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Marilyn: la "bambola" che diventò un mito!

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view post Posted on 1/3/2011, 10:06     +1   -1
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Marilyn: la "bambola" che diventò un mito!

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Le riflessioni intime della donna
più desiderata del mondo.
La violenza sessuale
e le frustate della zia.
Il terrore di essere uccisa
dal cognato dei Kennedy
(e amico di Sinatra).
L'erotismo ostentato.
La faccia segreta
dell'icona del Novecento




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Anna Strasberg

La storia inizia con Anna, giovane vedova del fondatore dell'Actors studio, Lee Strasberg, che, nel 2007 scopre due scatoloni, ereditati, con gli altri beni, dal marito morto nell'82, facendo ordine in soffitta.
Il marito, a sua volta, li aveva ricevuti alla morte di Marilyn Monroe, nell'estate del 1962.

Strasberg aveva appena pronunciato l'elogio funebre della sua protetta.

Poi, sfinito dal dolore, aveva gettato in soffitta quelle carabattole: foto, lettere, appunti su carta d'albergo, taccuini, agende.

Tutta la vita di una stella dentro due scatole.

Quando Anna le ritrova, hanno addosso 45 anni di polvere...

Ma capisce subito di avere in mano un vaso di Pandora. :o no?:



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Si tratta del diario segreto, non destinato alle stampe, dell'icona più famosa del mondo dopo la Gioconda di Leonardo.

Legge un passo a caso: «Sola! Sono sola - sono sempre sola comunque sia. L'unica cosa di cui aver paura è la paura».

In quelle pagine zeppe di refusi, scritte da dislessica, la diva della Mecca del cinema è nuda. Senza maschera.
E il suo mito ne esce ribaltato. Se possibile, ancora più carico di mistero.

«La raccolta di documenti pubblicata per la prima volta in questo libro è un vero e proprio tesoro nascosto... negli anni e nei decenni che verranno è possibile che emergano altri testi scritti da Marilyn. Per il momento questo volume contiene tutti quelli disponibili» affermano nella presentazione a Fragments i curatori Stanley Buchthal e Bernard Comment.



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Ci sono le sue poesie: «Oh Dio come vorrei essere morta/assolutamente inesistente/scomparsa da qui/da ogni posto».

Pensieri: «Non più una bambina sola e spaventata. Ricordati che puoi avere il mondo ai tuoi piedi (non è così che sembra)».

l suoi incubi: «Mi aprono...e non trovano assolutamente nulla... è uscita soltanto segatura così sottile - come da una bambola di pezza - e la segatura si sparge sul pavimento e il tavolo».

Un brutto anatroccolo che vuole diventare cigno.



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Norma Jeane Mortenson nasce a Los Angeles il primo giugno del 1926.

Padre ignoto, mamma e nonna in manicomio. Viene affidata a dodici famiglie e a orfanotrofi.

Per liberarsi, nel giugno del 1942, sposa Jim Daugherty.

Ha sedici anni.

Confessa: «Mi sentivo molto attratta da Jim perché era uno dei pochi ragazzi per cui sessualmente non provavo repulsione».

Marilyn si riferisce allo stupro subito a dieci anni.

Un altro episodio le riaffiorerà alla mente tra il '55 e il '56.

Lo annoterà dopo un anno di analisi con la dottoressa Margaret Hohenberg, quando passa settimane a studiare Freud.

«Paura di toccare il mio corpo dopo Buddy, perché z.l. (si tratta della prozia Ida Martin) mi ha castigata con la paura e mi ha frustata, la parte cattiva del mio corpo, ha detto, mai toccarmi lì né lasciare che nessuno mi tocchi - lavarmi con la salvietta, l'acqua scorre via».



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Da Jim divorzierà nel 1946.

Intanto, l'America è cambiata.

Marilyn ha i primi contatti con la Fox.

Cambia nome.



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Un'immagine dal film
"Giungla d'Asfalto"

Così racconta i suoi inizi: «Ero una ragazzina piccola e esile, a 15 anni avevo fatto una cosa in tv, una parte da protagonista e la modella ogni tanto. Con innumerevoli opportunità nel cinema... così che da fuori potrebbe risultare inconcepibile che avevo preso le mie piccole insicurezze e le avevo accumulate».


Nel 1950 gira Giungla d'asfalto di John Huston. Ruolo minore, critiche eccellenti.

Il regista la presenta allo scrittore Truman Capote. Diventeranno amici.

Scoppia intanto la guerra in Corea.

Nel 1952 Marilyn posa nuda per il calendario di Playboy.

Scandalo. Lei replica: «Avevo fame». :cry:

Il Paese, che ha appena eletto il repubblicano Eisenhower presidente, resta conquistato dalla sua sincerità.



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Nel 1953 infila un successo dietro l'altro.

Scrive: «Paura di farmi dare le battute nuove, forse non riuscirò a impararle, forse sbaglierò, penseranno che non sono brava oppure rideranno, penseranno che non so recitare. Le donne avevano un'espressione critica, sottile e fredda in generale, paura che il regista pensi che non sono brava. Ripenso a quando non sapevo fare un accidente di niente, poi cerco di farmi coraggio».

L'anno dopo, in Giappone, si esibisce per i soldati di stanza in Corea.

«Ho visto un sacco di giovani marinai soli che sembravano troppo giovani per essere così tristi. Mi ricordavano giovani alberi snelli e tristi che stanno ancora crescendo».

Il 1954 è l'anno della svolta.

A gennaio sposa Joe Di Maggio, leggenda del baseball («Con la mazza sapeva fare punti» confiderà a Truman Capote).

Marilyn non dedica una riga di diario al loro matrimonio.

Divorzieranno nell'ottobre dello stesso anno.


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Marilyn Monroe insieme a Joe DiMaggio




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La scena di "Quando la moglie è in vacanza"
entrata nella leggenda del cinema
e cuasa del divorzio con Joe DiMaggio

Appena in tempo per girare a New York Quando la moglie è in vacanza riprendere, il 15 settembre, la famosa scena sulla griglia di aerazione, con il vento che le solleva la gonna.

La piazza va in tumulto, Di Maggio esplode di rabbia. Ma Marilyn è decisa.

Quella scena ha un valore cruciale, non solo nella storia del cinema. Ma per lei.

Afferma nel diario: «La vita comincia adesso. Obbedisco ancora a Ida (la zia che l’ha frustata dopo lo stupro). Nel mio lavoro – non voglio obbedirle più e posso fare il mio lavoro con la pienezza che voglio da quando ero bambina... non mi lascerò spaventare o prendere dalla vergogna dei miei genitali svelati, conosciuti e visti. E allora?... provo sensazioni con una forte carica sessuale da quando ero bambina... voglio recitare la mia scena... con tutta la sincerità che posso... non importa quello che pensano e come mi giudicano... il mio corpo è il mio corpo tutto intero... senza vergognarmi delle mie sensazioni, pensieri o idee... senza pentirmi di aver detto quello che ho
detto se è realmente vero per me anche quando non viene capito».



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Un'immagine di Marilyn
durante il talk show
Person to person

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Una delle rare foto in cui Norma-Marilyn
si faceva chiamare Zelda Zonk

Nel Natale del '54 Marilyn scappa da Hollywood, sbarca a New York come una spia, occhiali scuri e nome falso (Zelda Zonk), per dichiarare guerra alle major cinematografiche e annunciare la nascita di una casa di produzione indipendente, grazie alla quale d'ora in poi interpreterà solo «ruoli seri».


La stampa la dileggia, Hollywood le giura vendetta.


Allora lei (è l'aprile del '55) va in tv, in collegamento dal Connecticut con il talk show Person to person, a lanciare la sua crociata.


La seguono cinquanta milioni di spettatori.


La diva della commedia americana è diventata una potenza mediatica.




I Kennedy.



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Il primo riferimento indiretto, inquietante, sul diario di Marilyn porta la data del '56.

«La sensazione di violenza che provo negli ultimi tempi. A proposito della paura di Peter, paura che possa farmi del male, avvelenarmi ecc. Perché, sguardo strano nei suoi occhi, comportamento strano… niente nei miei rapporti personali e di lavoro mi spaventa, tranne lui. In diverse occasioni mi sono sentita molto a disagio con lui… Peter vuole essere una donna e vorrebbe essere me. Forse qualcuno leggerà? Non credo»


Marilyn ha paura.


Il Peter di cui parla è l'attore Peter Lawford, amico della Monroe e cognato di John e Robert Kennedy, di cui sposerà di lì a poco la sorella Patricia.


Marilyn, nonostante la paura, frequenta con regolarità la futura coppia mentre il 19 novembre del 1961 avrebbe conosciuto, nella loro villa di Santa Monica, il presidente degli Stati Uniti.


Lawford, attore di origine inglese, è anche un membro dei leggendari Rat Pack di Frank Sinatra («branco di ratti», soprannome coniato dall'attrice Lauren Bacali dopo averli visti rientrare da una notte brava) insieme a Dean Martin, Sammy Davis jr. e Joey Bishop.


Fiumi d'alcol, belle donne, amicizie inquietanti.

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Fiumi d'alcol, belle donne
(tra queste anche Marilyn)
e danze sfrenate nelle feste dei Kennedy

Come quella con il boss della Cosa Nostra di Chicago, il siciliano Sam Giancana, ex guardaspalle di Al Capone.

Ma l'America offre sempre una seconda opportunità.

Nel giugno del '56 Marilyn sposa il drammaturgo Arthur Miller.



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Arthur Miller & Marilyn Monroe

Il paese vive un clima da guerra civile.

E il cuore nero della contesa è proprio Hollywood.

Da un lato, il maccartismo e i metodi inquisitori del capo del Fbi Edgar J. Hoover, dall'altro la nascita della commissione per i diritti civili.

Anche Marilyn sembra divisa in due.

È al fianco di Miller quando questi viene processato davanti alla commissione per gli Affari antiamericani.

Ma nello stesso tempo è legata, come afferma nel diario, a un rapporto filiale con il regista Elia Kazan, che invece a quella commissione aveva fatto i nomi della Hollywood filocomunista
Marilyn scriveva: «Mi ha amata per un anno e una volta mi ha cullata fino a farmi addormentare».

Era stato proprio Kazan a presentarla a Miller.

Cortocircuito? No, sembra un periodo felice. Marilyn studia recitazione all'Actors studio di New York con Lee Strasbeig, va con Miller a Londra a girare Il principe e la ballerina di Laurence Olivier, conosce la regina Elisabetta.

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Il principe e la ballerina



Legge Joyce e Faulkner, vuole diventare la grande attrice moglie del prestigioso drammaturgo.

Ma il Fato le è contrario.

Un giorno trova per caso il diario del marito, che si dice deluso di lei e in imbarazzo per i suoi comportamenti.

Cade in una cupa depressione.

«Sullo schermo di un nero assoluto ricompaiono le sagome dei mostri, miei più fedeli compagni... ah pace, ho bisogno di te, anche solo di un mostro pacifico».

E ancora: «Sono una ballerina che non sa ballare».



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A qualcuno piace caldo

Un anno di terapia non è servito a nulla («Aiuto, aiuto, sento la vita farsi più vicina quando voglio solo morire»), il matrimonio frana («Profondo terrore di essere davvero la moglie di qualcuno dato che nella vita ho imparato che non si può amare un'altra persona mai veramente»).

E gli incroci pericolosi si infittiscono. Tra l'agosto e la fine del '58 gira A qualcuno piace caldo di Billy Wilder.

Al posto di Jack Lemmon doveva esserci Frank Sinatra.

Non c’è. Lei ci resta male.

Nel 1960 Kennedy vince la corsa alla Casa Bianca contro Nixon.

La letteratura americana vive la sua stagione d’oro: Bellow, Burroughs, Faulkner, Roth, Updike, Silvia Plath, Singer, Salinger.

Nel novembre dello stesso anno uno scarno annuncio rende pubblica la separazione tra Marilyn Monroe e Arthur Miller.

Sempre nel ‘60 l’attrice vince il Golden Globe.

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Marilyn Monroe riceve il Golden Globe
(e i calorosi complimenti) da Rock Hudson nel 1962



Nel febbraio del ‘61 la situazione precipita.

Marilyn è in cura a New York dalla dottoressa Marianne Kris.

Contro la sua volontà, e su indicazioni del medico, viene ricoverata nell’ospedale psichiatrico Payne Whitney.

Scrive a Lee Strasberg una missiva disperata, chiede di essere liberata.

«Finirò di certo per diventare matta anch’io se resto in questo posto da incubo… sono sul piano dei pazienti pericolosi! Mi hanno rinchiuso qui con una menzogna, la porta era chiusa a chiave, così io ho rotto il vetro ma a parte quello non mi sono rifiutata di cooperare».

Strasberg non può fare nulla, non è un parente.

Deve intervenire l’ex marito, Joe Di Maggio.

E Marilyn si riconcilia con lui e sul diario spenderà parole commosse: «La sera del 25 mi ha mandato una foresta di stelle di Natale. Ho chiesto alla mia amica Pat chi le avesse mandate. Non lo so, mi ha detto, sul biglietto c’è scritto solo Joe. Allora gli ho risposto: be’, c’è un solo Joe».


Della sua reclusione, terrà un diario nel diario: «Mi hanno chiesto perché non ero contenta, c’erano sbarre dappertutto su lampade, cassetti, bagni, ripostigli, finestre. Le porte hanno le feritoie, così i pazienti sono sempre visibili, e poi la violenza e i segni sugli altri pazienti che restano nelle pareti… poi le grida delle donne nelle loro celle. In momenti come quelli avrebbe dovuto essere disponibile uno psichiatra, per alleviare la loro pena… la sofferenza di un essere umano potrebbe insegnargli qualcosa… ho la sensazione che invece si preoccupino solo di mantenere la disciplina… quattro energumeni mi hanno prelevato di peso e portata al settimo piano… faccia il bagno, mi ha intimato una energumena… lei è malata, molto malata, da tanto, tantissimo tempo, mi hanno detto…».



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Marilyn appena dimessa dall'ospedale psichiatrico
in compagnia del suo ex-marito Joe DiMaggio

Fugge dal manicomio e, ostinata, lancia una seconda sfida a Hollywood.

Scrive ancora a Lee Strasberg, stavolta per convincerlo a partecipare al progetto di cui ha parlato più volte con Marlon Brando: la nascita di una casa di produzione indipendente.

Ma anche su questo terreno gioca la famiglia Kennedy.

Sempre i Kennedy.

Marilyn aveva dal ‘53 un contratto con la Music Corporation of America.

Confida all’attore Ralph Roberts, suo massaggiatore, che «Bobby Kennedy gli ha chiesto una mano per smantellarla».

L’episodio è accennato in una lettera al dottor Hohenberg.

Nello stesso tempo, Marilyn nega le voci di un flirt con Bobby: «Pettegolezzi».



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Il poster che ha campeggiato per anni anche nella mia stanza di adolescente... :wub:



Ma in una lettera al dottor Greenson del ‘61 c’è un post scriptum: «Quando ho pronunciato il nome di una certa persona lei ha alzato lo sguardo verso il soffitto. Indovina a chi mi riferisco? È (segretamente) un mio dolcissimo amico. So che lei non mi crederà ma deve fidarsi del mio istinto. È stata un po’ un’avventura. Non l’avevo mai fatto e invece adesso sì. Però a letto è molto generoso».

Il 19 maggio 1962, tre mesi prima di morire, Marilyn partecipa al galà di compleanno del presidente al Madison Square Garden.
Frank Sinatra canta, lei intona Happy Birthday in modo ammiccante.

Il diario si chiude con i Kennedy. Nel preparare l’ultima intervista, rilasciata due giorni prima di morire, annota per una possibile risposta al giornalista: «Pres. e Robert Kennedy sono il simbolo della gioventù in America, del suo vigore, della sua umanità».



Edited by filokalos - 2/3/2011, 23:44
 
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