Tanto tuonò che non piovve. Anzi. L’ormai celebre “Dito medio” di Maurizio Cattelan, a dispetto degli allarmi preventivi lanciati in chiave tutta ideologica dalla giunta Moratti, non ha creato, alla fin fine, neanche l’ombra di un’ombra di uno scandalo.
Questa bella ragazza
non è nota allo scrivente
ma è comunque grato
per averla liberamente
pubblicata nel suo blog...
Il sindaco, che l’aveva temuto e annunciato, oggi parla di «pieno successo». Il Ditone doveva saltare; poi poteva essere esposto, sì, ma decentrato; poi doveva durare due settimane appena.
Ora lo si vorrebbe permanente. Letizia Moratti scopre che a Milano non abitano gli zulù, ma i milanesi, etnia italica frammista ad altre cento, dai negozianti di Sri Lanka ai manager della Deutsche Bank, dalla showgirl di Svezia Filippa Lagerback alla cinese Xian Zhang che dirige l’Orchestra Verdi; che Milano è frammento non indegno dell’Europa del 2010; che lo sberleffo non nasce con Britney Spears ubriaca, o con il demone Internet, ma che è noto da Roma antica. “Digitus impudicus”, dicevano i latini; se ne rilevano tracce, pare, negli epigrammi di Marziale.
Il “Dito medio” è lì, fotografato come una Gioconda coi baffi. Turisti, studenti, curiosi armati di telefonino passano davanti alla Borsa e fanno
clic e si divertono. Chiacchierano. Messaggiano. Dicono: «It’s funny ».
La Curia non protesta; né i leghisti, né i fascisti, né i comunisti, né i cesaropapisti.
Persino i Signornò di mestiere, da Vittorio Sgarbi a Oliviero Toscani, dicono: ma sì, è divertente, lasciatelo lì.
Maurizio Cattelan...
L'ineffabile
Adesso il dibattito è: lasciarlo in piazza Affari o esporlo nel futuro Museo di arte contemporanea?
Il Dito medio significa due cose: esiste un linguaggio globale, e il codice della volgarità si è ammorbidito. La volgarità c’est moi, direbbe Flaubert.
Un “vaffa” iconico non se lo nega nessuno: politici, calciatori, attrici, l’avifauna di potere e di spettacolo. Il medio lo hanno esposto in tanti: Berlusconi entertainer a Bolzano, Crudelia Santanché agli studenti, l’eterno Bossi all’Inno di Mameli; David Beckham e Asia Argento, Fabio Capello e Madonna, Jodie Foster e Winona Ryder (ai fotografi, ai tifosi, ai nemici della notte).
Non sarà una notizia se lo fa il supercafone Fabrizio Corona, ma non ne è immune nemmeno Rahm Emanuel, capo della segreteria del presidente Obama.
La matrice recente è americana (Cattelan vive a New York); e da là il gesto è rimbalzato a noi che lo inventammo.
È detto “middle finger”. Significa “fuck you”, il nostro “vaffa”; o il più crudo “up yours” (tradotto significa "cazzi tuoi").
È rimbalzato a noi tramite le subculture rock, giovanili, calcistiche, plebee, populiste. Ora è ufficiale: è entrato nel repertorio della classe dirigente. Perché questo è il traguardo, ci si perdoni il termine, che Cattelan sancisce: la normalità del vaffanculo.
Arte? Satira? Trappola mediatica? Cattelan è un centauro, metà artista e metà volpe. Il codice è, in sostanza, parodistico.
Parodia del classico: l’autore ha usato marmo e travertino, nel linguaggio anni Trenta di piazza Affari e di Palazzo Mezzanotte che, attenzione, è edificio più classicista che fascista.
Il Dito ha un titolo, “L.o.v.e.”, ma nessuno lo usa. Pareva, così si è detto e scritto, uno sberleffo al turbocapitalismo, strapotere delle banche, truffe sui derivati, bonus ai supermanager, a nome del cittadino sempre fottuto.
Ci si è inerpicati sull’esegesi di un gesto fascista o nazista, saluto romano o Hitlergruss mutilato. Cervellotico?
Un po’. Il “Dito medio”, forse, è un “vaffanculo prevalente” (le quattro dita mozzate lasciano spazio ad ambiguità d’interpretazione).
Un vaffanculo prevalente alla nostra civiltà involgarita, imbarbarita, incattivita. Così incattivita da sciogliersi in riso appena può, sempre di nuovo, senza fermarsi mai.