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Il futuro dei sensi

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view post Posted on 15/4/2010, 06:25     +1   -1
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Il futuro dei sensi






Stili di vita e tecnologie minacciano
ogni giorno i cinque sensi.
Omologano il gusto.
Fiaccano la vista.
Assopiscono l'olfatto.
Segnali di involuzione? No.
Perché la rivincita è già in corso.
Grazie alla scienza



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Profumi sempre più intensi. Volumi sempre più alti. Sapori da mondi lontani. E mani per eseguire, più che per accarezzare. Occhi per aumentare la realtà, anziché per guardarla dritta in faccia.


Si assopiscono, si dilatano, si trasformano i cinque sensi, minacciati da stili di vita aggressivi e incalzati da possibilità tecnologiche inimmaginabili: protesi elettroniche potenziano la vista e l'udito; odori riprodotti in laboratorio fanno a meno della natura; gusti e consistenze insolite si offrono al palato, sovrascrivendo i sapori della memoria; tecnologie touch screen e comunicazione via sms esercitano il tatto su superfici nuove.


Ma come cambia il modo di percepire il mondo e di interagire con esso, se i nostri radar si trasformano? Cosa perdiamo - o guadagniamo - se i nostri sensori stringono un patto con la scienza? Se udito, vista, tatto, olfatto e gusto non sono più quelli di prima?

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Marino Niola


L'antropologo Marino Niola nota: "Ci trasformiamo definitivamente in esseri culturali e ci allontaniamo dalla natura. Diventiamo potentissimi sul piano delle estensioni scientifiche, sempre meno su quello dell'istinto. I nostri progenitori erano vulcani di sensi. Noi li abbiamo debolissimi. Ma compensiamo questa fragilità attraverso la tecnologia".



L'olfatto, il più misterioso dei sensi, la regia di tutte le cose. Serviva alla sopravvivenza, in origine: per trovare il cibo, per sfuggire ai predatori.



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Oggi, esposto a odori artificiali, messo alla prova dall'inquinamento, è tra i sensi più sofferenti.

"Ricerchiamo odori violenti e ci sforziamo di cancellare i nostri. Eliminare le tracce della corporeità è una vera ossessione.
Celebriamo il tatto continuamente, ma non lo esercitiamo più: chi è in grado di riconoscere un tessuto solo toccandolo?
E la vista: vediamo sempre attraverso un altro mezzo.
C'è un'interposizione costante tra noi e le cose: una lente, uno schermo, una prospettiva.
Il gusto? Lo abbiamo perso, tant'è che torniamo a scuola: e ci iscriviamo a corsi sul vino o sull'olio per predisporci a riconoscere profumi dimenticati.
Per non parlare dell'udito: con un soundtrack in città così assordante, abbiamo bisogno di volumi altissimi. Siamo circondati da orecchi elettronici, eppure ci scopriamo un'umanità di non udenti".


Condannati a una lenta atrofia dei sensi? :(

Spettatori di un'involuzione inevitabile per la specie? :cry:

La realtà non è così drammatica. Se rumori di fondo, odori nocivi, eccesso di luce alterano i nostri recettori, la buona notizia è che nessuno sottovaluta il fenomeno. :fu fi:

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L'anosmia è la perdita totale
della capacità di percepire gli odori.



Dagli esperti di marketing, consapevoli che una stimolazione sensoriale è strada sicura perché un prodotto piaccia, agli specialisti di robotica, impegnati a riprodurre la macchina-uomo, cresce una generazione di esperti che sui sensi, sui loro punti deboli e sul loro nuovo potere, è già al lavoro: ingegneri elettronici e medici, specialisti del corpo e inventori di sogni.

Come i ricercatori che sviluppano sistemi per la percezione di odori dal pc: game-designer lungimiranti, convinti che in futuro non ci sarà videogioco senza fragranze incluse. Perché il realismo sia maggiore. E perché è impossibile parlare a un senso, escludendo gli altri.



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Davide Cassi

Davide Cassi, docente di Fisica della materia all'Università di Parma spiega: "Il gusto, per esempio, non prescinde mai dalla vista, dall'olfatto, persino dall'udito. E tutti i sensi agiscono in sinergia con l'ambiente: cambia un colore se cambia la luce; la sensazione di un sapore è diversa a seconda del materiale delle posate o dei contenitori utilizzati".



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Il gusto



Siamo esposti ai cibi più inconsueti. Abbiamo arricchito il dolce e il salato, l'acido e l'amaro, di un quinto gusto: l'umami, alla lettera 'saporito', in realtà indica il sapore del glutammato.

Abbiamo scomposto consistenze, introdotto forme nuove.

Eppure, oggi ci stupiamo se un sapore somiglia a quello originario: effetto di un appiattimento culinario che ha prima addomesticato, poi resettato la memoria. :wacko:

"Il gusto è intimamente connesso con le radici e con l'esperienza. Abbiamo tutti dei riferimenti familiari con i quali confrontiamo i sapori. La stessa cucina molecolare, che è stata una tappa importante della cucina moderna, dimostra che ogni popolo ha le sue preferenze in fatto di consistenze: quelle gelatinose, per esempio, sono molto amate da spagnoli e orientali.
Noi ricerchiamo più spesso il croccante.
Oggi prevalgono gusto internazionale da fast food e sapori standardizzati dei supermercati.
Gli adulti di domani si confronteranno con questi sapori.
Al gusto e alla diversità ci si educa. Serve allenamento: mettiamo qualcosa in bocca e guardiamo, annusiamo, tocchiamo, ascoltiamo.
Vale anche per l'olfatto: non a caso chi vuol fare il sommelier o il 'naso' in profumeria deve rieducare la memoria olfattiva.
Recuperare un vocabolario".



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Gianmarco Veruggio

Gianmarco Veruggio, esperto di robotica dell'Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell'Informazione e delle Telecomunicazioni di Genova ha detto: "Siamo esseri flessibili e capaci di adattarci alla realtà senza vere evoluzioni genetiche. Viviamo un intensificarsi di stimolazioni. Ma siamo ancora organismi con lo stesso patrimonio sensoriale delle scimmie. A fare la differenza sono gli strumenti per comprendere l'universo e per cambiarlo a nostro vantaggio. Tutta la ricerca è un tentativo di espandere i nostri sensi".

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Anche l'olfatto, sempre più disorientato? :hmm:
Chi fa esperienze di buio (Il gusto del buio è una rassegna enogastronomica, multisensorialità davanti a un piatto, vista esclusa), racconta la fatica di affidarsi agli altri sensi, olfatto in primis.

Solo dopo un po', sentire di più è una scoperta emozionante.

Lo stupore di captare informazioni inimmaginate. ^_^



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L'udito



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Giulio Sandini

Il bioingegnere Giulio Sandini, capo del Dipartimento Robotics, Brain and Cognitive Sciences dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova fa notare: "Oggi si può ridare l'udito a bambini che non riuscivano a sentire. Si possono sfruttare le sinergie tra tecnologie e capacità di adattamento del cervello per sviluppare nuove forme di interazione.
Medicina e tecnologia stanno riflettendo moltissimo sui nostri sensi. Le realtà virtuali studiano come funzionano i sensi per cercare di 'imbrogliarli'. Non credo che i nostri sensi corrano il rischio di atrofizzarsi. Anzi, si può realisticamente ipotizzare che proveremo sensazioni mai avute prima: come la simulazione di una camminata sulla luna".


Questione di tempo: la rivincita dei sensi è, per l'esperto, assicurata. Anche se non scevra da implicazioni legali e morali: confini da tracciare su questioni come proprietà e disponibilità del corpo, privacy, sicurezza, dipendenza dalla tecnologia.

Se ne occupa la roboetica: decisiva in uno scenario dove brain computer interface, interfacce cervello-computer che permettono solo col pensiero (cioè con stimoli nervosi), di muovere protesi collegate su di noi, è sempre più vicino.



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Il tatto.


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Antonio Bicchi

Antonio Bicchi, direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca E. Piaggio di Pisa osserva: "Nella virtualizzazione c'è ancora molto da capire: la nostra vita sempre di più si svolge in Rete e davanti a una tastiera.
Usiamo molto la vista e meno il tatto, e non in funzione esplorativa ma solo esecutiva.
Sul recupero dell'effetto tattile sono in corso enormi investimenti.
Perché è il senso che viene prima degli altri e va più nel profondo, è quello da cui passano le emozioni, è connesso con la vita di relazione.

Ci sono molti esperimenti di illusioni tattili: per esempio schermi dove il vetro del display dà al dito la sensazione di una forma.
Si chiamano interfacce aptiche: la sfida è riprodurre sensazioni tattili, attraverso una 'televisione' per le mani, una scatola nera dove immergere gli oggetti o sentire sfere rotolare.
C'è da scommettere che i tablet di prossima generazione saranno multitouch: sensibili in vari punti". :ok:


Terminali di conoscenza. Parti del modo di apprendere.
L'ha spiegato il rettore della Georgetown University sull'ultimo numero di 'The Edge' dedicato a Internet: "Il mio rapporto con le informazioni è molto più tattile che in passato.
Le mie dita sono parte del mio cervello. Per trovare le informazioni devo manipolarle con le dita.
Se allungo la mano verso il mouse vuol dire che sto pensando". :hack:



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Il tatto è memoria profonda, vita di relazione.
È il senso sul quale la tecnologia investe di più. Per suscitare emozioni



La vista.
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La genetica non sarà in evoluzione, ma le nuove abitudini lasciano il segno: come le ore davanti a un pc. Mai così tante le persone con difficoltà visive, annuncia l'Associazione Usa degli oftalmologi: siamo la Generation Myopia, in 30 anni due terzi di più. Ma non è una disfatta. :no no:

Paolo Vinciguerra, responsabile Oculistica dell'Istituto clinico Humanitas rassicura: "La vista è il senso più impiegato, ma anche quello nel quale sono stati fatti i progressi più grandi. Non altrettanto è stato raggiunto in termini di educazione visiva: qui in Istituto stiamo lavorando per insegnare a controllare e usare il potenziale residuo visivo".



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Paolo Vinciguerra

Una riserva per vedere meglio? "Sì, nei nostri occhi c'è un potenziale inesplorato, che può essere educato.
Tecnicamente, si utilizza un laser che, proiettato sulla retina, la analizza, ne calcola l'attività, la trasforma in segnali sonori, scovando un patrimonio che non si sapeva neppure di avere.
Quanto all'affaticamento visivo, è il risultato di schermi con una risoluzione più bassa di quella che l'occhio può mettere a fuoco.
Oggi che la tecnologia, il contrasto, l'illuminazione, sono migliorati, i danni potenziali sono pressoché eliminati.
Sono le cattive abitudini le minacce vere: il fumo, l'uso smodato di alcolici.
Oggi si può riportare a perfetta efficienza la vista di un centenario, si può intervenire meglio e sempre prima. I nostri occhi sono sottoposti a nuovi sforzi? Certo.
Ma grazie alla scienza non c'è altro organo, in tutto il corpo, che mantenga la stessa funzionalità per tutta la vita"
.



Articolo Originale
di
Sabina Minardi



Edited by filokalos - 7/5/2010, 12:52
 
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view post Posted on 7/5/2010, 11:50     +1   -1
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La ricercatrice di odori



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La ricercatrice di odori,
Sissel Tolaas

"Il fumo, lo smog, la chimica alterano l'olfatto, certo. Però in laboratorio si ricostruiscono molecole che altrimenti non riusciremmo a sentire. Non abbiamo più l'olfatto dei nostri antenati, ma siamo più attenti a cogliere le sfumature delle cose. Guardiamo agli aspetti positivi. La velocità con cui mandiamo sms, l'uso del telecomando e della tastiera tengono allenato il tatto fine. L'aspetto più rivoluzionario, in assoluto, è la possibilità di intervenire oggi sui sensi mediante protesi: non solo sostitutive di capacità sensoriali danneggiate, ma migliorative. Si usano sensori visivi collegati alla corteccia cerebrale per consentire di vedere a chi non ha più la vista: grazie a una telecamera, al posto degli occhi. Sensori visivi collegati invece al sistema nervoso consentono di esplorare fantasie e sogni. In questo modo avremo occhi più potenti di quelli umani: capaci di vedere di notte o da distanze maggiori. La stessa cosa si può fare con l'orecchio".



A chi le chieda quale sia la sua professione, Sissel Tolaas risponde: 'ricercatrice di odori'. Per il direttore della Harvard Business School, dove l'elegante signora norvegese dal 2006 insegna Comunicazione olfattiva e retorica, Sissel Tolaas è un genio degli odori. Classe 1961, è l'ideatrice del primo archivio di odori al mondo. E guai a chiamarli profumi. Sono 7.800 le essenze isolate, catalogate. Un paio si trovano anche in commercio e sono così costose e rare da essere diventate oggetti di culto.



Una famiglia di petrolieri alle spalle, il suo primo lavoro è stato quello di sommozzatrice. "Andavo a riparare i piloni delle piattaforme petrolifere nelle acque del Mare del Nord". Poi ha capito che il mare preferiva annusarlo. Dal 1981 al 1988 studia matematica, chimica, linguistica e arte a Oslo, Mosca, Leningrado, Oxford e Princetown, impara nove lingue, si mette a dipingere. Naturalmente odori. Le sue opere sono state in mostra al MoMa, alla Biennale di San Paolo e al Museo Nazionale di Pechino. Dal '90 si dedica ai profumi. Oggi il suo naso è richiestissimo da Louis Vuitton, Cartier, Estée Lauder, Sony.



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La nuova sfida? Ricreare l'odore delle città che ama. Cominciando da Berlino, dove vive e lavora. Il primo profumo si chiama NoSoEaWe, acronimo di North, South, East, West, punti cardinali che corrispondono a diversità socio-urbanistiche profonde.
Secondo Tolaas, Berlino profuma di pelle, titanio, Starbucks, poliestere, cibo, solarium, acqua di stagno, soldi e abeti: "Si tratta di una percezione personale. D'altra parte scientifico è il metodo, non il risultato: odorare è sempre un'esperienza soggettiva".

La sua ricerca è durata cinque anni, passati ad annusare vicoli, canali, abiti e cibi, in quattro distretti cittadini; dalla borghese Charlottenburg al vecchio sobborgo di Reinikendorf; dalla trendy Mitte alla popolare Neukölln. Diversamente dalle normali parfumeuse, a Tolaas non interessa comporre essenze artificiali, ma ricreare gli odori del quotidiano.



Che la realtà sia piena di effluvi sconvolgenti e indicando il décolleté confida: "Amo 'indossare il mio sudore' con qualche goccia di estratto di rosa francese, un'essenza costosissima".
E non scherza. Il suo odore personale lo ha ricreato in laboratorio e isolato come essenza basica. :woot:



A Charlottenburg lavora con 2.500 materie prime, tra cui oli ed estratti come lavanda o rose, ma anche residuati industriali.
L'artista dell'odore dice sorridendo: "Sono l'esperimento di me stessa. Con gli odori si può fare quasi tutto. Certe essenze possono risvegliare pazienti dal coma. Gli odori hanno un enorme influsso su di noi, ma ne sappiamo pochissimo. Inspiriamo 23.760 volte al giorno, muoviamo milioni di molecole dal naso al cervello che, a ogni respiro, elabora migliaia di informazioni: di tutto ciò non resta nulla".



Tra i suoi progetti c'è la creazione di una lingua artificiale, il Nasalo, da realizzare con linguisti e antropologi, per dare un nome ai 15 mila odori che percepiamo, ma non sappiamo come chiamare. Il suo profumo preferito? "L'odore di mia figlia appena sveglia".



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Articolo Originale di
Simone Porrovecchio



Edited by filokalos - 7/5/2010, 13:17
 
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