Il Forum delle Muse

La mantide di Cairo Montenotte

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 16/9/2010, 07:53     +1   -1
Avatar

Super Ñasual Dating - Authentic Maidens

Group:
Magazzinieri
Posts:
1,960
Location:
Usa

Status:


La mantide di Cairo Montenotte

0001bbt

Nella notte fra il 12 e il 13 giugno 1987
viene trovato il corpo senza vita di Cesare Brin, 55 anni,
farmacista di Cairo Montenotte.
Risulta dall’autopsia, essere stato ucciso
con un corpo contundente alla testa
per poi essere finito a colpi di martello;
il corpo è stato gettato in un dirupo sulle alture di Savona.
La prima a finire in carcere è l’amante del farmacista.
Si chiama Gigliola Guerinoni, 44 anni, due matrimoni falliti,
una serie interminabile di spasimanti (più o meno fortunati).
I giornali la descriveranno durante il processo
come “la mantide di Cairo Montenotte”.





0005gr

Rotocalchi e telecamere accese nell'aula del tribunale amplificarono enormemente, nella seconda metà degli anni Ottanta, la vicenda processuale di Gigliola Guerinoni, presto ribattezzata dai media "mantide" o "maga Circe" della Valbormida, come pure "dama bionda". La vicenda si discostava dai comuni delitti passionali per diversi motivi, primo fra tutti il profilo del personaggio principale: una ex infermiera di mezza età che aveva aperto una galleria d'arte a Cairo Montenotte, nell'entroterra savonese, e non faceva mistero di avere un vorticoso giro di amanti. Di più, la Guerinoni sembrava capace di manovrare gli uomini a suo piacimento: come la maga Circe della mitologia, appunto. Ma la donna, all'occorrenza, era capace di disfarsene anche ricorrendo all'omicidio: di qui l'appellativo di "mantide" preso a prestito dall'entomologia.

La vittima della Guerinoni fu il suo ultimo amante, Cesare Brin, di 56 anni, facoltoso farmacista, che viveva da solo a Cairo dopo essersi separato dalla moglie, la quale si era trasferita a Rapallo con i due figli avuti da lui. Brin era molto conosciuto in paese non solo per la sua professione, ma anche perché era stato consigliere comunale (per la DC) e presidente della locale società di calcio Cairese, che aveva condotto fino al campionato professionistico di serie C2, e come tale si era distinto in vivaci polemiche con arbitri e dirigenti avversari.


Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1987, viene trovato il corpo senza vita di Cesare Brin: è stato ucciso con un corpo contundente alla testa e finito a martellate ed il corpo gettato in un dirupo a Monte Ciuto, sulle alture di Savona.

La prima a finire in carcere é l'amante del farmacista, sposato e padre di due figli che vivono con la madre a Rapallo.
Lei é Gigliola Guerinoni, 44 anni, due matrimoni falliti, una serie interminabile di spasimanti, bionda, avvenente, occhi chiari, un'ex infermiera divenuta gallerista e dipinta da più parti come una femme fatale per il vorticoso giro di uomini che le ruota attorno.

I giornali la chiameranno "la mantide di Cairo Montenotte", dal nome dell'insetto che uccide i maschi dopo l’accoppiamento.

Uno di seguito all'altro finiscono nell'inchiesta cinque uomini: Ettore Geri, 71 anni, ex amante della Guerinoni, accusato di avere ucciso per gelosia il farmacista su istigazione della donna. Quindi un quartetto formato dall'ex questore Raffaele Sacco; dal consigliere regionale missino Gabriele Di Nardo; dall'imbianchino Giuseppe Cardea e da Mario Ciccarelli, un collaboratore di Brin, tutti accusati dell'occultamento del cadavere del farmacista.

Occorreranno due anni di indagini prima di arrivare al processo.

Di processi ne saranno celebrati tre. Con una sentenza univoca: Gigliola Guerinoni è l’assassina di Cesare Brin.

Assolto in primo grado, l’anziano Ettore Geri verrà condannato per complicità con la donna.





0013fabiobarillafigliod

Fabio Barilla, figlio della Guarinoni

Una storia criminale lineare, se non fosse per la straripante personalità della donna e per la sua spregiudicatezza, due elementi che colpiranno l’immaginario dell’opinione pubblica respinta ed al tempo stesso attratta dalla sua figura. Una donna dominatrice di maschi, arrampicatrice, orgogliosa e – come verrà scritto nelle motivazione della sentenza di primo grado – "abituata a gestire lei i rapporti con gli uomini".

L'hanno bollata con le definizioni più classiche e tenebrose della letteratura che s' è occupata di storie d' amore e di morte: madame Bovary, maga Circe, Mantide.

Per la gente è già colpevole, ancora prima che si arrivi alla sentenza.

Ma Gigliola Guerinoni, una bella donna di 43 anni, capelli rossi, occhi azzurri, tre figli, ripeterà ai giudici della corte d' Assise di Savona, dove comincia il processo contro di lei e altri cinque, che è innocente: nega di aver ucciso, con una bottigliata in testa e colpi di martello, il farmacista di Cairo, Cesare Brin, 56 anni, l'ultimo amante, un tipo esuberante e sanguigno, chiamato dagli amici re Cesare.

Lo aveva conosciuto nel febbraio dell' 87. Ancora ricco, nonostante il denaro perduto nel tentativo di riportare in C2 la squadra di calcio locale, titolare di una farmacia e di molti beni; frequentatore di personaggi di alto bordo; consigliere comunale democristiano, frustrato nelle ambizioni di diventare sindaco.

Marito di una donna ricca, Enrica Colombo, che si è costituita parte civile assieme ai due figli.

Anche lui era impazzito per Gigliola e l' aveva aiutata a trasformare la galleria d'arte in un negozio di antiquariato.

Viveva a pochi metri da lei. Un amore travolgente, tormentato: la sera del 13 agosto 1987 re Cesare andò a trovare Gigliola.

Dalla strada sentirono urla, lamenti. Pochi giorni dopo il cadavere dell'uomo fu trovato in una discarica della spazzatura, a pochi chilometri di distanza.

Secondo gli inquirenti, ad ucciderlo sarebbero stati Gigliola e il suo vecchio amante Ettore Geri, 78 anni, anche lui detenuto.

A dare una mano a nascondere il corpo sarebbero stati un imbianchino, Giuseppe Cardea, un suo collega, Mario Ciccarelli, il consigliere regionale missino Gabriele Di Nardo e il vicequestore di Genova (come grado, non come funzioni) Raffaele Sacco, l'unico ad avere ammesso le proprie responsabilità.



0002avvocatessaemiroseo

L'avvocato della Difesa
Emi Roseo

La storia di questo omicidio è la storia di Gigliola Guerinoni.
Dicono da queste parti: una Dallas perfetta, affogata però in una provincia pettegola e morbosamente curiosa.
Gigliola è figlia di un maresciallo dei carabinieri. Il lavoro di infermiera e il ruolo di moglie di un metronotte non le bastano.
Ha già due figli quando sceglie l'avventura per conto proprio.
Nelle sue poesie parla di un male forte che avverte dentro e del senso di rifiuto per la gente comune.
Lei al centro del suo mondo, della sua cattiva fiaba infantile, gli altri tutti attorno, utilizzati di volta in volta per avere sempre di più.
Ha bisogno di molte conoscenze. Quella di Guttuso, per le sue mostre, è solo millantata.
Altre diventano in fretta qualcosa di più di un semplice rapporto di amicizia.
Ma lei non si sente mai sicura e allora riesce a far convivere mariti e amanti in una incredibile segretezza.
Il primo che va a stare con lei è Ettore Geri, contabile della Scarpa e Magnano, un' azienda elettrica dove lei ha lavorato.
Anche lui pianta moglie e figli e l' aiuta ad affermarsi nel mondo dei galleristi d' arte e anche nella federazione provinciale dell' Msi.
Poi è la volta di Giuseppe Giustini, un architetto-arredatore, giovane e bello, che va a dormire nell' ingresso dell' alloggio dove lei sta con Geri.



0004enricacolombovedova
<p align="center">Enrica Colombo, vedova di Brin

La mezza dozzina di persone coinvolte nell'omicidio erano tutti "ammiratori" della principale imputata, alla quale erano legati da amicizia quando non da rapporti più intimi.

La svolta alle indagini sul delitto arrivò dalle testimonianze di alcuni vicini di casa della Guerinoni e dall'interrogatorio, come teste, del consigliere Di Nardo. Dagli accertamenti risultò che la donna aveva fatto dipingere le pareti di una stanza dopo che lei stessa aveva provato a coprire un muro con la pittura. La necessità di imbiancare quelle pareti nasceva dal fatto che erano sporche di sangue. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Brin era stato ucciso nella notte tra il 12 e il 13 agosto in casa della Guerinoni con un colpo alla testa, sferrato probabilmente con un martello; poi il corpo era stato trasportato in auto fino a Monte Ciuto, e lì scaricato.

Ma l'orrore non si fermava qui: a casa della Guerinoni fu trovato un feto umano. Si trattava del corpicino frutto di un aborto compiuto pochi mesi prima. Il giallo acquisiva via via nuovi inquietanti elementi che contribuivano a sconvolgere l'opinione pubblica.

Di cose da chiarire e domande cui rispondere, la donna ne aveva molte.
Ma Gigliola Guerinoni, forte e combattiva, respingeva ogni accusa: la sua versione dei fatti era che la sera del 12 agosto, mentre era a casa con il farmacista, si erano presentati due fantomatici creditori di Brin, che dopo una violenta discussione lo avrebbero percosso e sarebbero poi usciti con lui. Da allora non aveva saputo più nulla dell'uomo, mentre non era in grado di identificare i due aggressori né di indicare le ragioni del loro comportamento: forse un debito di droga, o un giro d'affari illecito.

Il giudice istruttore di Savona Maurizio Picozzi non credette a questa versione e decise di rinviare a giudizio tutti i sette indagati.
Per il giudice l'amante della vittima aveva ucciso Brin dopo averlo spogliato di ogni avere, e per farlo si era fatta aiutare da Geri, ancora follemente innamorato di lei e geloso del più giovane farmacista.
La tesi innocentista era stata smentita più volte nel corso dell'istruttoria sia dall'ex vicequestore Sacco, sia dalla stessa figlia dell'imputata, che aveva assistito all'omicidio.

Sull'attendibilità di quest'ultima, però, vi erano delle riserve; inoltre restavano da chiarire le rispettive, precise responsabilità della Guerinoni e di Geri: chi aveva ordito il disegno criminoso, e chi lo aveva messo in pratica? Ma anche il movente presentava delle lacune: se Geri era mosso dalla gelosia, da quale fine lo era la donna? E perché la notte dopo il delitto aveva ospitato il vice questore Sacco?

A tali domande fu delegata a rispondere la Corte d'Assise di Savona, davanti alla quale il processo si aprì il 1° giugno 1989 tra la curiosità di un folto pubblico. La Guerinoni, per nulla intimorita dalla folla, si prestò a rispondere in modo amabile, perfino scherzando, alle domande dei giornalisti, e ribadì la propria innocenza.



0003fotoprocesso

Le maggiori attenzioni erano tutte per lei, vero personaggio chiave del caso. Secondo la sua versione dei fatti, nel pomeriggio del 12 agosto 1987 era andata a Rapallo in auto ed era tornata a Cairo insieme a Brin. Giunta a Rapallo, davanti all'erboristeria a quel tempo di proprietà della moglie di Brin, si presentarono davanti al negozio due individui su una Fiat Croma targata Torino. I due parlarono con Brin e poi si allontanarono. Al rientro a Cairo, i due erano già ad attenderli sotto l'abitazione di lei. Salirono tutti in casa e lì i torinesi chiesero al farmacista di saldare un debito di 50 milioni per una fornitura di cocaina.

L'uomo tentò di convincere i due torinesi a dargli alcune cose. Andò in camera da letto per prendere i documenti, ma venne seguito e colpito nella stanza con un portacenere di cristallo. Poi i due lo portarono via, sanguinante, ma ancora vivo. Lei li accompagnò fino alla porta. Non avvisò i carabinieri per paura e cominciò a ripulire l'appartamento dal sangue. Chiese aiuto a Di Nardo e Sacco, senza però spiegare loro cos'era successo.

Interrogata, la Guerinoni definì Cesare Brin geloso e discontinuo. Ribadì che sniffava cocaina; quanto al feto conservato nella sua abitazione, disse che «era il frutto della nostra relazione, anche se io non volevo un figlio con Brin. Fu un aborto spontaneo, e Brin ne era orgoglioso, tanto da decidere di conservarlo nel barattolo» («Ansa», 15.6.1989). Di contro, Ettore Gerì era a suo dire «un santo»: «Ormai lo consideravo come un padre. Penso si sia autoaccusato del delitto, che aveva appreso dai giornali, allo scopo di scagionarmi» («Ansa», 15.6.1989).

Raffaele Sacco nella sua confessione aveva affermato di essere stato chiamato a casa della Guerinoni dalla donna e di aver trovato il cadavere di Brin nell'armadio della stanza da letto. Ma la "mantide" respinse con sdegno queste affermazioni, gridando: «È da venti anni che avevo una relazione con il vice questore, e sono esterrefatta da questa confessione. E veramente un "Sacco" di nome e di fatto. Basta guardarlo e l'uomo si fa la pipì addosso; e la prima notte in guardina l'ha trascorsa imprecando contro il suo membro, "colpevole" di averlo cacciato nei guai» («Ansa», 15.6.1989).

Per quanto riguardava invece le dichiarazioni della figlia, la quale aveva detto di aver visto i genitori accanto al cadavere di Brin e di averli sentiti dire «siamo pronti, andiamo» subito prima del delitto, la donna replicò: «sono discorsi che non voglio neppure sentire. So solo che la bambina era stata minacciata dal giudice istruttore, che le aveva ricordato che i suoi genitori erano già in prigione, e che c'era ancora una guardina aperta anche per lei» («Ansa», 15.6.1989).

Di queste affermazioni la Guerinoni fu chiamata a rispondere in un altro processo per calunnia dopo la denuncia dello stesso giudice istruttore Picozzi, che la donna tra l'altro aveva annoverato fra i numerosi amanti avuti in passato.

Interrogato a sua volta, Ettore Geri ritrattò per due volte la confessione resa in istruttoria, che definì «un atto d'amore per salvare la mia amica», e si proclamò a sorpresa completamente innocente, aggravando così la posizione della ex compagna, dicendo: «Sono entrato in casa e ho visto il cadavere di Brin con a fianco Gigliola» («Ansa», 22.6 e 29.7.1989).



0006testi



0007ku

La Guerinoni, dopo la sentenza,
viene baciata dalla figlia...

Nella stessa udienza si apprese che Soraya aveva l'abitudine di registrare le telefonate che giungevano a casa; una di queste, tra Brin e Geri, fu ascoltata in aula: Geri, rispondendo a Brin che gli chiedeva spiegazioni su alcune sue presunte minacce, affermava: «io non ti ho mai minacciato, te lo giuro sulla mia bambina» («Ansa», 22.6.1989).

Nella sua deposizione, Gerì affermò che «la sera del delitto, la notte tra il 12 e il 13 agosto 1987, ho visto Gigliola nella sua camera da letto a fianco del cadavere seminudo di Brin», facendo sbiancare la Guerinoni; ma questa si riprese subito e disse ai giornalisti: «Da una persona così anziana non ci si poteva aspettare altro» («Ansa», 22.6.1989).

Gerì cercò poi di smontare l'ipotesi secondo la quale l'omicidio di Brin era scaturito dalla sua gelosia: «La mia relazione con Gigliola, durata tre o quattro anni, si è in pratica spenta nel 1979, quando abbiamo cominciato a dormire ognuno nella propria stanza. Ormai mi chiamava paparino, e non mi interessava nulla dei dieci o cento amanti che aveva fuori» («Ansa», 22.6.1989).

L'uomo però confermò i dissapori con i due e soprattutto con la vittima, aggiungendo di avere chiesto a un certo punto alla coppia un centinaio di milioni di lire per uscire dalla loro vita, e ammise pure di non tollerare che la Guerinoni avesse portato nella loro casa Brin, tanto che spesso rimproverava all'ex amante: «Ma porca miseria, lo fai addirittura dormire nel nostro letto, davanti agli occhi di nostra figlia. Dal sapere al vedere c'è differenza. Non ero un robot, anche se tra noi non vi era più una unione carnale» («Ansa», 22.6.1989).

Infine Gerì raccontò altri particolari che cozzavano con la versione della donna. Ribadì che la notte del delitto a casa c'era anche Soraya e che nel garage era parcheggiata l'auto della Guerinoni, fatti negati dalla gallerista che, parlando della sua auto, aveva detto che era stata portata via dai due sconosciuti che avevano aggredito Brin. Gerì non seppe spiegare i motivi del delitto («mi sono trovato in quell'appartamento perché Gigliola mi aveva telefonato di non sentirsi bene») e del secondo marito della Guerinoni, Giuseppe Gusti-ni, portato anche lui nel 1979 a vivere nell'appartamento di Cairo, disse: «Era un brav'uomo, e ho saputo soltanto in questi ultimi tempi che nel settembre del '79 si era sposato con Gigliola» («Ansa», 22.6.1989).



0008xu

Durante il processo Gigliola Guerinoni recita molti ruoli: l’amante passionale, la madre ferita, la cinica avventuriera, l’ingenua tradita. Infilata in un tailleur bianco, pallida sotto il trucco leggero, i capelli biondi fermati da un nastro, è ancora bella nonostante i suoi quarant’anni passati. Provoca ancora turbamento negli uomini. Già, gli uomini. Gigliola, come s’è detto, ne ha avuti parecchi: una guardia notturna, un contabile, un arredatore, un farmacista (ahi lui, finito al cimitero). Insomma, uno per ogni esigenza: economica, amatoria, politica, giudiziaria.

Molto discretamente «la mantide» ne aggiunge anche un altro: quello del giudice istruttore Maurizio Picozzi, ex pretore di Cairo Montenotte, che ha avuto la insensibilità di rinviarla a giudizio e di non essere stato galante nei suoi confronti durante l’istruttoria. In una contorta memoria consegnata al presidente della Corte d’Assise (Franco Becchino è il suo nome...) Gigliola intende ricusare il giudice e rivela i particolari di una sorta di love story che avrebbe influenzato, in maniera negativa, tutta l’istruttoria, costruita per vendetta.

Nessuno le crede, ovviamente: si tratta di un ultimo tentativo di fermare il processo. Un processo che vede la sfilata di ben 114 testimoni fra cui mogli tradite, una per tutte la vedova di Cesare Brin.
Nelle more del processo d’appello, dopo la condanna a 24 anni di carcere, concede una intervista ad un settimanale.
Le sue risposte sono quanto di più sconcertante si possa pensare. Eccone un esempio: «Di me hanno fatto scempio, hanno affondato il coltello nella mia vita privata e hanno gettato tutto in piazza; mi hanno tolto anche ciò che possedevo... Qui, nella mia casa, in attesa del giudizio d’appello, non ho più nulla... Si sono portati via i mobili, i termosifoni, i lampadari. Lo hanno fatto perché, dicono, le cose della Guerinoni hanno mercato e si vendono bene... Persino la biancheria mi hanno rubato... Quello che indosso mi è stato regalato dalla gente...». Ed ancora: «C’è anche chi mi è vicino e mi offre il suo sostegno. Molti lo fanno di nascosto, per paura di avere noie dai Carabinieri, ma non importa. Io comunque li sento vicini e questo mi è di grande aiuto. Vengo da una famiglia religiosissima e sono abituata a dare. Nella mia vita ho dato molto e ora ricevere mi commuove».



0009xtf

Il processo d'appello si protrasse per 24 udienze contraddistinte da istanze e memoriali, in gran parte non tenuti in considerazione dalla Corte. I giudici ritennero valida la prima confessione rilasciata da Gerì nonostante le successive ritrattazioni.

Prima del loro ritiro in camera di consiglio, la principale imputata chiese, con le lacrime agli occhi, la parola per ribadire la propria innocenza: «Volevo ricordare che non sono un personaggio della mitologia greca. La mia dignità è stata distrutta. Dal profondo del mio dolore chiedo che sia riconosciuta la mia innocenza. Nella mia vita ho fatto tanti sbagli, di avere amato, di avere raccolto e mantenuto tanti affetti, ma non sono un'arrampicatrice sociale perché non ho mai avuto nulla. Attraverso questa storia di affetti la memoria può restare limpida senza bisogno di essere infangata. Tutti si può sbagliare. Ho dialogato molto con il Cristo che è sopra di voi perché possa avere un Natale diverso sia io che la mia famiglia. In questo io ci spero» («Ansa», 1.12.1990).

Dopo oltre sei ore di camera di consiglio, i giudici confermarono la condanna a 26 anni e sei mesi per la donna, ma condannarono anche il suo ex convivente Ettore Gerì a 15 anni, riconoscendo entrambi colpevoli dell'omicidio volontario del farmacista. Nei confronti della Guerinoni la Corte ristabilì il provvedimento di arresti domiciliari, mentre Gerì rimase a piede libero in attesa della decisione della Cassazione alla quale tutti i difensori annunciarono ricorso. Confermate o leggermente ridotte le pene degli imputati minori.



0011mu

Il Giudice Franco Becchino
mentre legge la sentenza di condanna
per Gigliola Guerinoni

La sentenza accolse la tesi della pubblica accusa, che aveva parlato di un delitto preordinato, ideato e diretto dalla Guerinoni, ma poi compiuto con l'aiuto dell'anziano Gerì. La notte del 12 agosto 1987 l'anziano uomo, chiamato dalla Guerinoni, si era recato nell'alloggio dell'ex gallerista dove si trovava Brin che dormiva. La donna avrebbe inferto un primo colpo, poi Gerì avrebbe finito la vittima a colpi di martello. Quindi il corpo, sotto la regia dell'ex vicequestore Sacco, sarebbe stato occultato con l'aiuto di Ciccarelli e Cardea. Fu confermata l'assoluzione da questa accusa per Di Nardo.

«Dove sbagliano gli uomini, Dio li corregge» si limitò a dire l'ex gallerista, aggiungendo che sarebbe diventata presto nonna: Soraya, la figlia ancora minorenne nata dalla sua relazione con Gerì, era infatti in attesa di un figlio.
L'imputata spiegò: «Questo avvenimento lo vedo come un buon presagio di Dio, un germoglio di vita. Le ragazze oggi sbandano e abortiscono, il fatto che Soraya che proprio oggi ha compiuto 16 anni non è ricorsa a questo è per me gratificante» («Ansa», 1.12.1990).

Con un provvedimento del Tribunale per i minorenni di Genova, pochi mesi dopo alla Guerinoni e a Gerì venne tolta la patria potestà sulla figlia. L'uomo dovette pure tornare in tribunale per rispondere della morte di un anziano agricoltore di Pontinvrea (Savona) che aveva investito con l'auto nell'ottobre del 1990.

In compenso la donna ancora una volta evitò il carcere: le furono infatti concessi gli arresti domiciliari, misura detentiva che nell'estate seguente venne addirittura meno per decorrenza dei termini.
La legge prescriveva infatti che entro quattro anni dovessero concludersi i tre gradi di giudizio, ma il terzo processo in Cassazione non si era allora ancora svolto. Contro la sentenza di secondo grado la Procura Generale di Genova aveva presentato ricorso alla Suprema Corte per ottenere l'ergastolo per la Guerinoni e un aumento di pena (26 anni) per Geri.

Riottenuta la libertà, la Guerinoni si rese protagonista di una "fuga" rocambolesca dalla villetta nell'entroterra savonese dove stava trascorrendo gli arresti domiciliari: chiusa nel bagagliaio di un'auto, per sfuggire alle decine di giornalisti e fotografi che la "assediavano".



0012sl

In seguito la donna cambiò atteggiamento e ricercò l'attenzione della stampa per ribadre di essere innocente e di sentirsi vittima di una macchinazione. La famiglia Brin criticò le sue apparizioni in trasmissioni televisive e sui giornali, ma l'Associazione nazionale vittime dell'ingiustizia rese noto che la Guerinoni aveva devoluto ad essa venti milioni di lire per diritti televisivi e giornalistici, e si preparava a versarne altri cento in occasione del processo in Cassazione.

L'ultima parola sull'omicidio arrivò il 17 dicembre 1991. I supremi giudici confermarono per tutti le condanne di secondo grado, rendendole esecutive. La principale imputata, che aveva atteso la sentenza in una località in provincia di Bologna, dove si era ritirata da circa un mese per sfuggire alla curiosità del pubblico e dei giornalisti, si costituì insieme a Gerì ai carabinieri del capoluogo emiliano.

I magistrati della Cassazione considerarono per lo più valida, e ben motivata, la sentenza di secondo grado annullandola solo nella parte concernente l'esclusione di una circostanza aggravante. Risultarono acquisite alcune circostanze determinanti, come la testimonianza di tre passanti che dichiararono di aver udito rumori sospetti provenire dalla camera della Guerinoni, e il tentativo di cancellare con una «maldestra opera di tinteggiatura» le macchie di sangue sui muri («Ansa», 16.1.1992).

Questa la ricostruzione definitiva dei fatti avvenuti nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1987: Gigliola Guerinoni telefona a Geri pregandolo di raggiungerla subito a casa; Cesare Brin, che si trova da lei, è ancora vivo. Poco dopo, alcuni passanti sentono dei rumori: come ricorda la Cassazione, «quelli dell'omicidio e non quelli dei movimenti compiuti per cancellare le tracce» («Ansa», 16.1.1992).

Poi, come aveva raccontato Raffaello Sacco, i due vestono il cadavere e lo lasciano seduto nell'armadio. Il farmacista, ormai morto, viene fatto sedere in auto accanto alla donna, che è al posto di guida. Ha il viso nascosto da un cappello e la testa «appoggiata nei pressi del tetto dell'auto per impedire che ciondolasse durante il viaggio»; tale descrizione «ha trovato puntuale riscontro in dati oggettivi, come le macchie di sangue sulla tappezzeria dell'auto, e in precise testimonianze, come la deposizione del benzinaio che notò Brin con il cappello in testa nonostante la stagione estiva» («Ansa», 16.1.1992). Il suo corpo fu infine gettato da un dirupo.



0010pg

L'ultima carta da giocare alla Guerinoni restava la revisione del processo. La tentò più volte, inviando memoriali su memoriali ora per rivendicare la propria innocenza, ora per sostenere di essere in possesso di elementi sul "caso Brin" tali da far riaprire le indagini.

Il nuovo compagno della donna, Luigi Sacripanti, 40 anni, bolognese, sposato e divorziato, arrivò ad accusare del delitto l'ex consigliere regionale Gabriele Di Nardo, che reagì querelando sia lui che la Guerinoni.

Anche uno dei figli della vittima chiese, a dieci anni dai fatti, di riaprire il caso.

Corrado Brin riteneva che sul delitto «sia stata fatta chiarezza al 90 per cento» («Ansa», 17.7.1997).

Ma nessuna di queste richieste fu mai accolta. Ettore Geri, dal canto suo, dopo la condanna definitiva a 15 anni di reclusione chiese la grazia al presidente della Repubblica.

Tornata in carcere alla fine del 1991, Gigliola Guerinoni vi rimase per altri sette anni, durante i quali si sposò per la terza volta, con Sacripanti. L'uomo era anch'egli detenuto, per furto.

Quattro anni dopo la donna chiese il divorzio motivando la sua decisione con il fatto che, quando sarebbe uscita dal carcere, nel 2018, sarebbe stata «una povera vecchia» e quindi voleva dare al marito, di dieci anni più giovane, la possibilità di rifarsi una vita («Oggi», 17.9.1998).

In realtà la "dama bionda" uscì molto prima. A detta del suo legale, Roberto Bellogi, le sue condizioni fisiche e psichiche non le consentivano più la permanenza in carcere.



Trascorse un primo, breve permesso in un convento di Roma; poi, alla fine del 1998, ottenne un altro permesso per trascorrere le vacanze natalizie e di Capodanno con la figlia e i nipoti, a Savona. Geri beneficiava già della semilibertà. Ma l'assedio" di giornalisti e fotografi la convinse a rientrare in carcere dopo soli tre giorni.

Ottenuta la semilibertà, la Guerinoni per dimenticare il passato ha scelto una "casa ferie" di religiose, l'Istituto delle Serve di Maria, a due passi da piazza Navona a Roma.
Qui lava e stira in un piccolo locale adibito a guardaroba. Oltre al lavoro, si dedica alla preghiera, ma non rinuncia a professare la propria innocenza.

Ha ammesso ad alcune suore con le quali è più in confidenza: «Nel passato ho sbagliato come donna perché ho abbandonato un marito e due figli che mi volevano bene, ma io non ho mai ucciso nessuno e se avessi i soldi per pagarmi avvocati importanti, oggi sarei già fuori dal carcere» («Il Secolo XIX», 20.9.2002).

Secondo le religiose che la ospitano, «ha cambiato tipo di vita, ma ha ancora un gran fascino: è una donna colta, fine, non è una che guarda le soap opera. Quando non lavora, risponde alle decine di lettere di persone, anche ammiratori, che le scrivono in carcere, ma anche qui oppure scrive articoli per qualche giornale di parrocchia: raccoglie gli sfoghi di persone sole e qualche volta parla anche della sua sofferenza, di come tante persone non l'hanno ascoltata e creduta» («Il Secolo xix», 20.9.2002).



Edited by filokalos - 2/2/2013, 22:38
 
Contacts  Top
Email Form
view post Posted on 5/10/2010, 17:24     +1   -1




last few days our class held a similar talk on this subject and you show something we have not covered yet, thanks.

- Laura
 
Top
view post Posted on 5/10/2010, 18:15     +1   -1
Avatar

Super Ñasual Dating - Authentic Maidens

Group:
Magazzinieri
Posts:
1,960
Location:
Usa

Status:


Are my pages read out Italy, too? :blink:
I'm very surprised and glad to be useful ... ^_^

By the way, welcome in the Muses' Forum... :kiss:

 
Contacts  Top
view post Posted on 11/10/2010, 13:09     +1   -1
Avatar

Super Ñasual Dating - Authentic Maidens

Group:
Magazzinieri
Posts:
1,960
Location:
Usa

Status:


image

Per un beffardo gioco del destino o per un incredibile serie di coincidenze, qualche giorno dopo che "riesumassi" questa storia, il paese di Cairo Montenotte è balzato ancora una volta agli "orrori" della cronaca...


Stuprata una bimba di 2 anni da un 21enne savonese



Al che, mi chiedo: Che cosa c'è nell'aria di quelle zone?
:huh:

 
Contacts  Top
3 replies since 16/9/2010, 07:53   3960 views
  Share