Il Forum delle Muse

Posts written by Filokalos

view post Posted: 13/11/2013, 08:51     La calamita più potente dell'universo - Urania

La calamita più potente dell'universo

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Elaborazione grafica della magnetar SGR 0418+5729.
Panoramica e dettaglio sulla regione della stella che ha fatto registrare
il campo magnetico più intenso dell’universo
(Esa-Atg Medialab)



Magnetar SGR 0418+5729 è la calamita cosmica
più potente mai scoperta nell’universo.
È stata individuata a 6.500 anni luce dalla Terra
con il satellite Xmm-Newton
dell’Agenzia spaziale europea (Esa)
grazie al lavoro di 12 astronomi
appartenenti a istituzioni italiane



È la calamita cosmica più potente mai scoperta nell’universo. Si tratta di una stella a neutroni (il nome in codice è SGR 0418+5729) scovata a 6.500 anni luce dalla Terra con il satellite Xmm-Newton dell’Agenzia spaziale europea (Esa) da un gruppo di dodici astronomi appartenenti a istituzioni italiane (Istituto universitario di studi superiori di Pavia-Iuss, Istituto nazionale di astrofisica-Inaf, Università di Padova, Istituto nazionale di fisica nucleare-Infn) ed europee (University College di Londra, Cea francese, Institut de Ciencies de l’Espai di Barcellona).



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Zoom sulla regione della magnetar SGR 0418+5729
che ha fatto registrate il campo magnetico più intenso dell’universo (Esa-Atg Medialab)



Le stelle a neutroni caratterizzate da forti campi magnetici sono state battezzate MAGNETAR dagli astrofisici Robert Duncan e Christopher Thompson che le hanno scoperte oltre vent’anni fa. Complessivamente se ne conoscono una ventina.



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In alto a destra la regione della magnetar SGR 0418+5729 che ha fatto registrate il campo magnetico più intenso dell’universo (Esa-Atg Medialab)



Andrea Tiengo, dello Iuss di Pavia e dell’Inaf, primo firmatario del risultato pubblicato dalla rivista britannica Nature, ha commentato: «Negli ultimi decenni la teoria delle magnetar è stata confermata da diverse osservazioni, ma nessuno prima d’ora, era riuscito a misurare direttamente l’intensità del campo magnetico di questi oggetti celesti».



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La magnetar nata dall'esplosione della supernova gamma2 Velorum (Regor) situata a circa 1.250 anni luce da noi.



Tutte le stelle, quando finiscono di bruciare il loro combustibile nucleare si spengono, ma in un modo differente a seconda della loro taglia. Quelle che hanno una massa da 10 a 25 volte superiore al nostro Sole si trasformano in stelle a neutroni, cioè la loro materia collassa e la dimensione si rimpicciolisce arrivando ad appena una ventina di chilometri di diametro.



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Magnetar CXO J164710.2-455216 nell'ammasso stellare Westerlund 1



Sarebbero proprio le magnetar con forti campi magnetici a essere all’origine di alcune potenti esplosioni cosmiche registrate nel tempo e persino in grado di disturbare le comunicazioni terrestri pur avvenendo in luoghi molto lontani, a migliaia di anni luce.




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La magnetar 1E 2259+586 nella costellazione di Cassiopea




Con il satellite europeo gli astronomi sono riusciti a misurare la frequenza dei raggi X emessi.

Questa è legata alla frequenza delle particelle che si muovono nel campo magnetico, la quale a sua volta rivela l’intensità del campo magnetico.

Il valore registrato è enorme, un milione di miliardi di Gauss, quando il campo magnetico della Terra è inferiore a 1 Gauss.

La comprensione di simili fenomeni estremi è importante per decifrare i meccanismi esplosivi degli strani astri.

In scala minore ciò avviene anche sul nostro Sole, irradiando fiumi di particelle che investono la Terra provocando talvolta qualche guaio.

Tra i firmatari della ricerca c’è anche Giovanni F. Bignami, professore allo Iuss e presidente dell’Inaf.



Articolo Originale di
Giovanni Caprara

view post Posted: 11/11/2013, 16:00     Primi elementi di Astrologia - Astrologia & Oroscopo
Caspita!
Siamo di fronte ad uno dei più "vecchi" viandanti arrivati nel Forum delle Muse per portare con sé scienza e conoscenza...
Anche se la "dirigenza" non è più la stessa, sei benvenuto ora come 6 - dico sei - anni fa quando fu dato inizio a questa discussione.
Se vuoi, puoi creare nuove discussioni "scorporando" i vari capitoli proposti, dando magari una "rinfrescata" a tutto il materiale proposto.
Che le stelle ti siano sempre propizie ;)
view post Posted: 26/10/2013, 12:29     Gio Ponti: Amare l'architettura - Architettura & Urbanistica

Gio Ponti: Amare l'architettura

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Architetto, designer e saggista italiano,
tra i maggiori del XX secolo.
Ha disegnato moltissimi oggetti
nei più svariati campi,
dalle scenografie teatrali,
alle lampade, alle sedie,
agli oggetti da cucina,
agli interni di famosi transatlantici.




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La rivista "domus", diretta da Giò Ponti

Giò Ponti morì a Milano il 16 settembre 1979 in una casa che aveva costruito nel 1957 come pubblico autoritratto.
Aveva 88 anni: nonostante la sua vista si fosse ormai ridotta a una sfocata visione, non aveva mai smesso di lavorare.
Solo poco prima aveva finito di disegnare la facciata dei magazzini Shui-Hing a Singapore e tra il 1970 il 1971 aveva inaugurato a Taranto la nuova Concattedrale e a Denver, in Colorado, l'Art Museum.
Tutt'attorno, nel disordine di un appartamento trasformato in atelier d'arte, immagini colorate invadevano grandi fogli di perspex dove con mano ancora agile tracciava con spessi pennarelli figure luminose: il pavimento in ceramica colorata per il Salzburger Nachrichten, i grattacieli scomponibili dalle facciate traforate, diavoli simili a putti dispettosi, ma soprattutto angeli.
Ai vetri delle finestre, su lastre di plastica trasparente e nel modello infine per la cattedrale di Los Angeles (un angelo enorme con le grandi ali dispiegate per celebrare la nascita e il nome della "città degli angeli").
Il cerchio stava per chiudersi e non a caso Ponti aveva evocato l'angelo per apporvi l'ultimo sigillo.
Nel 1927, la casa nella campagna francese di Garches per gli amici Bouilhet era stata battezzata "l'Ange volant" e, come un simbolo araldico sopra la porta d'ingresso, un angelo di metallo dorato sorreggeva tra le mani il modellino della villa.
Uno stilizzato angelo con l'aureola era stato anche per Ponti, negli anni Sessanta, il grattacielo Pirelli, slanciata figura ermafrodita che pretendeva di additare la via italiana allo skyscraper americano.
Nicchie per angeli erano anche le aperture a losanga della facciata della cattedrale di Taranto, straordinaria invenzione di un retablo all'aria aperta - "finestre aperte sull'immenso" - che realizzava la sua ossessiva aspirazione ad architetture che si confondessero nel cielo.



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Interni della Villa Bouilhet, nota anchecome "l'Ange volant", a Garches, Parigi





Nel 1928, su suggerimento di Ugo Ojetti, raccoglie la proposta dell'influente predicatore ed educatore barnabita, padre Giovanni Semeria, e fonda la rivista "Domus", che più tardi passerà nelle mani dell'editore Gianni Mazzocchi, insieme alla sua storica rivale "Casabella".
Architettura, arte e abitare sono dunque termini di una triade inscindibile su cui Ponti fonda la nozione di "civiltà" come partecipazione interiore - non dettata dalle mode del momento -al proprio tempo. L'architettura fornisce gli spazi rinnovati e contribuisce alla loro organicità con arredi, oggetti d'uso, opere d'arte espressive di un'assoluta contemporaneità; l'arte per Ponti non si esaurisce, infatti, nel passato, ma al contrario essa si ricrea col contributo creativo di architetti, artisti, artigiani e imprenditori.
Grazie all'impegno diretto nelle Triennali (del 1930, del 1933, del 1951 in particolare) così come al ruolo di docente al Politecnico di Milano, di polemista instancabile, di inesauribile progettista, contribuì all'affermarsi del design come momento formativo della produzione seriale e punto di convergenza di molti saperi artigianali. Ponti, infatti, non è stato solo il primo promotore del Made in Italy, come dimostra l'esempio degli arredi navali per l'Andrea Doria, Giulio Cesare, Conte Grande e dei tanti progetti e realizzazioni all'estero.



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Bozzetti degli interni del transantlantico "Andrea Doria"



Attraverso il carisma di una fama internazionale e di una compulsiva imprenditorialità come organizzatore di riviste (nel 1941 fondò anche "Stile" per Garzanti e la diresse fino al 1947, prima del ritorno a "Domus”), eventi e mostre, egli fu in un certo senso l'inventore del design italiano del secondo Dopoguerra e il promotore del riconoscimento culturale di clienti ed artefici - Cassina a Meda, Olivari a Borgomanero, Fontana Arte e Giordano Chiesa a Milano, Walter Ponti a Mantova, De Poli a Padova, Seguso e Venini a Venezia, Richard Ginori a Firenze, D'Agostino a Salerno ecc. di cui contribuì a definire l'identità industriale, fornendo programmi e riconoscibilità internazionale.



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Dettaglio della facciata della Concattedrale di Taranto



La sua biografia professionale attraversa quasi per intero tutto il XX secolo con un'ininterrotta vitalità: dopo gli esordi neoclassici - caratterizzati dall'associazione con Emilio Lancia (1927-1933) - e le prove d'art director per la produzione ceramica Richard Ginori, prenderà avvio (con Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini) una fase progettuale caratterizzata da grandi progetti, come
- il primo palazzo Montecatini (1935-1938) a Milano,
- l'istituto di matematica alla Città universitaria di Roma (1933-1935),
- il palazzo della Facoltà di lettere di Padova, il Liviano, (1934-1938),
- il piano urbanistico per Addis Abeba, in Etiopia (1936),
- la sede EIAR - oggi RAI - di Milano (1939).



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Primo Palazzo Montecatini a Milano



Diversamente da tanti altri protagonisti della scena italiana tra le due guerre, gli anni della ripresa offriranno a Ponti straordinarie occasioni di riformulare la sua architettura, portando a maturazione quei concetti di leggerezza, di trasparenza e di sottigliezza che sono oggi tra i motivi della sua ritrovata notorietà.
Per l'artista che aveva scritto "nell'espressione personale è il filo di continuità delle opere", infatti, il Dopoguerra segnerà ravvicinamento ai nuovi materiali costruttivi, la fissazione di alcuni temi figurativi - come l'architettura a "diamante", la facciata libera, l'architettura luminosa -, la concentrazione sull'arredo di serie (soprattutto dopo l'associazione in studio di Alberto Rosselli nel 1952) nonché la diffusione internazionale della sua opera.

America del Sud:
- Villa Planchart, 1953-1958, e
- Villa Diamantina, 1954-1956, a Caracas;
- il Centro italo-brasiliano e
- l'istituto di fisica nucleare a San Paolo del Brasile, 1953)



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Villa Planchart - Caracas



America del Nord:
- l'auditorium del Time and Life Building a New York, 1959).

Europa:
- l'istituto di cultura italiana a Stoccolma, 1952-1958, e
- i magazzini Bijenkorf a Eindhoven, 1967

Medio Oriente:
- Villa Nemazee a Teheran, 1960



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Villa Nemazee - Teheran



Est asiatico:
- la facciata dei grandi magazzini Shui-Hing a Hong Kong, 1961-1963, e
- palazzo dei Ministeri a Islamabad, Pakistan 1962-1969).



La casa all'italiana



La casa all'italiana è il titolo dell'editoriale del primo numero di "Domus" nel gennaio del 1928: Ponti vi riassunse il suo programma di una cultura domestica intesa come più generale riformulazione dell"1 abitare moderno" in linea con i movimenti di riforma dell’abitazione sostenuti in Europa dalle ricerche dei razionalisti, dai numerosi programmi di riforma sociale e dagli sforzi individuali dei principali protagonisti del rinnovamento dell’architettura a cavallo tra vecchio e nuovo secolo.
Il programma di "far diventare la casa più famigliare e meno presuntuosa" aveva cominciato a circolare in Italia già nelle iniziative editoriali di Raffaello Giolli (Problemi di arte attuale, 1927) e in una generale convinzione di dover sviluppare quella che Massimo Bontempelli definirà un'arte "d’uso quotidiano". Ad essa Ponti fece corrispondere il concetto di "casa tipica" come declinazione della "casa di serie", avviando a Milano la costruzione di alcune unità, come le "domus" di via de Togni e di via del Caravaggio, destinate a una larga diffusione per le loro innovative caratteristiche di distribuzione e d’uso. Innanzitutto, un'organizzazione razionale della pianta, con l'abolizione dei corridoi, la separazione tra zona giorno e zona notte e la riduzione al
minimo degli ambienti di servizio in favore di un grande ambiente per il pranzo e il soggiorno, dove la famiglia potesse ritrovarsi. In corrispondenza di tale ambiente, poi, la dislocazione di aperture e di balconi in linea con la sua visione della "casa all'italiana" non come "il rifugio, imbottito e guarnito degli abitatori contro le durezze del clima", ma come "lieto aprirsi fuori e comunicare con la natura". Ancora, l'accentuazione della nozione di attrezzatura domestica come elemento fisso dell'architettura, al posto del mobile o dell'arredo tradizionale, da cui scaturirono tante "invenzioni", come gli "arredi mobili" (vetrine, scaffali, pareti divisorie per articolare gli ambienti senza dividerli), l‘office arredato (armadi a tutta parte), le "finestre-vetrine" (mensole ed aggetti che rendono utilizzabile la finestra come superficie d'appoggio) e cosi via.



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Tipiche case di Via De Togni



Nell'abitazione dimostrativa allestita alla Triennale del 1936, Ponti riassunse tutti questi caratteri nello slogan "minimo ingombro, massima trasformabilità, docile mobilità", cui uniformerà anche negli anni a venire la sua idea di abitazione moderna. Negli anni drammatici del Dopoguerra, facendo proprie le esigenze della semplificazione e della prefabbricazione, parlerà di "casa esatta", abbracciando la profezia di una nuova società industriale capace di determinare "uno stile esatto, modulato, di elementi perfetti e intercombinabili" e un'"architettura ardita" da risolvere in "realizzazioni grandiose".
Il quartiere INA casa Harar Dessiè (con Luigi Figini e Gino Pollini, 1951-1955) ne fu una prima dimostrazione, insieme ai prototipi di case prefabbricate presentate alla X e alla XI Triennale e al condominio milanese di via Dezza (1956 -1957), dove nell'appartamento al settimo piano stabilì la sua ultima residenza. Nell'organizzazione della pianta fissò in maniera esemplare la sua predilezione per un'idea di casa trasformabile, praticando una distribuzione aperta degli spazi che rifiutava la suddivisione in stanze, adottando sistemi di chiusura a fisarmonica. Questo principio fu sviluppato con coerenza, negli anni Settanta, nella proposta della "casa adatta":"maggior spazio godibile in minor superficie"!



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Il quartiere INA casa Harar Dessiè



L'obiettivo era quello di contrapporre alla pratica ricorrente del piano-tipo la possibilità di una trasformazione dello spazio nel tempo, coerentemente al mutare delle esigenze. La diversa composizione degli alloggi si sarebbe espressa anche nella diversa composizione delle facciate, che in quegli anni Ponti porta al limite della sottigliezza, come nel palazzo Montedoria (1964-1970), quasi riducendole allo spessore di fogli traforati e sospesi.



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Palazzo Montedoria

L'architettura è un cristallo



"L'architettura è un cristallo. Quando è pura, è pura come un cristallo, magica, chiusa, esclusiva, autonoma, incontaminata, incorrotta, assoluta, definitiva come un cristallo.
L'Architettura comincia e finisce. L'Architettura sta, l'Architettura tronca le forme chiuse per farle stare, e poggiarle".



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Nel 1945 Ponti dà alle stampe un breviario dei suoi pensieri sull'architettura (L'architettura è un cristallo) che nel 1957 riprende, ampliandolo, col titolo di Amate l'Architettura. Utilizzando la metafora del cristallo ("nella natura - scrive - essa rappresenta il finito contro l'indefinito") sviluppa la sua teoria della "forma finita" da cui deriva, negli anni Cinquanta, una significativa serie di progetti e di realizzazioni, dalla villa Planchart di Caracas al grattacielo Pirelli, che costituiscono ancor oggi una delle espressioni più compiute della sua poetica dello spazio.






Edited by filokalos - 20/11/2013, 17:31
view post Posted: 24/10/2013, 08:29     Tonalismo - Stile

Tonalismo
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Tintoretto, Danae (1580), Museo di Belle Arti di Lione.

Origini: Venezia
Periodo:Inizi del XVI secolo
Curiosità: La predilezione veneziana
per l'esperienza sensibile del reale,
per il gusto sensuale ed edonistico della vita
si traduce nell'esaltazione del colore,
polemicamente contrapposto
al primato del disegno della scuola fiorentina.



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Sebastiano del Piombo,
San Ludovico da Tolosa. 1510, Venezia,
Gallerie dell'Accademia.

Seguendo un percorso parallelo a quello di Leonardo a Milano, contemporaneamente a Venezia Giorgione.


Tiziano e l'anziano Giovanni Bellini aprono la strada al tonalismo, la tecnica di stesura a velature sovrapposte che fanno emergere l’immagine dipinta attraverso un graduale scalarsi di toni smorzati della luce e dei colori.


Questo nuovo modo di comporre e intendere la pittura pone in risalto l’effetto di impasto cromatico e toglie al disegno di tradizione toscana il ruolo primario nella costruzione dei volumi e della profondità spaziale.


La pittura è impostata su rapporti di tono, costruisce i valori figurativi con la stesura di masse cromatiche senza contorni definiti, sottopone il colore a un accordo unitario modulato dalla luce ambientale, fisica e reale in uno spazio verosimile.


I colori vengono quindi essi stessi ad assumere la funzione di luce e ombra: perciò gli effetti plastici, spaziali e volumetrici si raggiungono attraverso i rapporti cromatici, anziché con i mezzi tradizionali dei pittori dell'Italia centrale, il chiaroscuro, il disegno, la prospettiva lineare.


Questo nuovo orientamento pittorico dà risalto al sistema del tono cromatico come qualità di una tinta in rapporto all'intensità di luce e di ombra che essa contiene, assorbe e riflette: tale quantità di luce e ombra rappresenta il cosiddetto valore di un colore.



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Giorgione. Madonna in trono col Bambino tra i santi Liberale e Francesco.
1504-1505. Castelfranco Veneto (Treviso), duomo.


Il segno del rinnovamento si coglie innanzitutto nella semplificazione del tradizionale tema della pala con la Madonna in trono: lo spazio è definito da un'equilibrata successione di piani, la composizione è ridotta a un essenziale schema triangolare, collocata in un sereno paesaggio naturale.
I rapporti tonali e la nuova pittura “senza disegno" connotano questa tavola fondamentale per lo sviluppo futuro di tutta la pittura veneta: Giorgione abbandona la tradizionale concezione plastica della forma per modulare l'intensità del colore in relazione alle variazioni della luce atmosferica.
L'elemento unificatore non è l’impianto prospettico, né la partecipazione dei personaggi, ma sono i rapporti di colore creati dalla loro reazione alla diffusa e calda luce meridiana.
Le forme, non più definite e delimitate dal disegno, sono rese dalle masse cromatiche, accordate in base a giustapposizioni, armonizzate e fuse dalla luce che le imbeve tutte di un tono dominante.



L’elemento unificatore non è l’impianto prospettico, né la partecipazione dei personaggi alla scena, ma la variazione di intensità del colore in relazione ai continui e variabili passaggi di luce atmosferica.
E proprio il caldo e intenso cromatismo veneziano il protagonista della grande scuola veneta all'aprirsi del Cinquecento, come ben definì Vasari a proposito dei dipinti di Giorgione: "Dipingere solo con i colori stessi senz'altro studio di disegnare in carta".



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Tiziano (attribuito anche a Giorgione), Concerto campestre,
1510 circa, Parigi, Louvre.

La resa luministica delle fronde fa quasi pensare a una realizzazione en plein air. del tutto anacronistica nel primo Cinquecento: proprio per queste qualità atmosferiche e paesaggistiche il dipinto è stato preso a esempio da Manet agli esordi del movimento impressionista. Il soggetto musicale allude all’armonia naturale che lega i protagonisti, accentuata dall'evocazione fremente dell'atmosfera e del paesaggio naturale.
L’unità formale, spaziale, emozionale dell’immagine non si fonda più su un rigoroso impianto di carattere prospettico disegnativo, ma si affida alla fusione dei diversi piani di colore.
L'assimilazione del nuovo linguaggio giorgionesco basato sul tonalismo risulta nel giovane Tiziano talmente intensa e puntuale da creare controversie attributive tra i due pittori.



Edited by filokalos - 22/1/2015, 09:25
view post Posted: 23/10/2013, 13:02     Quello che le diete non dicono... - Benessere

Quello che le diete non dicono...

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La dieta non è solo un conto di calorie.
Alcuni alimenti attivano gli enzimi
che ci fanno sentire sazi.
E altri stimolano la fame...




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Randy Seeley

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Karen K. Ryan

Per dimagrire contate le calorie che ingerite a ogni pasto e quelle che eliminate facendo sport?

Sembra razionale, ma la «scienza» dell’alimentazione è già – dicono – più avanti.

Come spiegano Randy Seeley, direttore del centro studi sull’obesità e il diabete dell’Università di Cincinnati, autore, e Karen K. Ryan, dello studio Food as hormone pubblicato su Science:«È arrivato il momento di considerare il cibo non solo e non tanto per le calorie che contiene ma per la sua capacità di stimolare, tramite segnali chimici, i nostri recettori a compiere determinate azioni.
In sostanza i cibi vanno considerati per la loro capacità di agire come ormoni.
Gli alimenti contengono sostanze che mandano segnali chimici al nostro organismo e lo inducono ad azioni precise, come immagazzinare grasso o bruciarlo, e noi riteniamo che questo tipo di sostanze segnalatrici abbiano un impatto su certi aspetti della salute più importante rispetto al modo in cui i nostri enzimi decompongono gli alimenti per produrre energia per le cellule, ossia rispetto a quanto si è considerato cruciale finora».



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Ed inoltre: «Più questi segnalatori riescono a sollecitare i giusti recettori più è probabile che la dieta sia efficace nel migliorare la nostra salute o nel prevenire malattie.
Rivolgere l’attenzione ai messaggeri chimici che, una volta ingeriti, condizionano il corpo permette inoltre di pensare a un nuovo modo di personalizzare le diete, identificando quali recettori attivare o disattivare per specifici individui».


Per fare un esempio: «L’amminoacido leucina può attivare l’enzima mTOR, che fa diminuire l’appetito, quindi una dieta ricca di leucina può far sì che non si mangi troppo.
La leucina si trova soprattutto nei fagioli di soia, nelle uova, nella carne, nel pesce e nelle noccioline americane. La glutammina, invece, può stimolare la produzione del GLP-1 (glucagon-like peptide-1 ovvero peptide-1 simile al glucagone), un ormone intestinale che normalmente si attiva e invia un segnale di sazietà al cervello quando, appunto nell’intestino, c’è un eccesso di zuccheri. Alimenti ricchi di glutammina sono il latte, lo yogurt, il formaggio, la carne, la frutta secca».



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Interpretare i messaggi chimici che condizionano il corpo aiuta anche a capire perché è meglio evitare i grassi: «È per via del recettore PPAR-gamma, che regola la trascrizione di geni importanti per il metabolismo dei lipidi e del glucosio.

Quando PPAR-gamma è stimolato dagli acidi grassi contenuti in ciò che mangiamo, ha una doppia, micidiale azione: non solo induce il tessuto adiposo ad aumentare l’immagazzinamento di lipidi, ma ci fa anche crescere l’appetito».




Articolo Originale di
Giuliano Aluffi


Edited by filokalos - 14/11/2013, 15:39
view post Posted: 19/10/2013, 16:32     Ouarzazate - La porta del deserto - Viaggi

Ouarzazate - La porta del deserto

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Punto di partenza delle escursioni
verso il Grande Sud marocchino,
ma anche autentico
scenario cinematografico.



La chiamano l’oasi color caramello, certamente è una città da gustare e fornisce l’occasione per dilatare i cinque sensi. Ouarzazate, al centro del Marocco nella valle del Dadès, all’incrocio della valle del Draa, facilmente raggiungibile da Marrakech, è la porta del deserto, l’inizio di un attraversamento nelle infinite forme di quello marocchino, fatto non solo di sabbia, ma di monti dalla roccia bruna, di oasi e uadi (antichi letti di torrenti).



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Valle del Draa



Nelle immediate vicinanze della suggestiva cittadina vi sono numerosi studi cinematografici (Atlas Film Corporation Studio), dove vennero (e vengono tuttora) girati svariati film ambientati nel deserto, tra i quali celebri produzioni epiche hollywoodiane del passato come Lawrence d'Arabia e Il tè nel deserto oppure Kundun di Martin Scorsese.



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Una scena da Il tè nel deserto



Nel 1975 Ouarzazate fu la sede delle riprese del film L'uomo che volle farsi re con Sean Connery e Michael Caine e nel 1997 fu sede delle riprese delle fiction Salomone e Davide.



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L'ingresso agli Atlas Corporation Studios di Ouarzazate



Verso la periferia di Ouarzazate, in direzione di Tinerhir, si trova un interessante complesso: la Kasbah Taourirt, abitata sino a poco dopo gli anni trenta, oggi un interessante complesso turistico visitabile.
Alle spalle del monumentale edificio si apre un piccolo villaggio tuttora abitato, interno alla casbah.



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La Kasbah Taourirt



La Kasbah è stata utilizzata, nel 2006, per la terza edizione del reality show italiano La fattoria.
Nel 2006 è stato girato il film Le colline hanno gli occhi e nel 2007 il sequel Le colline hanno gli occhi 2. Qui vennero girate molte delle suggestive scene africane del film La straniera (2009) di Marco Turco, ambientato nella Torino multietnica del 2004: una coppia di marocchini - lui già perfettamente integrato e con una posizione di successo sociale, lei immigrata clandestina e ridotta alla prostituzione - vive un tormentato incontro nella città piemontese.
Fra gli altri film girati da queste parti si annoverano anche “Gesù di Nazareth“, “La Mummia“, ”Il Gladiatore” e il film del nostro Benigni “La tigre e la neve“ sono stati realizzati in parte con i mezzi e nei paesaggi messi a disposizione da questa “Hollywood del Marocco” che viene utilizzata anche per produzioni televisive.



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Una scena del Gladiatore girata nei pressi della Kasbah Taourirt



Questo spiega, in parte, le possibilità visive di questo territorio.



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Ma gli attraversamenti possono regalare al curioso viaggiatore una particolare dilatazione dei cinque sensi.



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La Kasbah di Ait Ben Haddou, è la più famosa e ben conservata di tutto il Marocco.
È costruita con argilla e paglia (pisè), le sue costruzioni si assottigliano dal basso verso l’alto e le finestre sono strette e alte per motivi difensivi. Attualmente è quasi del tutto disabitata mentre il paese nuovo si trova sulla sponda opposta del fiume.



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La Kasbah di Ait Ben Haddou



Da Ouarzazate a Boumalne si estende l’arida valle del Dadès, disseminata di kasbah e di villaggi fortificati unici.
Come nel caso di Tidrheste o Tiflit, bisogna uscire dal percorso per scoprire gli insediamenti berberi, con le tradizionali costruzioni in argilla compattata.



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La Kasbah di Tiflit



È una porta che apre alla visione.
Poi ci si può fermare al palmeto di Skoura per assaporare il paesaggio con maggiore attenzione.
Dopo una piccola sosta ci si rimette in viaggio per arrivare alle gole del Todra, ma bisogna arrivarci nel primo mattino perché il sole penetra nel fondo della gola e le rocce rosa assumono una tonalità inaspettata.



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Il palmeto di Skoura



Nel punto più stretto la gola raggiunge i 300 metri di altezza.
Una pista permette poi di raggiungere Boumalne attraverso le gole del Dadès.
Secondo la luce del giorno, le rocce si colorano di rosa, rosso, arancione o violetto.



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Le gole del Dadès



Si possono scattare un’infinità di foto, ma è possibile anche fissare il gioco della natura senza orpelli tecnici.
È sufficiente a dilatare i cinque sensi... ^_^







Edited by filokalos - 19/10/2013, 19:36
view post Posted: 11/10/2013, 14:52     Leonardismo - Stile
CITAZIONE (Daemeter @ 11/10/2013, 12:54) 
Hai mai visto Da Vinci's Demons?

Certo che l'ho visto ed ho pure l'impressione che ci sarà pure una seconda stagione...
Ovviamente niente a che vedere con la storia vera, ma si tratta di Serie TV made in USA, paese che, non avendo storie millenarie alle spalle, ripropone quelle altrui in chiave "americana"

Per maggiori informazioni sul genere "Serie Tv" nel Forum delle muse se n'è parlato alla pagina https://ilforumdellemuse.forumfree.it/?t=51699573... ;)



view post Posted: 6/10/2013, 16:32     Radio 105 Network - RadioWeb

Radio 105 Network

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Edited by filokalos - 20/11/2016, 11:17
view post Posted: 20/9/2013, 08:04     Stupido come un test - Psicologia
Come avrai potuto notare tu stesso/a (non so di che sesso sei) alle Matrici di Raven è stato dato spazio alla pagina
https://ilforumdellemuse.forumfree.it/?t=20855589

Credo che l'autore originale dell'articolo (Andbeat, come il sottoscritto, non faceva altro che travasare nel forum il risultato di ricerche eseguite nel Web) volesse mettere in evidenza la natura "accademica" dei test rilevandone la quasi totale estraneità di quello che succede davvero nella vita reale e nella stragrande maggioranza dei casi.

I test usati al di fuori di un contesto clinico e/o accademico non valgono praticamente nulla in quanto servono ad evidenziare carenze patologiche e non scostamenti tra soggetti "normali".

L'intelligenza "sana" ha molteplici sfaccettature che in casi clinici tendono ad assottigliarsi.

Non esistono pertanto misuratori di caratteristiche normali (perché non avrebbe alcuna utilità) ma solo test che rilevano lacune.
Tutte comunque riscontrabili con una maggiore attenzione e con un prolungato tempo di osservazione. Cosa che, ovviamente, non è economica per studi che hanno spesso il solo unico intento di essere oggetto di convegni...
view post Posted: 16/9/2013, 18:14     Più poesia per tutti - Erato

Più poesia per tutti

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Dal 19-22 Settembre a
Castelfranco Emilia,
e a Maranello,
una manifestazione ideale
per chi sa che la poesia
salverà il mondo




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La poesia sa raccontare i grandi momenti della Storia, poiché i poeti si fanno testimoni delle svolte e dei drammi che cambiano il mondo.

Dal bagno di folla per Edoardo Sanguineti, primissimo appuntamento nella storia di Poesia Festival – correva l’anno 2005 – sembra passata una vita.

E in effetti è così.

Da allora sono cambiate molte cose: l’atmosfera generale, le vicissitudini della storia e della cronaca, i problemi all'ordine del giorno, e una lunga crisi che continua ad affannarci.

Forse non è sbagliato dire che siamo entrati in un’epoca diversa.

Questi sono i cambiamenti che anche una manifestazione culturale come Poesia Festival ha il compito di
registrare.

Puntare sulla poesia come tema per ritrovarsi in piazza, a teatro e nei luoghi pubblici del territorio significa continuare a scommettere su un modo diverso di raccontare il mondo, di comunicare con l’altro; significa continuare a proporre un modo di parlare e di pensare dove le parole lambiscono cuore e cervello prima di essere pronunciate; una cosa rara, un avamposto prezioso in tempi di solitudine e disorientamento.

La 9a edizione (13 è riferito alle due ultime cifre dell'anno in corso.. :fu fi: ) di Poesia Festival terrà fede ad un format ormai consolidato: una manifestazione con l’ambizione di riportare i poeti e la poesia al centro del discorso culturale dei nostri giorni, dando la parola agli autori italiani e stranieri più rilevanti della contemporaneità e affidando a noti volti dello spettacolo il compito di dare voce alla grande poesia di ogni tempo.

Una commistione di idee e stimoli che ogni anno a settembre rende il territorio dell’Unione Terre di Castelli e dei comuni di Castelfranco Emilia e Maranello un luogo centrale nella mappa culturale del Paese.



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Alessio Boni



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Pablo Neruda

Si inizia con la tradizionale lezione inaugurale, quest’anno affidata a Umberto Piersanti, poeta dei luoghi e della memoria, al quale seguirà uno spettacolo basato su un binomio di sicuro gradimento: Pablo Neruda interpretato da Michele Placido.

La nona edizione di Poesia Festival ancora una volta mette al centro gli scambi culturali con tradizioni di altri paesi: saranno infatti protagonisti due autori centrali della scena europea, il tedesco Durs Grünbein, nato nella ex RDT e protagonista di primo piano nella Germania riunificata, e l’inglese Tony Harrison, poeta colto e popolare, infaticabile sperimentatore di nuovi linguaggi e spazi per la poesia, sempre attento ad una letteratura civilmente impegnata.

Tra i poeti italiani, citiamo le importantissime presenze di Carlo Bordini, Giuliano Scabia, Stefano Dal Bianco, Alba Donati e Giusi Quarenghi, che avranno il compito di testimoniare la pluralità di stili e temi che la poesia italiana è capace di offrire.

Anche tra i grandi interpreti l’edizione 2013 presenta forti individualità di argomenti e stile.

Calcheranno infatti i palchi di Poesia Festival artisti come Vito (con un omaggio a Cesare Zavattini), Simone Cristicchi (che racconterà la campagna di Russia attraverso la testimonianza in versi del poeta romano Elia Marcelli), Enzo Decaro (che rilegge i miti senza tempo dell’Eneide), Pierpaolo Capovilla (in una sfrenata lettura da Pier Paolo Pasolini), affiancati a momenti in musica con protagonisti Massimo Bubola e Rossana Casale, che chiude il festival cantando Giorgio Gaber.



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Alcuni degli ospiti della manifestazione




Un mito, Vittorio Gassman che recita una poesia
di un altro mito: Pier Paolo Pasolini...

Anche quest’anno vede la presenza dell’anteprima di «Cantiere italiano» dedicata a voci poetiche emergenti del panorama nazionale e dello spazio «Il cinema dei poeti», incentrato sul lavoro di Zavattini come sceneggiatore.

Inoltre, due spettacoli mattutini dedicati alle scuole e le proposte di «Assonanze», contributi di associazioni e cittadini per arricchire il cartellone del festival.

Non resta che voltare pagina e lanciarsi alla scoperta di Poesia Festival ’13, lo spazio dove respirare finalmente parole nuove.

Una kermesse di oltre 30 eventi gratuiti.

Attraverso le parole e le letture dei maggiori poeti contemporanei - e con il contributo di musicisti, attori e personalità dello spettacolo - i borghi antichi di sette comuni modenesi si fanno cornice di Poesia Festival 2013.



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Edited by filokalos - 16/9/2013, 19:40
view post Posted: 12/9/2013, 06:30     C'era una volta il libro ma... ci sarà ancora? - Calliope
CITAZIONE (Krahs @ 11/9/2013, 23:59) 
Secondo me non ce la faranno a sostituire il buon vecchio libro cartaceo.

Ed invece temo che lentamente ci stiano riuscendo... :(

Vedi ad esempio questo articolo
view post Posted: 30/8/2013, 17:31     +1Heidegger e la filosofia della crisi - Minerva

Heidegger e la filosofia della crisi
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Il filosofo tedesco si dedicò
per l'intera durata della sua esistenza
all'insegnamento accademico e
all'elaborazione delle sue opere filosofiche,
alcune delle quali strettamente legate ai corsi universitari.



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La casa natale di Heidegger a Messkirch

Martin Heidegger nasce a Messkirch, in Germania, nel 1889.
Allievo di Edmund Husserl, del quale sarà assistente all’Università di Friburgo, Heidegger risentirà profondamente del clima culturale del suo tempo, costellato dalla nascita di molte avanguardie artistiche, e da numerosi eventi storici; influenzato dal pensiero fenomenologico, rielaborerà in modo originale.
Nel 1927 esce il suo capolavoro Essere e tempo.
Con l’avvento del nazismo in Germania, nel 1933 Heidegger diviene rettore dell’Università di Friburgo e nel mese di maggio tiene il celebre discorso retto-rale su L’autoaffermazione dell’università tedesca che segna la sua adesione al nazismo.
A partire dalla metà degli anni Trenta avviene quella che egli stesso definisce una “svolta” del proprio pensiero, che conduce a un nuovo modo di intendere la relazione fra l’essere e il linguaggio.
Nel 1950 esce il libro Sentieri interrotti, i cui saggi testimoniano degli sviluppi di pensiero successivi alla svolta.


L’ESSERE


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Essere e tempo di Martin Heidegger,
edizione tedesca

La riflessione di Heidegger incomincia con la domanda sul senso dell'essere. Egli constata infatti che nella storia si è smarrito il senso di questa parola fino a confonderla con
un’altra: “ente”. L’essere tuttavia non è riducibile all’ente, poiché quest’ultimo possiede caratteri determinati, riconducibili a un’oggettività, a una cosa semplicemente presente. L’essere, in altri termini non è un oggetto, e per questo motivo è necessario ritrovarne il senso appropriato. La possibilità di recuperare questo senso consiste, secondo Heidegger, nell'interrogare quell'ente che intrattiene un rapporto speciale con l’essere stesso, ossia l’uomo. Quest’ultimo si trova in una condizione particolare, poiché ha come qualità fonda-mentale quella di esistere, e proprio l’esistenza altro non è che rapporto con l’essere.


ANALITICA ESISTENZIALE


Il percorso attraverso cui si snoda la riflessione sull’esistenza prende il nome di “analitica esistenziale”. Gli esiti di questa ricerca mostrano come l’uomo sia un “progetto-gettato”, vale a dire un individuo determinato da una condizione storica, che non ha deciso lui stesso (in ciò consiste la sua gettatezza), ma anche un individuo libero ed essenzialmente in grado di strutturare la propria esistenza (in ciò consiste il suo lato progettuale). Su queste basi, il mondo non può presentarsi all’individuo semplicemente come un insieme di cose, bensì come un numero di possibilità aperte. Il mondo è piuttosto costituito di oggetti che si trovano “a portata di mano” e che sono “utilizzabili”, poiché lo sguardo che l’uomo getta su di essi è interessato, rendendoli parte dei suoi progetti e della propria esistenza. Oltre agli oggetti l’uomo ha però a che fare anche con gli altri suoi simili. Le relazioni fra individui, e più in generale la stessa esistenza dell’uomo, possono però assumere un livello superficiale che Heidegger considera proprio del “mondo del si”. Il “si” è l’indeterminatezza che può essere rintracciata nella “chiacchiera” e nella “curiosità”, nelle
espressioni “si dice”, “si pensa”, “si crede”, ecc., che riferiscono in maniera impersonale le qualità particolari dell’individuo e del mondo. A questo livello l’esistenza assume secondo Heidegger il carattere dell’inautenticità.


ESSERE PER LA MORTE


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Martin Heidegger ritratto da Hohe Luft

Assumendo la modalità tipica del mondo del si, l’uomo fugge dall’esistenza autentica.
Nell’angoscia, invece, Heidegger individua l’elemento essenziale di fronte al quale si manifesta la possibilità più propria dell’uomo.
L’angoscia è infatti ciò che si prova di fronte all'indeterminato e rispetto al quale ogni possibilità mostra il suo contrario, l’eventualità del nulla.
Solo a questa condizione, che apre un nuovo spazio di fronte al soggetto, si profila la possibilità dell’esistenza autentica. All'uomo spetta allora il compito di considerare la possibilità più propria che per l’appunto è la morte.

Essa ricopre un ruolo fondamentale essendo ciò di fronte al quale l’uomo risulta essenzialmente insostituibile.

L’individuo deve allora “anticipare la possibilità della morte”, il che non significa mettere fine alla propria esistenza ma assumere fino in fondo questa possibilità di non poter più esserci.

Questa relazione con la morte, che Heidegger definisce “essere-per-la-morte”, si mostra dunque costitutiva dell’esistenza.

Essa è inoltre fondamentale per aprire la via dell’autenticità; l’uomo deve assumere la decisione anticipatrice rispetto alla possibilità della morte, perché questo è il suo compito. In questo modo, si perviene ad uno degli esiti principali di Essere e tempo, vale a dire la scoperta della dimensione temporale dell’esistenza.

L’uomo infatti si trova essenzialmente relazionato alla temporalità, vale a dire che deve sempre fare i conti con la propria storicità, perché è un ente mortale, finito, e ciò che incontra nel mondo è determinato da questo aspetto.
La stessa finitezza dell’uomo riconduce alla sua storicità, al suo esser nato in un certo mondo, al suo possedere particolari pregiudizi, presupposti, metodi e aspettative.


L'ERMENEUTICA


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Ciò che Heidegger tenta dunque di realizzare, e questo avviene soprattutto con la svolta nella sua filosofia, è una rottura rispetto a quella metafisica tradizionale che tende a considerare l’essere come oggettività.

Quest’impostazione classica contribuisce alla creazione di una società nella quale l’individuo è solo una componente di una macchina funzionante, e che in seguito Adorno e i filosofi della scuola di Francoforte definiranno “società dell’organizzazione totale”.

A quest’idea, Heidegger contrappone la progettualità, l’accadimento e la storicità come i veri tratti dell’essere e dell’uomo.

Tuttavia, non si tratta semplice-mente di fornire una nuova definizione dell’essere, altrimenti si ricadrebbe ancora una volta nella metafisica, cioè nella tradizione che vuole oggettivare e descrivere Tessere come se fosse una cosa circoscrivibile. Il riferimento alla progettualità e alla storicità deve piuttosto essere inteso come una risposta a un appello.

L’appello è ciò che proviene dalla storia di un individuo, dalle sue aspettative, dalla sua famiglia, dal suo linguaggio, dal mondo intorno a sé. E la risposta all'appello in Essere e tempo e nei testi successivi prende il nome di interpretazione.

Interpretare o rispondere a un appello, riconduce a un processo che è positivamente circolare.

L’uomo infatti si trova già sempre collocato in un contesto e in un linguaggio, perciò ogni sua comprensione è influenzata e determinata da questo stesso linguaggio e contesto.

In altri termini, non si potrà mai conoscere nulla in maniera pura e neutrale, senza che un accesso preventivo (una “pre-comprensione”) venga fornito all'individuo.

Da questi risultati è scaturita una corrente filosofica del secolo scorso che ha preso il nome di Ermeneutica e si è strutturata attorno al concetto di interpretazione.



AFORISMI


- «L’inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, ma ci sta di fronte. L’inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che e sul punto di accadere».

- «Esserci, l’essere umano compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo».

- «Il nichilismo. Non serve metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia».

- «L’unica conseguenza legittima è questa: l’“essere” non è qualcosa come l’ente».

- «L’uomo è il pastore dell’essere».

- «La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell’esserci. Così la morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile».

- «Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora».

- «Ma l’essenza dell’uomo consiste nel fatto che egli è qualcosa di più che un semplice uomo inteso come essere vivente fornito di ragione. [...] L’uomo è il pastore dell’Essere».

- «L’indefinibilità dell’essere non dispensa dal problema del suo senso, ma, al contrario, lo rende necessario».






Edited by filokalos - 6/10/2015, 11:41
view post Posted: 7/8/2013, 16:49     Punire i figli (senza sentirsi in colpa) - Clio
Nel caso di che trattasi, potremmo avere a che fare con un bamboccione con più di un problema "caratteriale", ma di solito i buoni genitori sanno anche ammettere le (poche) volte che hanno ragione... :lol:
view post Posted: 7/8/2013, 16:46     Da Ballerina a Sirena - Tersicore
Hai appena scoperto lo spirito che ha sorretto il progetto del Forum delle Muse ed uno dei suoi aspetti fondamentali: raccogliere tutto ciò che di bello c'è nel Web :)
784 replies since 29/8/2008