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Ipocondria: La paura di essere malati

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view post Posted on 14/4/2010, 11:44     +1   -1
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Ipocondria
La paura di essere malati




Ne hanno sofferto artisti,
scrittori e scienziati,
da Warhol a Michael Jackson,
da Darwin a Proust.
Per qualcuno di loro,
come si racconta in un libro inglese,
la fobia si trasformò
in strepitosa spinta creativa.
Ma per molti è un vero handicap







Glen Gould
ed i suoi guanti ...
ipocondriaci... :rolleyes:

Quando l'8 dicembre 1959 un tecnico della fabbrica di pianoforti Steinway espresse la gioia di incontrare il grande pianista Glenn Gould dandogli un'amichevole pacca sulla spalla, non immaginava certo la reazione che avrebbe provocato.



Il maestro, allora ventisettenne, lo apostrofò duramente. Poi, parve dimenticarsene. Qualche settimana dopo, però, cominciò a cancellare concerti. Nel giro di due mesi incontrò cinque diversi medici sostenendo che la pacca aveva compresso un nervo della vertebra cervicale.



Per curarsi portò un gesso integrale per sei settimane e nei mesi successivi si sottopose a 117 manipolazioni ortopediche. A quel punto denunciò per danni la Steinway.



Glenn Gould era un ipocondriaco: terrorizzato dai germi, tanto da indossare abiti pesanti anche d'estate, e dalle strette di mano, che avrebbero potuto danneggiare le sue abili dita.



«Se non si fosse imbottito di antidolorifici probabilmente non avrebbe avuto il collasso che nel 1982 lo stroncò a cinquanta anni».
Parola di Brian Dillon, professore di filosofia all'Università del Kent e autore di quello che in Gran Bretagna e Stati Uniti è già un bestseller, "The Hypochondriacs: Nine Tormented Lives" (Faber & Faber, pp. 280,16,50 dollari su Amazon).



Dillon ha scritto una storia sociale di quel disturbo psicologico che porta ad aver paura anche dei più normali messaggi del corpo facendo immaginare dolori che non ci sono: per parlare di ipocondria ha cioè scelto di raccontare paure e veri malanni di nove grandi personaggi.



Capitolo dopo capitolo emerge così il concetto di ipocondria nella sua evoluzione storica: oggi la consideriamo un disordine psicologico compulsivo curabile con terapia psicologica o, nei casi più gravi, con fermaci, ma nell'antica Grecia, per esempio, indicava un malessere con sede nell'hypochondrium (da cui il nome ipocondria), cioè nella parte superiore dell'addome, mentre nel diciassettesimo secolo la si definiva come un disturbo gastrico manifestato da malinconia e nervosismo.



I nove casi descritti nel libro sono tanto diversi fra loro da giustificare la complessità della diagnosi nella storia: il diarista settecentesco James Boswell e la scrittrice Charlotte Brontè, per esempio, erano ipocondriaci perché depressi, Charles Darwin e la pioniera delle infermiere Florence Nightingale erano invece affetti da virus sconosciuti e soffrivano temendo l'ignoranza dei medici, Alice James (sorella dello scrittore Henry) e Marcel Proust avevano malanni reali, che tendevano però a ingigantire.





Andy Warhol

Poi ci sono il giudice Daniel Paul Schreber (che scrisse Memoriediun malato dinervi), famoso visionario, e finalmente Glenn Gould e il maestro della Pop Art Andy Warhol, ipocondriaci nel senso moderno del termine, cioè ossessionati da mali inesistenti e dalla paura scatenata dall'eccesso d'informazioni.



Dillon ha scritto sul Wall Street Journal: «Oggi aggiungerei Michael Jackson. Era fissato con il suo aspetto al punto da affrontare decine di operazioni estetiche che ne hanno acuito la dipendenza dai farmaci».



Eppure, questi personaggi vissuti in epoche e culture mediche diverse hanno qualcosa in comune: i disturbi gastrici ricorrenti, il ricorso a terapie empiriche e fantasiose (lo scrittore settecentesco James Boswell, il primo ad autodefinirsi ipocondriaco, ballava quindici minuti al giorno, di mattina) ma soprattutto la straordinaria capacità di trasformare l'ossessione per il corpo in energia creativa. Dillon scrive: «Reale o immaginaria» «l'idea della malattia divenne il cardine delle loro vite, spingendoli a ritirarsi dal mondo e a rifugiarsi nel lavoro».



Basti pensare all'asmatico Proust, che si isolò in camera da letto a scrivere la Recherche, o alla Nightingale, che, dopo aver contratto un virus misterioso in Crimea (forse brucellosi), si chiuse nell'Hotel Burlington a Londra e scrisse i libelli che spinsero il governo a riformare il sistema sanitario. Alice James trasformò invece la sua malattia reale in un vezzo eccentrico che la sottrasse al grigiore della vita ordinaria.

Anche Charles Darwin nutrì le sue ambizioni scientifiche coltivando la sua invalidità fisica, cioè un problema dì stomaco dovuto forse a un parassita tropicale preso durante i viaggi a bordo del Beagle. Così, perfino mentre scriveva L'origine delle specie prendeva pedantemente nota delle sue flatulenze, che cercava di placare con lavaggi intestinali di acqua gelata. Metodi empirici. Proprio come la cristallote-rapia amata da Andy Warhol. Il suo corpo gracile gli faceva temere allo stesso modo acne e cancro, calvizie e Aids: così finì per trascurare proprio l'infiammazione alla cistifellea che lo portò alla morte.



Articolo Originale
di
Anna Lombardi




TERAPIE
Con farmaci e sedute di relax il problema rientra

ANSIA O DISTURBO PSICOSOMATICO?
LA SCIENZA INDAGA, E INTANTO CURA



Gli ipocondriaci sono soggetti che vivono con la continua angoscia di avere una malattia non diagnosticata.
Il che dipende da un'errata interpretazione di normali sintomi del loro corpo.
Ma la scienza ancora fatica a classificare tale stato: se il paziente avverte sintomi inesistenti, allora siamo nel campo dei disturbi psicosomatici.

Chi invece rimugina su sintomi effettivi (ma del tutto fisiologici e non patologici) è più vicino ai disturbi ansiosi o ossessivi-compulsivi. In ogni caso, quando l'ipocondria diventa seria al punto da impedire una normale vita quotidiana, va curata.

La psichiatra Kelli Harding del Columbia University Medical Center di New York spiega: «A seconda della gravità dei casi si usano psicofarmaci oppure la terapia cognitivo-comportamentale. I primi vanno presi per diversi mesi ma poi, nel 70-90 per cento dei casi, danno buoni effetti».

Sono fluoxetina, paroxetina e fluvoxamina, cioè antidepressivi che aumentano la quantità di serotonina, un neurotrasmettitore presente nel cervello e importantissimo per il controllo dell'umore.






Kelli Harding

Kelli Harding dice: «Anche la terapia cognitivo-comportamentale migliora i sintomi con effetti piuttosto veloci e duraturi. Uno studio ha mostrato che, a un anno di distanza dal trattamento, il 55% dei pazienti stava meglio. Per funzionare, il treattamento, innanzitutto, si insegna al paziente che la maggior parte delle persone, se solo si autosservano per due settimane, avvertono almeno un sintomo che non sanno spiegare ma che questo non significa che sia una cosa grave» dice Brian Fallon, del centro di medicina comportamentale della Columbia University. «Quindi si passa a tecniche di meditazione e rilassamento».
Per il futuro conclude la Harding: «Per qualche ragione il sistema immunitario spinge gli ipocondriaci a sentirsi sempre malati. Indaghiamo per scoprire il perché»







Articolo Originale
di
Giuliano Aluffi



Edited by filokalos - 21/4/2010, 22:37
 
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