Il Forum delle Muse

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view post Posted on 15/8/2010, 18:32     +1   -1
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Delitti Italiani



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Andrea Ghira

Andrea Ghira potrebbe dire molte cose sulle atrocità commesse il 30 settembre 1975 in una villa del Circeo, atrocità che hanno condotto alla morte Rosaria Lopez (17 anni) e ridotto in fin di vita la sua coetanea Donatella Colasanti.

Ma Ghira, da trent'anni, nessuno sa dove sia. :eh?:

È scomparso: ha avuto più fortuna dei due complici, Angelo Izzo e Gianni Guido (vent'anni circa ciascuno) che, malgrado i tentativi di fuga, sono stati assicurati alla giustizia per quella tremenda notte al Circeo.
Una vicenda per alcuni aspetti ancora da chiarire completamente, in particolare per le relazioni politiche che alcuni ritengono evidentissime.
Difficile dare una valutazione serena.
In particolare sulle vicende degli anni Settanta nel Novecento, quando la violenza politica aveva toccato i più alti vertici dal dopoguerra.

I tre ragazzi, legati alla destra estrema, indicati da alcuni giornalisti come "picchiatori", sono stati facile preda per illazioni di ogni genere, anche se obiettivamente non vi sono prove tangibili che possano connettere il loro crimine alla dimensione eversiva.



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Angelo Izzo

Qualcuno ha addirittura ipotizzato un progetto ben preciso messo in atto con la volontà di "punire" il padre di una delle due vittime, Mario Colasanti, che fu un partigiano particolarmente intransigente.

Ma sono voci francamente un po' difficili da considerare senza qualche perplessità; è troppo il tempo intercorso: sono passati trent'anni, un periodo che ha fatto decantare odi personali da entrambe le parti e le vendette che è stato possibile consumare sono già state consumate tra la fine degli anni Quaranta e la prima parte dei Cinquanta. Da entrambe le parti.
Negli anni Settanta, in particolare tra i giovani più violenti, tutto assumeva connotazioni politiche estreme, anche se, nella maggioranza dei casi, le prese di posizione si limitavano agli atteggiamenti e al look. Occhiali Ray-Ban e loden per i "fasci", eskimo e borsa militare per i "rossi": stereotipi che hanno fatto un'epoca e hanno lasciato segni profondi nella memoria storica.



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Gianni Guido

Ma la maggior parte di quei giovani ha smesso la "divisa" e si è adeguata al meccanismo borghese demonizzato negli anni del liceo e dell'università.

E un po' la storia del "Compagno di scuola" di Antonello Venditti, che dal fumo delle barricate passa al tranquillo impiego in banca, seguendo un flusso inarrestabile. Da sempre.

Proviamo a ricostruire la storia del massacro del Circeo partendo dal 27 settembre 1975 quando Rosaria e Donatella, due ragazze di un quartiere popolare romano, si incontrano in un bar dei Parioli con Carlo, un ragazzo che hanno conosciuto qualche giorno prima al cinema.

A differenza della norma, non era però stato lui ad abbordarle, bensì loro, chiedendogli un passaggio sulla sua autovettura sportiva.

Quell'opportunità è importante perché Carlo (il suo vero nome è Giampietro Parboni Arquati) appare benestante e per due ragazze dei quartieri popolari è un'occasione rilevante per fare un salto di qualità e acquisire una posizione sociale più elevata.



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Questa la versione dei tanti che hanno sostenuto la superficialità delle vittime, troppo attratte dall'apparenza e poco attente ai rischi; non sono mancate naturalmente pseudo-accuse del tipo: «se la sono andata a cercare» e via di seguito.

L'incontro avviene come stabilito: Carlo (Giampietro) arriva con due amici; Gianni Guido e Angelo Izzo trascorrono un po' di tempo bevendo e parlando, come fanno i ragazzi di quell'età, abilissimi nel passare, senza soluzione di continuità, dall'ultimo successo del gruppo rock al futuro della Terra.

Poi si fissa un appuntamento per il giorno dopo, domenica 29 settembre.
L'idea è quella di trascorrere una serata insieme. Però Donatella declina l'invito per impegni precedentemente assunti, Rosaria si accoda.
E così tutto viene organizzato per il lunedì.

Il gruppo si ritrova alla sedici: ci sono le due ragazze, Guido (19 anni), che si fa chiamare Giancarlo, e Izzo (20 anni) che mantiene il suo nome, giungono all'appuntamento con una Fiat 127.

Rosaria e Donatella non vedono Carlo e sono un po' perplesse, ma i due ragazzi assicurano che l'amico li attende tutti nella villa a Lavinio, dove si svolgerà una festa.
Tutti partono in direzione della villa e della festa.

Le due giovani però capiscono che qualcosa non funziona quando constatano che la strada percorsa non conduce a Lavinio: le loro perplessità sono presto fugate dalle parole degli accompagnatori.
In seguito Donatella dirà: «Ci siamo un po' stupite ma ci hanno detto che, in effetti, la villa di Carlo era un po' più su di Lavinio, e che non dovevamo preoccuparci. Dopo essersi fermato per una telefonata, quando torna in macchina, dice che l'amico avrebbe gradito la nostra visita. Che andassimo pure in villa e lo aspettassimo lì, perché lui era al mare» («L'Europeo», n. 4, 2003).

Si arriva così alla villa del Circeo dove però non c'è traccia di Carlo e neppure degli altri partecipanti alla festa.
Passa un po' di tempo. Le ragazze chiedono di essere riaccompagnate a casa. Ma, in tutta risposta, Guido e Izzo propongono a Donatella e Rosaria un rapporto sessuale. Offrono un milione in cambio delle prestazioni, che vengono ancora rifiutate.

A quel punto scatta qualcosa che attiva una violenza cieca: per le due ragazze ha inizio una perversa spirale destinata a sconfinare in una dimensione inimmaginabile.



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I due carcerieri fanno i "duri", dicono di far parte della banda dei Marsigliesi e di essere in attesa di un certo Jacques, un capo, un cattivo... In realtà si tratta di Andrea Ghira.

In attesa del suo arrivo le ragazze sono chiuse nel bagno.

Nelle ore successive, Rosaria e Donatella vengono sottoposte a violenze in cui sesso e botte si amalgamano drammaticamente: la prima, come rivelerà l'autopsia, subirà una violenza sessuale totale, mentre la seconda non perderà la verginità. Prima della violenza pare sia saltata fuori una pistola.

Passano le ore e l'arrivo di Jacques sembra riportare la calma: infatti il "marsigliese" in parte frena la violenza degli altri due. Propone a Rosaria e a Donatella di riportarle a Roma, però narcotizzate: e così inietta nelle loro vene tre siringhe di sonnifero a testa, senza alcun effetto. Perché? :boh:

II mancato effetto è un mistero: forse in quelle siringhe non c'era del sonnifero, o forse la dose, visto lo stato psico-fisico delle ragazze, non era sufficiente a garantire gli effetti proposti. Forse, se si fossero addormentate, le cose sarebbero andate diversamente. Forse.



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Rosaria Lopez

A quel punto Rosaria viene condotta in un'altra stanza dove in seguito sarà picchiata fino allo svenimento, trascinata nuda per la casa e colpita in testa. E in uno stato di quasi totale incoscienza, ma si salva perché finge di essere morta.

Si è consumato un crimine pazzesco, frutto di una totale perdita del controllo: qualcosa di tremendo che non riesce a trovare emulazioni se non nei purtroppo sempre più numerosi casi di pulizia etnica di cui ci giunge l'eco attraverso i mass media.

Le due ragazze sono stipate nel bagagliaio della "127" e portate a Roma. Guido, Izzo e Ghira sono convinti che non ci sia alcun rischio, posteggiano l'auto in via Pola e vanno in pizzeria.
Nel frattempo, il padre di Donatella si è messo sulle tracce della figlia: è preoccupato perché, come dirà agli inquirenti:

CITAZIONE
Donatella non rientrava mai a casa dopo le otto di sera e ci diceva sempre dove andava [...] Proprio per questo, non vedendola tornare, verso le 20.30 di lunedì abbiamo cominciato a preoccuparci [...] All'alba, con mio figlio Roberto, ho cominciato a girare tutta Roma in macchina. Ogni tanto telefonavo, sperando che Donatella fosse rientrata. Quando, la sera del martedì, sono tornato a casa, ero disperato, anche se mi facevo forza per non aggravare lo stato di prostrazione in cui si trovava mia moglie. Stavo sempre accanto al telefono. E, verso le quattro del mattino, è arrivata la chiamata di un giornalista. Era una telefonata strana: il cronista mi ha chiesto se poteva venire a prendere una fotografia di Donatella, senza aggiungere altro. Ho pensato subito al peggio.


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Il ritrovamento di Donatella Colasanti
sopravvissuta al massacro del Circeo

Intanto dall'auto posteggiata giungono dei lamenti che attirano l'attenzione dei passanti: in breve, con l'intervento di un metronotte, viene aperto il baule dell'auto. L'immagine che si presenta agli occhi dell'uomo è sconvolgente: due donne nude, coperte di sangue. Una è ancora viva.

I carabinieri scoprono che la "127" è intestata a Raffaele Guido, il padre di Gianni: il ragazzo osserva cosa accade intorno alla sua automobile, viene fermato e portato in caserma.

Con i carabinieri ci sono i giornalisti e i fotografi, che documentano in diretta una tra le più tragiche immagini di violenza contro le donne della nostra storia recente.

Il capitano dell'Arma Prospero Prosperi, che è abituato a vedere scene del crimine anche molto forti, davanti a quell'auto afferma: «Terribile è l'unica cosa che riesco a dire... Quando abbiamo aperto il portabagagli e ho visto quella ragazza nuda e sanguinante con accanto il cadavere massacrato dell'amica, sono rimasto impietrito».

I carabinieri scoprono che Guido è amico di Angelo Izzo, sul quale pende una denuncia per tentativo di violenza carnale risalente a due anni prima. I ragazzi sono abbastanza sicuri, non sanno che Donatella è viva e all'ospedale racconta per filo e per segno la drammatica vicenda.
Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira sono riconosciuti dalla ragazza: la loro posizione è molto grave, anche in relazione ai loro precedenti penali; Ghira ha alle spalle una serie di imputazioni per «violazioni di domicilio, lesioni volontari aggravate, furti, porto abusivo d'armi da guerra, ricettazione d'auto, persino sostituzione di persona» («L'Europeo», n. 4, 2003). Vengono anche arrestati altri amici dei tre considerati complici. Solo Andrea Ghira è irreperibile, scomparso.



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«L'indignazione per l'accaduto è grande, ma è grande e profonda soprattutto la rabbia per non essere riusciti a impedire una tragedia che sembrava scontata. Per aver sottovalutato, ignorato, dimenticato denunce e avvertimenti, come quelli usciti dalla parole del pm Lo Piano e del giudice Izzuti, che al processo per la violenza carnale sulle due minorenni avevano in ogni modo sconsigliato la scarcerazione di Izzo, giudicandolo un soggetto violento e pericoloso» («L'Europeo», n. 4, 2003).

Viene evocato il film di Stanley Kubrick Arancia meccanica: analogie inquietanti che contribuiscono ad alimentare la tensione; le femministe considerano la vicenda del Circeo un classico esempio della violenza contro le donne. In seguito però Donatella Colasanti affermerà che il movimento femminista avrebbe strumentalizzato il suo caso. Identica strumentalizzazione da parte della politica. Nel 1996 si candiderà nelle liste di Alleanza Nazionale.
Ma lasciare fuori la politica in un caso del genere non è facile. Chissà, forse aveva ragione Pier Paolo Pasolini (che morirà circa un mese dopo) quando scriveva: «la criminalità dei neofascisti pariolini e dei teppisti sottoproletari ha un'identica origine: la distruzione dei valori tradizionali»...

Nel luglio 1976 ha inizio il processo alla Corte d'Assise di Latina: gli imputati sono tre, ma è presente solo Angelo Izzo, Andrea Ghira non c'è (si vocifera che sia scappato in America del Sud), mentre Gianni Guido è rimasto in carcere e ha scritto una lettera al presidente della Corte in cui afferma: «fino ad oggi non riesco a spiegarmi come possa essere rimasto coinvolto in atti che non avrei mai commesso e che non avrei consentito che si consumassero e dei quali infine sono pentito».

Su di loro pendono accuse gravi: omicidio volontario, tentato omicidio, ratto a fine di libidine, violenza carnale e detenzione di arma da fuoco.



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Donatella Colasanti,
scampata al massacro del Circeo,
fa un sopralluogo coi carabinieri

La Colasanti è calma, lucida, non altrettanto le femministe che si sono date appuntamento in tribunale: urlano e invocano l'ergastolo. Innegabile il peso politico di quel processo, peso che però sarà sostanzialmente sottolineato dall'opinione pubblica e dai giornali, mentre rimarrà miracolosamente fuori dalle aule giudiziarie.
Gli avvocati difensori cercano di dimostrare l'infermità mentale di Izzo: la richiesta di perizia psichiatrica viene però respinta.
Per circa una settimana il processo va avanti tra accuse e tentativi di screditare Donatella Colasanti; poi, l'8 luglio, il processo si sposta nella villa del Circeo. In realtà si tratta di un sopralluogo, ma la presenza degli imputati, della vittima, degli inquirenti e degli avvocati, trasforma quella casa in una sorta di aula di giustizia.
Donatella ha un malore, Izzo e Guido affermano che Ghira è innocente: sarebbe stato coinvolto dai due ragazzi perché condizionati dalle notizie apprese sui giornali.
La loro dichiarazione non si ferma qui: affermano che quella notte al Circeo c'era anche un altro uomo di cui però non vogliono fare il nome. È un estremo tentativo che sortisce scarsi risultati; infatti i tre sono condannati all'ergastolo.
Con grande ottimismo Lietta Tornabuoni commenta il verdetto su «Il Corriere della Sera» (le sue parole saranno però smentite dagli avvenimenti successivi): «Testimoniato l'indebolirsi dei privilegi sociali, un nuovo rispetto per le vittime, una nuova considerazione per le donne».



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Cinque anni dopo, nel 1980, il processo d'Appello riduce a trent'anni (più tre di libertà vigilata) la condanna a Gianni Guido per aver dimostrato un effettivo pentimento.

Ha scritto anche ai familiari di Rosaria Lopez che hanno rinunciato a costituirsi parte civile; inoltre, alla famiglia Lopez, i suoi genitori hanno inviato un indennizzo di cento milioni.

Nel settembre 1983 la Corte di Cassazione respinge i ricorsi di Ghira, Guido e Izzo.

Pesano come macigni quelle 36 ore di violenza, sopraffazione e morte al Circeo: un incubo indimenticabile che ha travolto la vita di due giovani e la coscienza di molti di noi.

Alla drammaticità dei fatti si aggiunge inoltre il mistero della scomparsa di Ghira.

Ma anche gli altri due si sono dati da fare. Il 31 gennaio 1977 Izzo e Guido cercano di evadere dal carcere di Latina: nel tentativo di fuga feriscono una guardia. Per questa impresa subiscono un'ulteriore condanna a sei anni ciascuno.

Il 25 gennaio 1981 Guido fugge dal carcere di San Gimignano e riesce a raggiungere l'America del Sud: viene arrestato due anni dopo a Buenos Aires dove viveva sotto falso nome commerciando in automobili.




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Accusato dalla polizia locale di falsificazione di documenti, non viene estradato; mentre sconta la sua pena riesce a fuggire.
Sarà ripreso nove anni dopo, nel maggio 1994, a Panama.
Nel frattempo si è sposato e separato, ha iniziato un'attività di allevatore di polli ed è conosciuto come un contadino di origine libanese.
Izzo invece sceglie di essere un collaboratotre di giustizia: afferma di conoscere segreti legati all'eversione politica e alla mafia.
Per buona condotta ottiene alcune riduzioni di pena e dei permessi speciali per uscire dal carcere.
Durante uno di questi permessi (27 agosto 1993), non fa ritorno in prigione; viene arrestato circa un mese dopo a Parigi.
Ha dieci milioni in tasca e la pistola con il colpo in canna. Alle forze dell'ordine dichiara di essersi preso una "vacanza".
Rientra in carcere per scontare la sua pena. Ghira è stato segnalato in Kenya, ma nessuno è ancora riuscito a scovarlo.
Oggi dovrebbe avere 50 anni e la sua latitanza ha come effetto il mantenimento della memoria dei tragici fatti del Circeo: 36 ore di violenza e morte. Incancellabili.



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Angelo Izzo dopo
l'arresto del 2005

L'ultimo inatteso atto della vicenda del Circeo è dell'inizio di maggio 2005, ed è relativo al duplice omicidio commesso da Angelo Izzo. Le vittime sono una donna di 57 anni e la figlia di 14 anni: rispettivamente moglie e figlia di un pentito della Sacra Corona Unita. L'ex responsabile della notte di terrore del Circeo ha confessato di averle uccise, ma ha negato di averle violentate, come in un primo tempo era stato ipotizzato. Insieme ad Izzo sono state indagate altre persone per vari reati, tra i quali l'occultamento di cadavere. L'indagine condotta dai medici legali indica che la morte sarebbe avvenuta a seguito di asfissia determinata da un sacchetto di plastica calato sulla testa e sigillato con nastro da imballaggio. I corpi della donna e della ragazza sono stati sepolti in un'unica fossa ricoperta di terra e calce; i loro polsi erano bloccati dietro la schiena con manette.
Izzo, da alcuni mesi in semi-libertà, lavorava in un'associazione culturale ed era impegnato sul piano sociale.






Edited by filokalos - 15/4/2011, 23:06
 
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Beowulf 1970
view post Posted on 14/9/2010, 11:52     +1   -1




Andrea Ghira é veramente morto?

Secondo le ricerche effettuate, Ghira avrebbe inizialmente passato, tra alterne vicende, 18 anni nella legione straniera spagnola - il Tercio de Armada - dove si sarebbe arruolato il 26 giugno 1976 a Madrid, sotto il falso nome di Massimo Testa de Andrés ("de Andrés" in spagnolo sta per "di Andrea", proprio come il vero nome di battesimo di Ghira), dichiarandosi nato a Roma nel 1955 (posticipando quindi di due anni la sua vera data di nascita). Raggiunse il grado di Caporalmaggiore nel BOEL prima di esserne allontanato nel 1993 per carenza di condizioni psicofisiche.
Trascorse in seguito sei mesi in un kibbutz israeliano, riparando poi a Melilla, enclave spagnola in Marocco, dove la fidanzata Maria Rodriguez Valverde (ora trasferitasi coi quattro figli a Malaga), sorella di Benigno, un ex-legionario come lui, viveva e gestiva un chiosco sulla spiaggia.
E a Melilla, nella sua casa di Costa della Vigna numero 35, Ghira sarebbe poi morto in seguito a overdose all'età di 41 anni l'11 aprile 1994. Come comunicato in un secondo tempo dal Ministero della Difesa spagnolo, sarebbe stato trovato senza vita solo sette giorni dopo, il 9 settembre 1994. La testimonianza di una vicina di casa ricorda che "...era morto da qualche giorno, nella casa c'era un gran fetore e una siringa per terra, lui ai piedi del letto, vestito, con una mano protesa verso l'abat-jour ancora accesa". Stando alle testimonianze, i vicini sapevano che era tossicodipendente.
I funerali si sarebbero svolti due giorni dopo, l'11 settembre, come resta traccia sui registri del cimitero monumentale di Melilla, con il feretro portato a spalla fino al settore cimiteriale dei combattenti da quattro legionari caporalmaggiori - pari grado nonché amici di Ghira: Santodomingo, Cuellar, Algudo e Pavoni. La croce sulla tomba reca una scritta in vernice bianca: "CABO 1 CL, MASSIMO TESTA, DE ANDRES, 11.04.94, RIP". Quanto alla data dell'11 aprile 1994, spiega il direttore del camposanto: "Morì il 2 settembre 1994 e fu sepolto l'11 settembre. Quell'11 aprile '94 che compare sulla croce, invece, è stato senz'altro un errore. Sapete, sono passati tanti anni, le scritte col tempo si cancellano e noi periodicamente interveniamo per ripristinarle. Evidentemente qualcuno della manutenzione si è confuso".

La posizione della famiglia
"Questa mattina la signora Maria Cecilia Ghira ha spontaneamente consegnato ai carabinieri alcuni documenti in suo possesso che dovrebbero provare la morte del proprio figlio Andrea avvenuta in Spagna circa 11 anni fa, dove si era rifugiato dopo i gravi fatti avvenuti. In Spagna [n.d.r.: Andrea Ghira] era riuscito ad arruolarsi nella Legione straniera Tercio dove è rimasto fino alla sua morte. La famiglia non lo ha in alcun modo aiutato né è a conoscenza come sia riuscito ad uscire dall'Italia ed a arruolarsi. Al momento in cui la madre ha ricevuto detti documenti, il dolore per la morte di un figlio e la paura di dover affrontare un nuovo processo mediatico, le impedirono di darne notizia. Gli altri fratelli avevano deciso di continuare a vivere cercando di dimenticare e pertanto avevano lasciato alla madre ogni decisione in merito non volendo essere coinvolti in altre indagini che trascinassero i loro nomi e la famiglia sulle pagine dei giornali."

(Nota dei famigliari di Andrea Ghira pubblicata nell'ottobre 2005[10])


Sulla morte di Ghira grava però il dubbio di depistaggio, manifestato oltre che da Donatella Colasanti anche da Letizia Lopez, sorella di Rosaria, l'altra vittima del massacro del Circeo, nella trasmissione "Chi l'ha visto?", durante la quale sono anche state trasmessi i photofit di come dovrebbe apparire oggi Andrea Ghira.
Letizia Lopez nutre forti perplessità sul fatto che un uomo dell'alta borghesia romana, abituato ai privilegi di questa sua condizione, vissuto nell'agiatezza anche durante la sua latitanza, grazie alle protezioni ottenute, potesse arruolarsi da semplice soldatino della Legione Straniera Spagnola e affrontare vessazioni, sacrifici e durezze tipiche di quel corpo militare.
La Procura di Roma chiese l'esumazione della salma, cosa che avvenne il 14 novembre 2005 alla presenza degli investigatori italiani. Fu prelevato un femore per analizzare il DNA a Roma. Nella bara il cadavere risultava ancora affiancato dalla siringa che aveva procurato l'overdose nel settembre del 1994. Il 26 novembre 2005 l'esame del DNA confermò l'identità di Ghira.
Ma secondo quanto riportato nel 2006 nel libro "Tre bravi ragazzi" di Federica Sciarelli, l'analisi del DNA di Ghira sarebbe stata effettuata "a cura di persona non imparziale". L'avrebbe infatti condotta nei laboratori dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università La Sapienza, diretto dal Prof. Arbarello, la Dott.ssa Carla Vecchiotti: una genetista che risulterebbe, secondo le indiscrezioni, già allieva e pupilla della Prof.ssa Matilde Angelini Rota (medico legale responsabile dell' ambulatorio per la violenza carnale dell'Istituto di Medicina Legale della stessa Università), zia dal versante materno dello stesso latitante Andrea Ghira.
Così avrà a dichiarare Donatella Colasanti, prima di morire: "Andrea Ghira è vivo e sta a Roma, quelli sepolti a Melilla sono i resti di un suo parente, per questo il DNA è lo stesso".
In modo analogo si è espressa anche Letizia, la sorella di Rosaria Lopez.
Potrebbe non essere di Andrea Ghira il corpo sepolto a Melilla, in quanto esiste una foto del 1995, scattata dai Carabinieri a Roma, che ritrae un uomo camminare in una zona periferica della città: l'analisi dell'immagine al computer ha confermato che si trattava di Andrea Ghira.
Nel corso degli anni - e soprattutto dopo la trasmissione "Chi l'ha visto?" - suoi avvistamenti sono stati infatti segnalati in Argentina, Brasile, Costa Rica, Paraguay, Kenia, Sud Africa e Inghilterra.
Nel 2004 viene aperto un fascicolo su Ghira dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dal sostituto procuratore Giuseppe De Falco. Riprendono così le indagini per rintracciare Ghira, con perquisizioni a tappeto di Carabinieri, Sco e Digos. Vengono passati al setaccio nove appartamenti di parenti e amici di Ghira, con sequestri di documenti, lettere e computer. Altre ispezioni si svolgono all'estero. Due strettissimi familiari di Ghira vengono iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento, ma poi non si viene a sapere più nulla dagli inquirenti.
 
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view post Posted on 14/9/2010, 15:02     +1   -1
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Utilissima e davvero esauriente integrazione alla pagina! :ok:

Se conti di continuare a collaborare in questa o altra sezioni del Forum, sappi che il tuo apporto sarà graditissimo

 
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