«Ho una visione delle cose del mondo possessiva e carnale, e non riuscivo a inverarla in atti e immagini di pura astrazione: sentivo la mancanza della sottile magia della finzione, la finzione propria della figurazione».
Così scriveva Ugo Attardi (Sori, 1923 - Roma, 2006), artista genovese d’origini ma siciliano di adozione, volendo affermare in maniera inequivocabile il primato della figurazione nel suo articolato percorso creativo.
Un primato che nasceva da recondite pulsioni interiori e che si inverava poi nell'inevitabile sfogo narrativo in testi pittorici o letterari di grande profondità emotiva.
Proprio nel 1967, anno in cui le sue storie tracimano dal medium pittorico a quello scultoreo, Attardi comincia anche scrivere il suo primo e unico romanzo, L'erede selvaggio, pubblicato da Rizzoli nel 1970 e vincitore del Premio Viareggio nel 1971.
Da quest’opera unica nasce il percorso espositivo della esaustiva retrospettiva dedicata all'artista dall'Ente Mostra di Pittura «Città di Marsala», per la curatela di Sergio Troisi, che cosi scrive nel testo in catalogo:
«Collocato in quel momento specifico della sua avventura artistica e intellettuale, il romanzo occupa una posizione centrale, insieme emblematica e operativa: conduce a riepilogo gli spettri ossessivi di un passato lontano così come definisce e anticipa alcuni temi imminenti o futuri, sovrappone registri temporali così che, alla fine, ricordi, attualità e profezia sembrano mutare continuamente il loro passo disponendosi uno di fronte all'altra in un gioco di rispecchiamenti».
L'erede selvaggio è dunque la chiave di volta per interpretare l'intenso mondo di Ugo Attardi, condotto da una salda coerenza creativa alla straordinaria creazione di universo parallelo reale quanto un sogno e spaventoso quanto un incubo, senza cedere mai alle lusinghe dell'astrazione.
Alla fine degli anni '40, infatti, dopo essere stato insieme ad altri illustri siciliani tra i fondatori di Forma 1, il linguaggio dell’artista vira definitivamente verso la figurazione, per un «carnale» attaccamento alla realtà terrena e onirica, per quella ineluttabile «tensione all'allegoria» e al racconto.
Che guarda d'Africa il mare, olio su tela, 130 x 150 cm, 1997
La rinuncia all'astrazione fu la causa di un lungo esilio dell'artista dalle pagine della storiografia contemporanea, solo recentemente si è proceduto ad una rivalutazione critica dell'intera opera di Attardi attraverso mostre retrospettive come questa che ci restituiscono l'immagine a tutto tondo dell’appassionato pittore, del delicato disegnatore, del fine scultore e del visionario scrittore.
Senza titolo, olio su tela, 100 x 80 cm, 1996
La mostra propone una ricca selezione di opere che vanno dai rari dipinti non figurativi della fine degli anni Quaranta, alle successive ricerche degli anni Cinquanta, con opere cardine come i dipinti monumentali Crocifissione a Saragozza (1964-’65) e Gli assassini (1967), fino alle ultime prove del nuovo millennio.
Donna sdraiata e la mia ombra, olio su tela, 150x 130 cm, 1974
Anche la scultura si manifesta nella sua imponenza monumentale in opere come la discussa ed emblematica installazione Cortéz.
Mentre la folta selezione di disegni e incisioni delinea la delicatezza espressiva di un mondo interiore raccolto come un diario appena abbozzato da sottili linee o diafane velature.