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Freida Pinto - Da Bollywood a Hollywood

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view post Posted on 19/7/2010, 20:49     +1   -1
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Freida Pinto



Da Bollywood a Hollywood


Grazie all'interpretazione
nel film "The Millionaire" di Danny Boyle,
ha ricevuto, insieme al resto del cast,
lo Screen Actors Guild Awards 2008
come miglior performance di un cast.
Nel 2010 fa parte del cast del film di Woody Allen
Incontrerai uno sconosciuto alto e bruno,
dove recita al fianco di Naomi Watts,
Anthony Hopkins, Antonio Banderas e Josh Brolin.




A parte i soliti numeri sull'economia inarrestabile e una potenza militare crescente, il volto della nuova India, oggi, è quello bellissimo e rassicurante della ventiseienne Freida Pinto.



Rivelazione di "Slumdog Millionaire" ("The Millionaire" nella curiosa metamorfosi che hanno i titoli nella lingua italiana), star nel film di Woody Alien " You Will Meet a Tali Dark Stranger", presentato con successo a Cannes (lei assente), protagonista infine della pellicola di Julian Schnabel "Mirai" (Incontrerai uno sconosciuto alto e bruno in fase di post produzione), della Pinto il "New York Times" ha scritto che la sua carriera fulminante è la versione contemporanea dell'apologo di Cenerentola.

Vero in parte.

Perché la sua vita prima di "Slumdog Millionaire" non era poi così sfortunata.

L'attrice è nata e cresciuta in uno dei quartieri più ricchi di Mumbai, madre dirigente di un istituto scolastico per rampolli benestanti, padre manager nella finanza.

Una vita nell'agiatezza, che lei non ha problema ad ammettere, sicura come è di se stessa.


A proposito di "The Millionaire" mi piace riportare questa curiosità... -_-



In una drammatica sequenza, il protagonista e suo fratello perdono la madre durante un assalto perpetrato da integralisti indù ai danni dei musulmani di Bombay.

Nel doppiaggio italiano la frase urlata «They are muslims, get them» («Sono musulmani, prendeteli!») è stata tradotta «Sono musulmani, scappiamo!» ( :blink:) , invertendo così il senso dell'intera scena, inducendo erroneamente gli spettatori a credere che gli assalitori fossero di religione musulmana e gli assaliti di religione indù.

Ci si può accorgere dell'incongruenza anche guardando due scene che riguardano il fratello di Jamal, Salim: una in cui prega chiedendo perdono ad Allah, inginocchiandosi a terra, e un'altra alla fine, quando esclama "Dio è grande", nella traduzione italiana, che altro non sarebbe che "Allah è grande", esclamazione tipicamente musulmana.

Nonostante le proteste di molti musulmani, italiani e non, il film, allora nei cinema, non è stato corretto.

Solo in seguito la Lucky Red si è scusata ufficialmente attraverso un comunicato impegnandosi a cambiare la frase errata nella versione in DVD. <_<





Come la stessa Freida ha rivelato in un'intervista: «A cinque anni già sapevo di voler recitare come Marlene Dietrich, la mia musa ispiratrice... ^_^
Naturalmente c'è voluto molto tempo perché trovassi la mia strada, ma l'inclinazione c'era già da piccola. Per fortuna mia madre non ha mai smesso di ricordarmelo. È stata determinante».


L'illuminazione arriva in realtà a vent'anni, al college, quando Freida si iscrive a un corso sulle contaminazioni tra cinema e letteratura.
È allora che si innamora dei classici di Hollywood degli anni '30 e '40 e, in quella prospettiva, Freida mette anche la scelta di diventare modella.

«Non basta essere giovani, carini e saper ballare il Kuchipudi, Bollywood (la Hollywood indiana, nda) ti schiaccia come una noce. Per avere una chance devi avere una forza sovrumana e possibilmente le spalle coperte da una famiglia che ti sostenga. Avevo 20 anni. Speravo nel fattore visibilità, ma non ha funzionato».


Le copertine sperate non arrivano: le agenzie scelgono bellezze sempre più magre, segno di un'occidentalizzazione dell'estetica in atto.

«L'unico lavoro degno di questo nome era uno show itinerante nei Paesi del Sud-est asiatico in cui facevo la moderatrice».

A 24 anni, Freida si vede sull'orlo del fallimento. È il 2008 . L'anno di "Slumdog Millionaire".

«Il direttore del casting chiamò, tra le altre, anche l'agenzia di Mumbai dove un anno prima avevo lasciato il mio book senza mai essere richiamata».





Danny Boyle, il regista di quello che sarebbe diventato uno dei successi più clamorosi nella storia del cinema, era atteso in India da lì a sei mesi e voleva gli attori pronti.
Sei mesi dopo l'audizione, arriva la chiamata della vita.





«Ero al supermercato. E non scriva che sono banale se le dico che ero convinta si trattasse di uno scherzo. Temevo che la pellicola sarebbe stata troppo commerciale, ma dopo gli otto Oscar ho realizzato di aver lavorato in un film cha ha fatto storia. Niente racconta meglio dell'opera di Boyle la febbre dell'India contemporanea».





Da un anno e mezzo Freida è la million dollar baby anche di Hollywood.
L'industria americana dei film , si sa, si infatua facilmente di volti giovani e possibilmente inediti.
Quello della Pinto, poi, è più appetibile per la nuance di esotismo nella sua tranquillizzante declinazione indiana.

L'esempio più marcato del modo americano di accompagnare la nascita di una stella è la celebre copertina di "Vanity Fair" che la ritrae nello stile di una pin up anni '50 con bustino rosso, pantaloncini a gialli, tacchi a spillo e un mappamondo in braccio dove si vede solo il Subcontinente. (vedi foto accanto)

Un'operazione con il forte sapore dell'omologazione: «Non voglio scendere in polemiche che io stessa non ho mai avuto l'intenzione di provocare. E d'altra parte mi sto costruendo una vita e una carriera».
Neanche il titolo del "Los Angeles Times" che la descrive come l'attrice indiana più occidentale sulla piazza pare averla infastidita: «L'Occidente è molto autoreferenziale nella percezione delle cose. Ma guardi che il caos delle grandi città americane è sempre più simile a quello da noi a Mumbai. Con la differenza che noi ci stiamo organizzando».





Gli slum però restano una delle grandi sfide. «A Mumbai gli slum sorgono dietro i grattacieli. Ma non dobbiamo dimenticare che la popolazione oggi è quattro volte superiore a quella degli Stati Uniti. I problemi sono direttamente proporzionali ai numeri».






Insomma, gli slum esistono anche in Occidente. Solo più piccoli e nascosti. Da due anni Freida si è vista ovunque ci fosse un parterre che conti.
In prima fila alle passerelle di Milano e Parigi, cover shooting per "Vogue", " Cosmopolitan" e "Harper's", contratti milionari extra set come quello con Estée Laudei; stylist richiestissimi come George Kotsiopoulus, lo stesso di Kate Winslet e Cate Blanchett, sono alle prese con il Pinto look, un mix di Chanel, Christian Lacroix e Oscar de la Renta.
A questo punto della parabola è uso che produttori e agenti preparino il filmone di genere che di regola mette a rischio la credibilità di una carriera.
Pinto invece ha scelto pellicole con i crismi del gioiello d'autore.

«Non poteva esserci seguito migliore a "Slumdog", che lavorare con due fuoriclasse: Schnabel e Alien. Due visionari del cinema, con una passione quasi identica per la macchina da presa».



La pellicola di Schnabel è ispirata a "La strada dei fiori di Miral" libro di Rula Jebreal (in cui si racconta una storia ambientata in Palestina). Regista pittore americano, protagonista indiana, autrice palestinese con passaporto israeliano e italiano. Una sintesi straordinaria.

Freida Pinto ha ammesso:«Ho amato subito la sceneggiatura. Lavorare con Schnabel è poi un'esperienza galvanizzante. È un tipo di regia espressionista in cui si procede a grandi pennellate emotive».






Altre corde, nell'altro ruolo a fianco di Anthony Hopkins, Naomi Watts e Antonio Banderas nel nuovo Alien, in realtà una bella storia di amori difficili. «Allen è il regista delle donne. I suoi film sono sempre studi sull'universo femminile. Nessuno restituisce come lui l'immagine della donna contemporanea».

Dopo Mia Farrow e Diane Keaton, Mia Sorvino e Penelope Cruz fino aScarlett Johansson, ora ha anche Freida il suo posto nella galleria delle muse del regista.

I fasti e il caos di Bollywood sembrano lontani anni luce ma come lei stessa dice: «L'anima delle donne è la stessa a qualsiasi latitudine. Semmai, con il mio lavoro, spero di far conoscere al mondo la specialissima sensibilità indiana» :wub:





:kiss:



Articolo Originale di
Simone Porrovecchio



Edited by filokalos - 24/10/2010, 13:00
 
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