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Il Giallo del DAMS

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view post Posted on 30/10/2010, 17:38     +1   -1
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Il Giallo del DAMS

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Delitti Italiani

La vittima, Francesca Alinovi, bella e maledetta,
è una critica d’arte di livello internazionale,
intellettuale stravagante che a 35 anni
vuole ancora avere un look da sedicenne,
assistente di Estetica al DAMS di Bologna,
la facoltà universitaria (tra i massimi docenti
Umberto Eco e Renato Barilli) che, almeno sulla carta,
dovrebbe sfornare gli artisti del futuro: critici, attori, pittori.




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Il Corpo di Francesca Alinovi è stato ritrovato alle sette di sera del 15 giugno 1983. A Bologna, nella sua abitazione, in via del Riccio.

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Uccisa da 47 coltellate. Diranno 47 piccole coltellate, con solo un paio di colpi veramente mortali. Diranno che il colpevole è il suo ragazzo, Francesco Ciancabilla. E per questo delitto sarà accusato e arrestato.

47 coltellate che le risparmiano il volto e le spezzano la vita, viene uccisa così il 12 giugno 1983 nella sua abitazione in via Del Riccio a Bologna, Francesca Alinovi, 35 anni, critico d’arte e docente al Dams, il dipartimento di arte musica e spettacolo all’università.
A ritrovarne il corpo martoriato dopo tre giorni dal delitto sono i vigili del fuoco e gli agenti della mobile che penetrano nel suo appartamento su sollecitazione di amici preoccupati per il prolungato silenzio.

La Verità Giudiziaria è che, mentre facevano un gioco sessuale sadomaso, un paio di colpi siano stati troppo pesanti. E che Francesca sia morta in seguito a un tragico incidente.

Francesca viene ritrovata con delle scarpe con il tacco alto, vicino alla porta di casa, completamente vestita. E vestita come se dovesse usicre, con tanto di gilet.

A Bologna, d'estate, sicuramente non si sta in casa vestiti così. :no no:

A meno che non si aspetti qualcuno. O non si debba uscire. Quindi, come può essere un gioco erotico troppo pesante?

Poi c'è la questione dell'ora dell'omicidio. È una questione controversa, che lascia molti dubbi. Hanno scelto a caso un momento ben preciso di una giornata, quella tre giorni prima dal ritrovamento, facendo dei calcoli prendendo in considerazione un orologio fermo. Uno di quelli che si caricano con il movimento del polso.

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E il calcolo, per quanto fosse stato fatto accuratamente, è comunque approssimativo. E se si spostasse l'ora dell'omicidio dalle 18 e 12 alle 20 (e due ore di scarto potrebbero benissimo esserci), Francesco risulta innocente. perchè su di un treno, diretto a casa dei suoi genitori.Infine, c'è una scritta, in bagno. Scritta con un pennarello:

"Your'not alone any... way". Traduzione: "Non sarai mai sola". Oppure "Finalmente ti ho fottuto". Non si sa chi abbia scritto. La calligrafia non è quella di Alinovi. Nè di Francesco.

Non si conosce l'arma del delitto. Non si conosce l'ora precisa. Non si sa niente.

Eppure Francesco sta ancora pagando per l'accaduto. :o no?:



Scena del delitto


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Francesca giace riversa sul pavimento del soggiorno, su di lei appoggiati due grossi cuscini, sotto di lei un lago di sangue che la moquette ha assorbito, schizzi di sangue anche sulle pareti e sul televisore. Nessun segno di effrazione sulla porta d’ingresso, al loro posto mobili e suppellettili, nessuna traccia di colluttazione, nessuno ha sentito rumori e grida in quella silenziosa domenica di giugno.
Il delitto con la sua carica di ferocia e di mistero scuote Bologna, soprattutto per la fascinosa notorietà della vittima.
Professionalmente stimata e ammirata, Francesca Alinovi è anche una donna eccentrica dalle molteplici e disordinate frequentazioni.
E’ nel suo ambiente che si muovono le indagini, gli inquirenti concentrano rapidamente i sospetti su Francesco Ciancabilla, 24 anni, allievo della Alinovi, da tre anni legato a lei da un rapporto tormentato e complesso. Un dato certo, l’unico, il giorno del delitto Ciancabilla è stato a casa della Alinovi dalle 15.00 alle 19.30, vale a dire una parte dell’arco di tempo nel quale viene fissata dai periti l’ora della morte.



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Per questo strano caso di omicidio, partiamo dal 31 gennaio 1985, quando la Corte d'Assise di Bologna pronuncia la sentenza relativa a quello che è stato definito il "Giallo del Dams".

Il Dams è un dipartimento dell'università che a suo tempo fece scalpore poiché le materie di studio erano tutte inserite nell'ambito della sfera creativa e, per la loro peculiarità, richiamavano numerosi studenti con velleità artistiche, tra i quali molti "alternativi", spesso oggetto di demonizzazione da parte dei benpensanti in ragione del loro modus vivendi.

Quel corso d'arte, musica e spettacolo è stato teatro di un efferato omicidio, forse più di uno.

Ma per adesso ritorniamo al 31 gennaio 1985. La Corte assolve per insufficienza di prove Francesco Ciancabilla, di 26 anni, pittore. Il giovane è allievo e amico di Francesca Alinovi<, ricercatrice al Dams e critico d'arte specializzato nelle neo-avanguardie. Il processo la riguarda, o meglio riguarda la sua morte: infatti l'Alinovi è stata uccisa quasi due anni prima, nella sua casa a Bologna.

Parmense, Francesca Alinovi quando viene assassinata ha trentacinque anni: davanti a lei una carriera, come teorica e studiosa, nel mondo dell'arte internazionale. Lavora al Dams dove, quando viene uccisa, il suo omicidio è in qualche modo connesso all'uccisione di altre due persone: gli studenti Angelo Fabbri e Leonarda Polvani.

L'Alinovi è stata uccisa in un'afosa domenica di giugno, il 12, del 1983, con quarantasette piccole coltellate, di cui solo una mortale al collo, che ha tranciato la giugulare. Il cadavere viene rinvenuto, nella sua casa in via del Riccio 7, solo tre giorni dopo la morte, è vestita «come per uscire», scriveranno gli inquirenti: forse un indizio utile.



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Francesco Ciancabilla

Meno di un mese di processo e cinque ore di camera di consiglio bastano ai giudici per stabilire che Ciancabilla è estraneo al fatto.

La cosa non va giù sia alla Procura generale che al pubblico ministero, che aveva chiesto ventiquattro anni di prigione.

Secondo il magistrato il movente era legato alla droga: forse la donna è stata uccisa perché non voleva dare dei soldi all'assassino.
Ma perché le indagini si indirizzarono sul Ciancabilla?

Intanto va osservato che questo ragazzo era un allievo prediletto di Francesca; inoltre i due erano legati da un complesso rapporto sentimentale.

Il suo coinvolgimento è determinato dal fatto che è stato l'ultimo a vedere viva la donna; inoltre, come vedremo, ci sono alcune discordanze d'orario alquanto sospette.
Spostiamoci sulla scena del delitto.
Nell'appartamento di via del Riccio non ci sono segni di colluttazione e sembra che non manchi nulla. La vittima presenta tutta una serie di ferite prodotte dalle numerose piccole coltellate sul lato destro del corpo. Il cadavere è parzialmente ricoperto da alcuni cuscini.



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C'è un particolare strano: sul vetro della finestra del bagno qualcuno ha scritto una frase in inglese scorretto con un pennarello: «Your' not alone, any... way». Parole che possono essere interpretate in vari modi: «Comunque, non sarai mai sola».

Ciancabilla viene considerato dalla polizia un testimone rilevante perché dopo aver lasciato la casa dell'Alinovi, in un lasso di tempo breve, la donna viene uccisa.

La perizia necroscopica stabilisce che Francesca è morta tre giorni prima del rinvenimento del cadavere, domenica 12 giugno, tra le 17 e le 23.

Ciancabilla conferma di aver trascorso il pomeriggio con Francesca, ma di aver lasciato la casa intorno alle 19.30 per recarsi alla stazione a prendere il treno per Pescara, e quindi ritornare a casa sua.

Qualcuno può testimoniarlo: Anna, una sua amica, alla quale Francesco aveva telefonato da casa dell'Alinovi fissando l'appuntamento in stazione. Secondo gli inquirenti i motivi dell'incontro sono legati alla droga.

Hanno forti sospetti e sono indotti a credere che il Ciancabilla abbia ucciso la donna, forse nel corso di un gioco erotico; forse accidentalmente mentre si trovavano entrambi sotto l'effetto degli stupefacenti. Sono ipotesi che non trovano un'immediata conferma, ma che inducono gli investigatori a continuare le indagini in questa direzione.



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Viene confermata la relazione tra la vittima e il testimone: lui è più giovane e, come pittore, ha trovato nell'Alinovi una madrina importante che l'ha introdotto nel mondo dell'arte. Lei è certamente innamorata di quel ragazzo che ha avuto dei problemi di tossicodipendenza e che riflette, anche sul piano comportamentale, il modello dell'artista tout court.

La relazione va avanti da un po' di tempo: nel suo diario l'Alinovi ha scritto (25 febbraio 1981): «Sono innamorata di Francesco. Sono incredibilmente innamorata del sosia di me stessa. Gemelli. Lui è la versione di me al maschile».
Qualche mese dopo (16 settembre 1981), la donna però scrive: «... fra poco lo lascio. Una cosa destinata a finire, anzi, mai iniziata».

Quasi un anno dopo (2 agosto 1982) l'andamento è ancora diverso: «Sono perdutamente innamorata. Perdutamente, che significa perdersi».
Poi, poco più di un mese dopo, Francesca pone in rilievo tutto il suo malessere: «Dire che sono infelice è anche poco per esprimere la mia infelicità. Continuare ad amare Francesco quando lui non può amarmi. Sono sola, sola, io da sola, io che amo e non posso essere riamata»...

Parole che prospettano un ventaglio di ipotesi nella ricerca del senso di quel rapporto che, secondo le indicazioni fornite da alcuni testimoni, ebbe anche momenti di tensione: qualcuno infatti afferma di aver visto il ragazzo aggredire Francesca con un paio di forbici e altri ricordano la donna con il volto tumefatto.

Sono indicazioni che possono avere un valore, ma che, vista la situazione, vanno prese con le dovute cautele, poiché in casi del genere è molto facile che abbia inizio una sorta di caccia alle streghe e qualcuno finisca per essere colpevole esclusivamente in ragione degli umori dell'opinione pubblica. La storia giudiziaria è tristemente ricca di casi del genere.

Lasciando da parte il passato per un momento, cerchiamo di capire che cosa possiedono di preciso gli inquirenti.
a. Un arco di tempo abbastanza ampio relativo all'ora del decesso della donna (tra le 17 e le 23): è poco, ma vi sono oggettive difficoltà di valutazione visto il lungo periodo (tre giorni) trascorso dal momento della morte al ritrovamento. Di certo il gran caldo non ha aiutato.
b. Ciancabilla afferma di essersi fermato in casa di Francesca fino alle 19.30.

c. Dai tabulati telefonici si scopre che dal telefono dell'Alinovi sono state effettuate delle telefonate fino alle 17. Dopo, solo un'altra telefonata, quella di Ciancabilla alla sua amica.

d. L'Alinovi aveva dato appuntamento ad alcuni amici alle 19.30 presso una mostra di pittura allestita in quei giorni a Bologna.
Sono indizi minimi, ma interviene un fatto aggiuntivo che viene considerato importante: l'orologio della vittima.
Lasciamo alla limpida prosa di Carlo Lucarelli, che ha descritto con profonda partecipazione il "Caso Alinovi", il compito di fornirci qualche indicazione sulla prova costituita dall'orologio.

È un Rolex automatico che Francesca portava al polso al momento del delitto. È uno di quegli orologi che si caricano col movimento del braccio, per cui si potrebbe, attraverso un calcolo complesso e un'accurata perizia, stabilire il periodo di massima carica per quel modello, cioè trentacinque ore, e sottrarlo all'ora indicata dalle lancette del Rolex fermo per accertare l'ultimo momento in cui Francesca ha mosso il polso. Non è semplice. Bisogna supporre che l'orologio fosse sempre carico al massimo e che Francesca non se lo togliesse mai; e ci sono, in effetti, testimonianze in questo senso...

La perizia dell'accusa parte comunque dall'ora segnata dal Rolex insanguinato che Francesca aveva al polso al momento del ritrovamento: le 5.12 del 14 giugno, meno trentacinque fa le 18.12 del 12 giugno. Quando Ciancabilla era ancora in via del Riccio.
Sull'ora segnata dall'orologio vi sarà un contenzioso mai finito tra accusa e difesa, in particolare perché quell'orologio riprende a muoversi quando viene sfilato dal polso della vittima.



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Ciancabilla in un'immagine recente...

Dopo otto ore di interrogatorio Ciancabilla viene accusato di omicidio.

La Corte d'Assise d'Appello ribalta completamente la sentenza e condanna Ciancabilla a quindici anni di carcere per l'omicidio volontario di Francesca Alinovi con l'aggravante costituita dal grande numero di coltellate inferte con un temperino, o comunque con un'arma da taglio, anche di dimensioni maggiori, affondando solo la punta.

La Corte gli riconosce la seminfermità mentale e quindi riduce la pena base per l'omicidio volontario ai quindici anni, dopo i quali dovrà scontare almeno tre anni in casa di cura. Infatti, in base alla perizia psichiatrica, Ciancabilla è definito una personalità borderline, con capacità di intendere e volere "gravemente scemata" al momento del delitto.

L'imputato è però assente, è in viaggio e riesce a raggiungere la Svizzera, quindi passa in Francia e da qui in Spagna.
Il processo d'Appello lascia tutti un po' sorpresi: molti erano convinti che la Corte avrebbe confermato la sentenza del primo grado; quasi certamente ha avuto un peso determinante la requisitoria del sostituto procuratore generale, Gino Paolo Latini, che aveva chiesto la condanna all'ergastolo (escludendo l'infermità mentale dell'imputato). Commentando la sentenza, Latini ha detto: «ha vinto la giustizia».



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Dello stesso tenore la reazione dell'avvocato di parte civile che tutela la famiglia Alinovi, Achille Melchionda: «non ho mai dubitato della colpevolezza di Ciancabilla, anche se mi ero convinto che non avesse avuto l'intenzione di uccidere, ma solo di ferire. Il mio pensiero va ora alla memoria di Francesca Alinovi, ma anche al dolore dei genitori di Ciancabilla, che sicuramente soffrono quanto i familiari della vittima».

Uno dei difensori dell'imputato, Mario Giulio Leone, commenta con amarezza la sentenza: «mi sento come se stessi vivendo il "day after", sono sbigottito, domani ricorrerò in Cassazione. Questa sentenza ha disatteso la perizia tossicologica che stabiliva un intervallo di otto ore tra l'assunzione della cocaina e la morte, e quella medico-legale in base alla quale la morte è avvenuta dopo le 19.30. In primo grado queste due perizie, vale a dire i supporti scientifici, erano state valutate correttamente. La psichiatria invece non è una scienza esatta. Se si giudica un omicidio non si giudica la bontà e la cattiveria della persona».

Ciancabilla, che si è sempre proclamato innocente, ha sostenuto che Francesca la sera del delitto non lo aveva accompagnato in stazione per un lieve malore. I due infatti avevano fatto uso di cocaina, che aveva provocato alcuni disturbi alla donna. Questa dichiarazione è stata al centro della discussione al processo: le perizie tossicologiche fatte sul sangue e sull'urina del cadavere hanno però escluso la presenza dello stupefacente. Questo particolare avrebbe spostato l'ora della morte in un momento in cui il pittore era sicuramente in treno.
Secondo l'accusa questa versione avrebbe avuto il ruolo di fornire un alibi all'imputato; mentre i difensori hanno sostenuto che solo un "genio del crimine" avrebbe avuto l'accortezza di pensare che le perizie tossicologiche avrebbero potuto scagionarlo.
Le supposizioni e la psicologia spicciola si sprecano.

La docente, che aveva "creato" la figura artistica di Ciancabilla, era tuttavia frustrata dal rapporto sentimentale "platonico" con il giovane, ed era anche stanca del suo continuo uso di sostanze stupefacenti. Forse per questo decise di troncare la relazione con lo studente, fa-
cendo "scattare" l'impulso omicida. Ma non solo nella paura di perdere la donna starebbe il movente, inconsapevolmente sintetizzato - secondo i giudici - in una dichiarazione di innocenza che la madre del giovane rilasciò alla stampa: «l'aveva creato lei, come avrebbe potuto ucciderla?». «In realtà - hanno scritto i giudici - con un intuito tutto materno la madre inconsciamente si avvicina al vero movente dell'omicidio: se l'aveva creato, avrebbe potuto anche distruggerlo". Delle 47 coltellate nessuna fu affondata con particolare violenza. Solo quattro o cinque penetrarono per 3-4 centimetri. Una di queste provocò un'emorragia interna per cui il sangue penetrò nella trachea, soffocando la donna in pochi minuti. L'omicida posò sul viso due cuscini che anticiparono la morte. Proprio per questo la condanna fu per omicidio volontario, aggravato dalla particolare crudeltà dell'atto.» («Ansa», 8.6.1987).



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L'anno successivo la Cassazione conferma la condanna, rigettando il ricorso del Ciancabilla contro la sentenza della Corte d'Assise, mentre accoglie il ricorso per quanto riguarda la pena accessoria: i tre anni di casa di cura.

Quattro anni dopo, viene anche respinta la richiesta di revisione del processo poiché, secondo la Corte d'Appello di Bologna, «non appaiono essere stati proposti fatti nuovi e concreti, sui quali poter impostare quel nuovo giudizio che viene invocato, ma soltanto avanzate valutazioni diverse, in chiave meramente critica, su elementi già considerati dalla sentenza di condanna».

I difensori di Ciancabilla producono due nuovi elementi sulla base dei quali sostenevano la revisione. Il primo è una nuova perizia, compiuta da Antonio Barone, ordinario di fisica all'Università di Napoli, sulla carica automatica dell'orologio Rolex che la vittima aveva al polso; in base alla perizia si esclude la certezza che la morte fosse avvenuta alle 17. Inoltre la perizia esclude che l'orologio potesse avere la carica massima: in questo caso l'ultimo impulso (dato dal movimento del polso) non sarebbe avvenuto alle 17, ma dopo, quando Ciancabilla era già uscito da casa Alinovi. In base alla nuova perizia, secondo i difensori, sarebbe annullato il collegamento fatto dalla sentenza tra l'ora della morte e la carica automatica del Rolex.



Un altro elemento si basa sulla richiesta di una nuova perizia sulla scritta in inglese scorretto, che, secondo gli avvocati di Ciancabilla, fu tracciata dal vero omicida. Nell'ordinanza si ricorda che sulla scritta in inglese la sentenza della Corte d'Assise d'Appello «si è soffermata a lungo con ampia e dettagliata motivazione». Per quanto riguarda la perizia sull'orologio «non risulta contenere dati che, in termini di fatti storici, si qualifichino nei richiesti termini di una novità di prova astrattamente idonea a modificare l'esito del precedente giudizio».
Dopo tredici anni Francesco Ciancabilla viene arrestato in Spagna dove vive da latitante: abita a Madrid, nel centro storico e si lascia arrestare senza opporre resistenza. Viene estradato in Italia per scontare la sua pena.

Nel 2001 il Tribunale di sorveglianza dell'Aquila gli concede il regime di semilibertà, trasferendolo nel carcere di Pescara, dal quale può uscire per recarsi presso lo studio di architettura in cui ha trovato lavoro. Il programma prevede l'uscita dal penitenziario la mattina e il rientro la sera. Continua a dichiararsi innocente e presto tornerà a far parte degli uomini liberi.

La giustizia ha fatto il proprio corso? Molti ne sono convinti, anche se il "caso Alinovi" continua ad essere contrassegnato da alcuni punti oscuri, che forse saranno per sempre dominati dall'ombra.

Forse il mistero è conchiuso in quella strana scritta: «Comunque, non sarai mai sola».

Per qualcuno un messaggio inquietante, ma potrebbe essere anche un segno d'amore. Amore e morte: un binomio spesso inscindibile. Un binomio che, secondo i giudici, ha trovato la sua affermazione nel mondo dell'arte, ma che potrebbe avere origine anche in altri mondi. In altri luoghi.



Edited by filokalos - 4/12/2010, 20:29
 
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