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Art Spiegelman & Mr. Maus

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view post Posted on 6/12/2010, 10:17     +1   -1
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Art Spiegelman & Mr. Maus

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L'autore del fumetto sull'Olocausto ha lanciato
quella che oggi si chiama graphic novel.
Art Spiegelman, descrive il suo personale punto di vista
e perché detesta le opere sulla Shoah come «Schindler's List»





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Nato a Stoccolma nel 1948, Art Spiegelman ha vinto un Pulitzer Prize nel 1992 per il suo capolavoro, Maus, un romanzo a fumetti che racconta l'Olocausto mettendo gatti e topi al posto di tedeschi e ebrei.

Art Spiegelman è l'autore che più di ogni altro ha contribuito ad elevare lo status del fumetto da semplice mezzo di intrattenimento a fenomeno culturale in grado di toccare le realtà più complesse e dolorose.

Con Maus, Spiegelman ha portato milioni di lettori negli incubi di suo padre Vladek, deportato ad Auschwitz.

Dopo anni di articoli e illustrazioni per i maggiori magazine americani, oggi Spiegelman produce con la moglie (Françoise Mouly, art director del New Yorker) fumetti di qualità per i più giovani.



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Dopo questa "svolta storica" del fumetto Spiegelman spiega cosa successo a questa forma di narrazione...
«Un paradosso: proprio ora che la considerazione generale per il fumetto è cresciuta, il fumetto è in crisi di originalità. Il fatto è che in editoria tutto quello che vende bene viene imitato, e questo blocca sul nascere le nuove tendenze. La crisi creativa è molto evidente nelle storie a fumetti lunghe, ossia le graphic novel».



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Formato che proprio lui ha fatto affermare con il suo Maus...
«Maus è nato dal desiderio di realizzare un fumetto che avesse bisogno di un segnalibro!
Il problema è che è diventato una specie di formato standard per le graphic novel. Oggi se vuoi pubblicare un romanzo a fumetti in America, devi superare le duecento pagine. Cosi le storie si gonfiano a dismisura, contro la natura del fumetto che invece è una forma d'espressione molto compressa e intensa. Anche Maus, a suo modo, è compresso: ho racchiuso in trecento pagine una storia che poteva occuparne mille».


Nei progetti futuri di Spiegelman c'è, come lui stesso afferma:
«Dopo anni in cui ho cercato in ogni modo di evitarlo, perché faticoso e per me emotivamente devastante, mi sto dedicando a MetaMaus, raccolta ragionata del materiale che riguarda Maus: disegni, bozze alternative, fotografie, le interviste che ho fatto a mio padre. Devo farlo ora perché l'anno prossimo sarà il 25esimo anniversario di Maus. Ed è meglio fare uscire MetaMaus per il 25esimo anniversario piuttosto che per il 26esimo! Poi collaboro al progetto Toon di Françoise: fumetti per imparare a leggere divertendosi. In America i libri per avviare alla lettura sono pessimi e noiosi. Ci trovi frasi come "Guarda Bob. Guarda Bob che corre. Corri, Bob, corri!". Il vantaggio didattico del fumetto è che i personaggi possono "recitare", ossia accompagnare con la mimica le lettere astratte che si trovano nei balloon».



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Riguardo a come sia cambiato il mestiere del fumettista rispetto a quando lo intraprese lui, dice: «Oggi un giovane disegnatore di fumetti è visto, più o meno, come un musicista rock indipendente. Quando ero ragazzino, invece, dire che si lavorava nei fumetti era come confessare: "Oh, sì, nella vita faccio il borseggiatore!". Era una cosa che non impressionava le ragazze ai party, insomma. I miei genitori erano molto preoccupati per il mio desiderio di fare del fumetto la mia professione: mi preferivano dentista. Mio padre mi diceva: "Artie, se diventi dentista, potrai sempre disegnare i tuoi fumetti di notte. Ma se fai il fumettista, nessuno verrà a farsi curare i denti da te!"». :P

Per fortuna ha vinto lui... ^_^
Che racconta:
«Alla fine mi iscrissi ad una commercial art school: una scuola di avviamento professionale (e non artistico) dove si studiava disegno allo stesso modo in cui si impara a riparare un frigorifero. Poi fui coinvolto dal boom del fumetto underground. A 17 anni portai i miei disegni ad una delle prime riviste underground, YEast Village Other. Mi dissero: "Hmm. Interessante. Ma non potresti metterci un po' di sesso e droga?". Io allora non ne sapevo molto di sesso e di droga. Così andai al college, conobbi sesso e droga e tornai alleasi Village Other».

C'è un episodio chiave nella biografia di Spiegelman che spiega la trasformazione da fumettista a artista:
«Una volta, ad una mostra di Picasso, il mio amico Ken Jacobs mi invitò ad immaginare i suoi quadri come fumetti giganti. "Picasso è un artista come te", mi diceva. "Anche lui sta chiuso nel suo studio a masturbarsi tutto il giorno!". In realtà poi ho scoperto, con grande invidia, che non era vero: Picasso faceva l'amore con molte delle sue modelle».



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E poi, negli anni Ottanta, con sua moglie ha fondato la rivista Raw, dedicandosi lungamente a Maus.
In realtà il senso di colpa è qualcosa che Spiegelman ha sempre associato a Maus: «non solo l'Olocausto come colpa che il mondo ha ereditato, ma anche il mio senso di colpa personale di fronte ai miei genitori per non aver condiviso le loro esperienze terribili, per avere avuto una vita facile».




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Spiegelman compare come personaggio in Maus, ma la sua presenza non è mai invadente. Mentre in diversi altri casi di arte sull'Olocausto, l'autore tenta di imprimere il suo marchio. Si pensi a Schindler's List, alla trovata del cappottino rosso della bambina, unica cosa a colori di tutto il film, per il quale il fumettista svedese dice: «Ho coniato il termine Holokitsch per quelle opere che trattano l'Olocausto tradendo la hybris dei loro autori. Artisti che pensano: "Ora farò un film o un libro importante: la portata dell'argomento non mi intimidisce" o che magari cedono alla tentazione di sfruttare l'orrore per il suo potente contenuto emotivo. Questi sono i peccati di Spielberg in Sehindler's List. Per Benigni è diverso: così come io amo i fumetti come forma d'arte, Benigni mostra nei suoi film di amare il cinema. Nel caso particolare de La vita è bella, però, ciò che ha ottenuto è suggerire che i film e la commedia sono meravigliosi perché ci aiutano a sfuggire agli orrori della realtà. Ma noi non possiamo - e non dobbiamo - fuggire dall'Olocausto. È assurdo e pericoloso ridurre l'Olocausto a una sorta di brutto periodo che puoi superare con un po' di allegria». :no no:



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Articolo Originale
di
Giuliano Aluffi


Edited by filokalos - 6/12/2010, 11:26
 
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