbrigare,
e d'altronde se non stava bene era forse anche
perché da più di un mese lavorava troppo,
facendo venti, perfino venticinque ore di straordinario alla settimana.

Il lavoro gli piaceva, gli era sempre piaciuto,
ma capiva anche che un ritmo come quello
non si può sostenere troppo a lungo.
La macchina va fatta riposare, se no finisce per guastarsi,
e poi per aggiustarla ci vogliono ben altro che
qualche ora di sonno, o una serata al ristorante
e poi al cinema per cambiarsi le idee.

image

La segretaria era in pausa.
Si limitò a lasciarle un breve messaggio sulla scrivania,
avvisandola della sua partenza e chiedendole di chiamarlo
a casa se qualcosa avesse dovuto richiedere
il suo intervento personale.
Ma erano parole che scriveva per la forma.
Era stata una giornata tranquilla e non s'aspettava sorprese.

Will impugnò la sua bella cartella di cuoio, morbida e liscia,
piacevolmente leggera, e s'affrettò ad uscire.
Era sollevato di non aver dovuto spiegare a viva voce
a Pam che non si sentiva troppo bene.
Cose così sembrano sempre pretesti, bugie,
anche quando sono verissime,
a meno che a venirti a prendere ci sia l'ambulanza.

image

La porta dell'ufficio di Jack era chiusa
ma la sua voce forte e profonda risuonava fino nel corridoio.

Tanto meglio, così non mi vede,
pensò Will, e si sentì subito un po' vergognoso
di essere contento d'aver potuto evitare il suo vecchio collega.

Jack era simpatico, anche se aveva la maledetta abitudine
di gridare sempre invece di parlare,
ma era solo perché passava gran parte della giornata
al telefono con i clienti e doveva farsi sentire bene,
enunciare chiaramente, ché non ci fossero malintesi.

Col tempo, il gridare era diventata una consuetudine.
Parte del suo carattere.
Non questo, però, gli dava noia oggi.
Lo infastidiva il sapere benissimo che Jack
non avrebbe resistito alla tentazione di scherzarci su.
L'avrebbe accusato immancabilmente di svignarsela
all'inglese per lasciare il lavoro agli altri.

Lo sentiva già, vedeva già il suo sorriso storto
come se l'avesse avuto davanti agli occhi.
Normalmente non se la sarebbe presa.
Non aveva bisogno di giustificarsi con nessuno,
la sua parte l'aveva sempre fatta,
ed era cosa più che risaputa.

In quel momento, tuttavia, non aveva il coraggio di fare
il faceto anche lui, d'essere obbligato a inventare sui due piedi
qualcosa di divertente da rispondergli.

O perlomeno qualcosa che potesse sembrare divertente,
detto colla voce giusta, coi gesti convenuti.
Il pensiero lo irritava.
Sarà stato a causa della febbre e della stanchezza,
perché di solito lui non era un tipo così.

Ci fu poco da aspettare per l'ascensore,
e quando arrivò non c'era dentro nessuno.
Anche quello era insolito e anche quello gli piacque.
Durante la discesa, però, fu sorpreso di sentire
le pareti della cabina battere ritmicamente contro i muri del pozzo.
Non ci aveva mai fatto caso.
Forse perché di solito l'ascensore era strapieno
e il peso della gente gli dava maggiore stabilità.

Mentre ora era solo, dal ventiquattresimo piano
fino al pianterreno, e per la prima volta capiva cosa
volesse dire l'essere proprio sospeso sul vuoto,
in un guscio sottile appeso a un filo.

image

Aveva avuto una sensazione simile la prima volta
che era andato al gabinetto, all'ufficio,
un giorno di temporale, vedendo l'acqua nel cesso
che si agitava tale e quale un mare in miniatura.
Non avrebbe mai creduto che un grattacielo
potesse ondulare col vento, e l'idea l'aveva quasi fatto star male.
Ma in seguito si era abituato. Anzi, era riuscito a non pensarci più.

L'ascensore non si fermava esattamente al pianterreno,
ma ad una specie di piano sopraelevato.
Una scalinata di marmo rosa, divisa nel bel mezzo
da una fontana con zampilli d'acqua
e una cascatella artificiale conduceva poi
alle grandi porte di vetro dell'uscita.

A Will quello era sempre andato a genio perché
così non sembrava l'ingresso d'un palazzone d'uffici
qual'era in realtà, ma piuttosto il vestibolo d'un tempio esotico,
forse egizio o qualcosa del genere,
visto che in piccole isolette, a varie altezze,
avevano anche avuto l'idea di sparpagliare
delle piante verdi dalle foglie lunghe e appuntite
che gli ricordavano dei palmizi.

image

All'ora del pranzo c'era gente che vi si soffermava volentieri.
Si sedevano alla buona sui gradini, in disparte per non disturbare,
e mangiucchiavano un panino ascoltando lo scrosciare dell'acqua.
Will non l'aveva mai fatto, perché nella sua posizione
non gli sembrava una cosa dignitosa
e non voleva farsi vedere dai colleghi.
Però anche lui udiva con piacere l'acqua
cantare sul marmo e spesso rallentava il passo,
o comprava un giornale o le caramelle
al chiosco accanto all'entrata,
per avere una scusa che gli permettesse d'approfittare
più a lungo di quel semplice piacere.


Oggi tuttavia non era proprio una giornata come un'altra.
Vi erano poche persone in giro,
e assolutamente nessuno che conoscesse.
Le gambe gli tremavano quel tanto, non sapeva se
a causa della febbre o dell'ascensore dondolante
che gli aveva causato quello strano effetto.

Oggi aveva le sue buone ragioni per prendersela calma,
e all'inferno tutto il resto.

Così scese piano piano i gradini brillanti,
zebrati per non scivolare di strisce nere di gomma
già molto consunte, e si fermò al bacino inferiore della fontana,
sedendosi con fare noncurante sul muretto,
anch'esso di marmo rosa sfregiato di lampi grigi, come tutto il resto.

Si provò a chiudere gli occhi per sentire meglio
le note degli zampilli, ma s'accorse presto che il buio
non aveva stavolta su di lui il solito effetto calmante.

Respirò allora profondamente per dissipare
l'impressione di vertigine che l'aveva afferrato allo stomaco,
ed ebbe l'idea di rinfrescarsi le tempie con l'acqua della fontana.

Quello e poi un po' d'aria libera, pensò, e starò subito meglio.

Non appena immerse la punta delle dita nel bacino
s'accorse che c'era qualcosa che non andava.
La temperatura non era giusta.
L'acqua era tiepida, quasi calda, come può esserla quella
d'uno stagno d'estate, e come l'acqua morta d'uno stagno
aveva un non so che di insensibilmente viscido,
una specie di spessore oleaginoso che a vederla
semplicemente non si sarebbe indovinato.

Will ne fu spiacevolmente sorpreso.

Soprattutto si stupì di non averci mai
veramente fatto attenzione prima.
Eppure avrebbe dovuto capirlo,
vedendo le bolle d'aria prodotte dalla cascatella
esitare così a lungo prima di scoppiare,
riflettendo la luce del lampadario sovrastante in piccoli arcobaleni,
con una lucentezza metallica di benzina.

Will frugò nella tasca esterna della sua cartella
e ne trasse un pacchetto di fazzoletti di carta.

Ne spiegò uno e s'asciugò coscienziosamente le dita,
avendo cura di passare il leggerissimo tessuto anche sotto le unghie,
che aveva bianche, curate e perfettamente rotonde.

Il fazzoletto si disfò presto
in mille minuscoli brani di fibre umide e appiccicose,
obbligandolo a fregarsi vigorosamente
le mani l'una con l'altra per ripulirsene.

Seccato, con la fronte imporporata dalla stizza e dalla febbre,
s'alzò, spinse la porta vetrata, e si ritrovò in strada.

image

Il traffico su Queen Street era quello caotico di sempre.
Vi era il solito andirivieni davanti al tribunale,
la fila dei venditori di salsicce sotto i loro ombrelloni,
due o tre accattoni seminascosti negli angoli degli edifici,
e la gente che entrava e usciva, come ad ogni ora del giorno,
dal grande magazzino Simpson's dalla parte opposta della strada.

image

Will non vide veramente nulla di tutto ciò perché
lo conosceva fin troppo bene,
vi era abituato a un tal punto che per lui era
come se nulla fosse esistito,
come se la via fosse un grande schermo di televisione,
un'immagine prefabbricata senza importanza alcuna
e senza più spessore di un sogno.

image

Appena fuori dalla porta si fermò di colpo sul marciapiede,
cercando invano di ricordarsi
dove avesse parcheggiato l'automobile quella mattina.
Ieri. Forse era stato ieri.
L'aveva lasciata al parcheggio a pagamento presso il teatro.
A meno che non fosse stato stamane, e che ieri invece
avesse scelto il silos sotterraneo del municipio.
Non sapeva da che parte volgersi.
I passanti lo aggiravano con movimenti bruschi,
sfiorandolo ed urtandolo leggermente.

Così non va, pensò Will stringendo i pugni.
Sicuro che aveva posteggiato sotto il municipio.
Non capiva come avesse fatto a non rammentarsene subito.
Doveva essere tutta colpa di questo malessere,
di questa influenza o cosa diavolo era che
gli era saltata addosso all'improvviso.




(Continua...)



 
Top
1 replies since 24/8/2007, 06:46   524 views
  Share