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La Fantasia è Verde

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view post Posted on 29/5/2010, 11:42     +1   -1
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La Fantasia è Verde



Citazioni artistiche.
Salti nel futuro.
Ed echi dal passato.
I giardini di ultima generazione
amano sorprendere.






Il giardino "riverniciato" di
Tori Winkler Thomas

Quando una pianta si secca, dipingetela...
Il suggerimento viene da Tori Winkler Thomas, scenografo convertito al landscape design che, in Virginia, ha ridato vita a una fila di arbusti morti spruzzandoli di vernice.

A Northampton, nel Massachusetts, per rendere meno incongruente una banale casetta a schiera che con le sue pareti in vinile sembrava un giocattolo abbandonato ai margini di un bosco, Dean Cardasis ha inventato un giardino di plastica: una serie di pannelli di plexiglas semitrasparenti rossi, gialli e verdi per scandire lo spazio e trasfigurare l'aspetto dell'ambiente intorno, e schermi azzurri sistemati contro il cielo per farlo sembrare sempre sereno.


Il Plastic Garden
realizzato da
Dean Cardasis

Giardini fuori dall'ordinario anche al di qua dell'Atlantico, per esempio in un minuscolo fazzoletto di terra ritagliato in un sobborgo di Londra, dove per allietare gli occhi del padrone di casa, che lavorando tutto il giorno poteva godersi il suo piccolo paradiso solo dopo il tramonto, il paesaggista Paul Cooper non solo ha trasformato le pareti immacolate di alcune fioriere in schermi su cui poter proiettare le immagini più diverse, ma ha anche installato un intreccio di nastri ondulati di acciaio lucidissimo che, una volta illuminati, si trasformano in una scintillante cascata di luce.

In Svezia Monika Gora ha ideato un giardino d'inverno di ultima generazione: un'avveniristica struttura rotondeggiante in ferro e vetro che contrasta con la rigida angolosità degli edifici che la fiancheggiano e nella brutta stagione offre un confortevole rifugio a uomini e piante.



Nel libro "The Contemporary Garden" (pubblicato da Phaidon), c'è una sorprendente rassegna di 100 spazi verdi progettati un po' in tutto il mondo a partire dagli anni Venti del secolo scorso: giardini non convenzionali che oscillano fra salti nel futuro e rivisitazioni del passato, amore per la botanica e passione per l'hi-tech e per i materiali industriali più insoliti, e fra i quali, al di là della voglia comune di mettere in moto idee nuove, è pressoché impossibile tracciare un filo rosso di collegamento.

Proprio perché chi li ha immaginati ha deciso di voltar pagina, e invece di adeguarsi ai principi di un rassicurante, autorevole ma anche un po' soffocante modello unico - come è successo quando nel mondo dei giardini imperversava lo stile all'italiana e poi quello alla francese e all'inglese- ha preferito imboccare la strada dell'innovazione affidandosi alle suggestioni più disparate, da quelle prese in prestito dalle avanguardie artistiche che si sono alternate nel corso del Novecento a quelle suggerite da una inedita e politicamente corretta coscienza ecologica.

Giardini che sorprendono, provocano, divertono, fanno pensare: qualcuno ha fatto scuola, altri hanno avuto meno fortuna, ma tutti in ogni caso hanno fatto fare un bel passo avanti al modo di creare e di intendere gli spazi verdi.

Non hanno avuto molto seguito, per esempio, quelli presentati all'Esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi del 1925.




Il giardino cubista di
Gabriel Guévrékian

Gabriel Guévrékian aveva proposto un "giardino di acqua e di luce" vicino alla pittura astratta, mentre Robert Mallet-Stevens aveva inventato una serie di aiole popolate da alberi di cemento: un'idea che aveva lasciato un po' perplesso il grande pubblico, qualcuno aveva anche avanzato l'ipotesi che in realtà si trattava di un infelice espediente per sostituire gli alberi che si erano malauguratamente seccati, ma in compenso aveva suscitato l'ammirazione incondizionata dei sostenitori del modernismo, compresi gli eccentrici e raffinati Charles e Marie-Laure deNoailles.

Che l'anno dopo affidarono proprio a Mallet-Stevens l'incarico di progettare a Hyères, nel sud della Francia, una "casetta interessante da abitare" e adatta ad accogliere gli amici - che erano Jean Cocteau e Luis Bunuel, Salvador Dalì e Man Ray - e a Guévrékian il compito di disegnare quello che diventerà il manifesto del giardino cubista: uno spazio triangolare puntato verso il mare come la prua di una nave e dove si intrecciano diverse prospettive, diviso in quadrati sistemati a varie altezze e riempiti con ghiaia, piante basse e tessere di mosaico blu e rosse.

Sono stati invece ampiamente adottati un po' in tutto il mondo i giardini sul tetto proposti da un campione dell'architettura razionalista come Le Corbusier, e quelli che Ralph Hancock, un paesaggista inglese trapiantato negli USA, ha costruito negli anni Trenta a New York in cima ad alcuni edifici del Rockefeller Center.




I giardini nei tetti del Rockefeller Center




Un'altra suggestiva inquadratura
dei giardini del
Rockefeller Center

Un'impresa che aveva sbalordito tutti: 3 mila tonnellate di terra e migliaia di alberi e arbusti trasportati con un montacarichi o a spalla fino al settimo piano, e poi brillanti soluzioni per risolvere i tanti problemi di impermeabilizzazione e di drenaggio, e per proteggere le piante dal vento e dal sole battente. Ha fatto furore, fino a diventare banale, anche la rivoluzionaria e raffinata forma sinuosa della piscina disegnata da Alvar Aalto per un giardino immerso nei boschi della Finlandia, una copia esatta dei laghetti sparsi tutt'intorno.




La piscina disegnata da Alvar Aalto
che riproduce il paesaggio circostante



L'idea aveva sedotto Thomas Church, esponente di primo piano della scuola paesaggistica californiana che, davanti a una casa affacciata sulla baia di San Francisco ne aveva progettata una simile in perfetta armonia con il fluido snodarsi del fiume che scorreva ai suoi piedi: due prototipi illustri di quelle che poi, per colpa di un uso scriteriato, sono diventate le insopportabili piscine "a fagiolo".



E hanno fatto scuola anche alcuni spazi verdi che sembravano contrari al buon senso e invece si sono rivelati possibili, come i giardini in verticale inventati da Patrick Blanc, un anticonformista professore di botanica prestato al garden design: spettacolari cascate di piante che si sono conquistate una nicchia fra l'asfalto e il cemento di molte città.




Uno dei celeberrimi "Giardini Verticali" di Patrick Blanc: il Green Wall del Caixa Forum di Madrid




Il Douglas Center - Arizona
progettato da Steve Martino

Oppure quelli che in qualche modo hanno cercato di farsi carico delle sempre più pressanti preoccupazioni ecologiche proponendo una nuova estetica fondata sul risparmio di risorse preziose, prima fra tutte l'acqua.
Per esempio gli assolati giardini progettati da Steve Martino in Arizona, inseriti senza soluzione di continuità nell'arido paesaggio desertico che li circonda e popolati da piante che sopportano senza batter ciglio lunghi periodi di siccità.

E quelli firmati da paesaggisti che invece hanno dichiarato guerra agli impeccabili prati verde smeraldo, colpevoli di assorbire una smisurata quantità d'acqua: Wolfgang Oehme e James van Sweden, fondatori del New American Garden, li hanno sostituiti con fitte macchie di piante locali, comprese quelle che crescono selvatiche nelle praterie del midwest americano, mentre Andy Cao ha inventato coloratissime distese di ghiaia di vetro riciclato: un materiale assolutamente inoffensivo e inaspettatamente adatto ai giardini, perché steso sul terreno scricchiola piacevolmente sotto i piedi, riduce le perdite d'acqua per traspirazione e in più rende la vita difficile alle erbacce.








Articolo Originale di
MARIA BRAMBILLA

Edited by filokalos - 30/5/2010, 18:02
 
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