Il Forum delle Muse

Raccontare è facile o difficile?

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Andbeat
view post Posted on 6/9/2007, 06:37     +1   -1




Raccontare è facile o difficile?

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... è facile ...

Scrivere una storia è una cosa semplice.
La cosa più difficile, è inventarla.
Certo, spesso si sente dire:
"Sì, la storia c'è, ce l'ho in mente,
potrei raccontarla per filo e per segno;
ma non so raccontare, ecco.
Mi manca la tecnica, l'abilità di raccontare
".


Di solito non è così. La capacità di raccontare una storia
— non diciamo di scrivere un romanzo ma semplicemente:
di raccontare una storia — ce l'abbiamo tutti.

raccontare-1

Viviamo sempre immersi nelle storie,
continuamente ne raccontiamo
(al marito, alla moglie, alla vicina di casa,
allo sconosciuto nello scompartimento del treno..)
e ce ne sentiamo raccontare
(dalle persone ma anche dai giornali, dalla tv, dalla radio.):
quindi, tutti e tutte siamo "competenti" in storie. img_raccontare3

Se desideriamo raccontare una storia,
e ci pare di averla ben chiara in mente,
ma di fronte al foglio di carta o allo schermo del computer
ci cascano le braccia;
oppure se cominciamo a scrivere con foga e con passione,
ma dopo un po' (cinque pagine, o dieci, o quaranta, o una sola.)
non sappiamo più come fare e ci sentiamo persi;
bene, è probabile che l nostro imbarazzo abbia una sola causa.

Non è che non sappiamo raccontare.

È che non abbiamo completato la nostra invenzione.

1178902142raccontare


... Continua...



Edited by filokalos - 21/9/2012, 07:28
 
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Andbeat
view post Posted on 9/9/2007, 12:15     +1   -1




... il difficile è inventare ...


Può succederci, mentre guardiamo un film
o leggiamo un libro, di pensare:

"Ma come hanno fatto a venirgli in mente, certe cose?".

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Il punto è questo.
Inventare significa:
farsi venire in mente delle cose.
In particolare significa:
farsi venire in mente tutte le cose che ci servono.

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Spesso ci vengono in mente cose che non ci servono.
La nostra immaginazione è come una cattiva commessa:
ci fa provare tutte le scarpe che non ci vanno bene,
e tiene nascoste quelle che sembrano fatte apposta per noi.

E magari, di quelle scarpe che non ci vanno bene,
se è una brava cattiva commessa, ce ne fa pure comperare un paio.

image
(quella della foto non sembra affatto cattiva.... :wub: )

Imparare a inventare consiste nell'imparare due cose:
1. ad allargare la nostra immaginazione,
2. a concentrare la nostra immaginazione.
Una cosa sembra il contrario dell'altra, ma non è così.... ;)



Edited by Andbeat - 14/9/2007, 13:37
 
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Andbeat
view post Posted on 13/9/2007, 06:55     +1   -1




... bisogna allargare l’immaginazione..


Pensiamo a una storia.
Una storia che ci è venuta in mente una volta,
o che magari abbiamo anche provato a scrivere.

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Questa storia avrà un uomo o una donna come protagonista.
Allora proviamo a farci qualche domanda (dieci tanto per cominciare):

1. dove abita (città, via, numero) il/la protagonista?
2. che cosa mangia abitualmente?
3. ha la carta di credito? e se sì, quale?
4. che tipo di calzini o calze preferisce?
5. che lavoro fa, e che posizione ha esattamente?
6. com'era, quando aveva cinque anni?
7. quali scuole ha fatto?
8. di che colore è la facciata della casa in cui abita?
9. ha cugini?
10. è soggetta a raffreddori?

Queste dieci domande possono sembrare sciocche,
e forse lo sono un po'.

Il punto è che non possiamo raccontare una storia
se non conosciamo i nostri personaggi
quasi meglio di noi stessi.


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Naturalmente non serve che tutte queste cose
entrino nel racconto che scriveremo:
ma bisogna che noi le sappiamo.


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...e nello stesso tempo concentrarla.


Il nostro personaggio sale in autobus.
Sembra facile, no?
Eppure c'è ancora un sacco di domande da fare...

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Perché non prende l'automobile
o lo scooter o la bicicletta?
Ha il biglietto pronto in tasca
o deve acquistarlo?
Dov'è esattamente la fermata in cui sale?
E quella in cui scende?


Concentrare l'immaginazione significa:
- cercare tutti i particolari relativi
a un singolo atto compiuto dal personaggio.

Tutti i comportamenti, tutte le azioni,
devono avere una ragione precisa.

Di nuovo non è necessario che tutte le ragioni
vengano dette nel racconto che scriviamo;
ma noi dobbiamo conoscerle.


Immaginiamo di dover fare un film.
Nell'inquadratura c'è il nostro personaggio,
che fa quello che deve fare.
Ma di fianco, davanti, dietro a lui, c'è il mondo.
Il suo mondo.

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Fatto di cose, stanze, oggetti, strumenti,
altre persone, insegne, cartelli stradali,
vestiti, e così via.

Se facciamo un film, dobbiamo materialmente
far entrare nell'inquadratura tutte queste cose.

Se scriviamo un racconto,
non è necessario che facciamo entrare
ogni cosa nella pagina,
ma è necessario che ogni cosa
ci sia nella nostra immaginazione.



Edited by Andbeat - 14/9/2007, 13:38
 
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Andbeat
view post Posted on 14/9/2007, 12:45     +1   -1




...la spontaneità non basta...

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Certamente l'invenzione originaria, il nocciolo della storia,
è una cosa che viene da dentro di noi,
cioè non si sa da dove venga.
Ma tutto il resto, è lavoro d'ingegno.
Nella vera invenzione c'è una grande parte di razionalità,
di logica, di conseguenze strette.

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Molte persone scrivono senza pensare,
lasciando che le cose escano dalla mente
— o dal cuore —
e cadano nella pagina.

Questo va benissimo, all'inizio.
Ciò che è dentro di noi deve uscire fuori.
Ma il giorno dopo dobbiamo leggere
quello che abbiamo scritto con gli occhi della logica.
Tutto deve essere credibile.

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Un esempio...
"Giorgia disse a Giorgio: "Non ti amo più".
Se ne andò quasi di corsa.
Giorgio rimase sorpreso, prima che addolorato.
Si prese quindici giorni di ferie per pensarci su".


La prima domanda è: che lavoro fa, Giorgio,
se così al volo può prendersi quindici giorni di ferie?
E poi: che tipo può essere Giorgio,
se rimane così sorpreso di fronte alla fuga di Giorgia?
Com'era fatto il loro rapporto?
Anche se noi volessimo raccontare
ciò che è successo a Giorgio dopo la fuga di Giorgia,
dovremmo conoscere per filo e per segno
tutta la precedente storia di Giorgio e Giorgia:
come si conosciuti, come si sono amati,
come si sono allontanati senza accorgersene
(o almeno senza che Giorgio se ne accorgesse).

Di tutto questo, forse, niente entrerà nella storia
che effettivamente scriviamo:
ma noi dobbiamo sapere tutto.

^_^


 
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Andbeat
view post Posted on 15/9/2007, 21:59     +1   -1




...anche perché le storie sono sempre quelle...

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Secondo alcuni studiosi, non esistono al mondo
più di una trentina di diverse trame. :woot:

Pensate a quanti romanzi
(a cominciare dai Promessi Sposi)
hanno questa trama: lui e lei si amano,
ma qualcosa o qualcuno lo impedisce,
lui e lei vengono separati,
attraversano una serie di avventure,
alla fine si ricongiungono e si sposano.

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Può cambiare natura la cosa che separa:
può essere la distanza fisica, o quella sociale,
il volere di un genitore, una malattia o una depressione,
un segreto inconfessabile e così via;
ma qualunque sia la cosa che separa,
il meccanismo della trama è lo stesso.

Questo per dire:
non è tanto importante la trama, l'intreccio.

Quasi di ogni storia si può dire che
è l'imitazione di un'altra storia.

Tutto sommato, la nostra stessa vita
somiglia alla vita di tanti altri.

Tuttavia, noi sentiamo la nostra vita
come unica e originale,
almeno per certi aspetti.

Quindi della storia che vogliamo scrivere
dobbiamo sapere che cos'è che la rende
unica e originale.

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Bisogna pensarci accuratamente.
Attenzione: è possibile che, alla fin fine,
la nostra storia non sia per niente unica e originale.
Il più delle volte è così.
Spesso conviene rinunciare.




**********************************




...però si possono raccontare in tanti modi...


Cominciamo il racconto.
"Un giorno, un uomo e una donna
si incontrarono in un bar..
".

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Oppure:
"Giorgia mi aveva piantato,
mi sentivo vuoto e stanco,
avevo bisogno di stare solo e separato dal mondo...
".


Si può raccontare in terza o in prima persona.
Ricordiamoci che, contrariamente a quanto si crede,
il racconto in terza persona è più adatto
per dipingere emozioni e sentimenti,
mentre quello in prima persona è più adatto
per le storie fatte soprattutto di avvenimenti.


Provate a vedere che cosa succede,
prendendo un racconto in terza persona
e voltandolo in prima, e viceversa.
Vi accorgerete delle differenze.

Ma non esistono solo i racconti.
Per narrare una storia, si possono usare tante altre forme.

La forma della lettera, ad esempio.
Giorgio scrive a Giorgia:
"Mi hai piantato così, all'improvviso,
e non ho ancora capito.
",
e continua raccontando la storia
dal suo punto di vista,
ma sempre rivolgendosi a lei...

Le lettere sono interessanti proprio perché
mettono in scena qualcuno che parla a qualcun altro.


Oppure: il diario.

"Ieri Giorgia mi ha piantato.
Ho deciso di tenere un quaderno
in cui scrivere tutti i pensieri
che mi vengono riguardo a lei...
".


Oppure: gli appunti dello psicoterapeuta di Giorgio.
Giorgio gli racconta la sua storia, e lui prende nota.

Oppure: un vecchio amico di Giorgio lo invita
a un week-end in montagna.
Com'è naturale, invita anche Giorgia.
Giorgio si presenta solo.
L'amico gli fa domande, Giorgio elude.
Poi, alla fine, si apre.

Insomma: per ogni storia che vogliamo raccontare,
dobbiamo cercare la forma più adatta.
Ogni forma ci consente di mettere in luce
determinati aspetti della vicenda.

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Si tratta di provare e riprovare,
finché non sentiamo di aver trovata la forma giusta.
Nello scrivere, la pazienza non è tutto:
ma quasi tutto.

 
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Andbeat
view post Posted on 16/9/2007, 16:34     +1   -1




Per quelli che amano i Decaloghi



...Dieci trucchi per inventare...


1. Quando ti vengono le migliori idee? Mentre fai la doccia?
Mentre passeggi? Al supermercato? La domenica mattina,
quando sei ancora in pigiama?
SPOILER (click to view)
Allora non esitare:
fa spesso la doccia, passeggia molto,
sta interi pomeriggi al supermercato,
impigrisciti senza ritegno tutte le domeniche mattine.
Non sai perché funziona, ma funziona. Il tuo corpo sa perché funziona.


2. Hai una buona idea, ecco, dov'è la penna. No, aspetta.
Non scrivere. Scriverai domani, dopo-domani.
Lascia che l'idea ti giri per la testa.
SPOILER (click to view)
Pensaci mentre fai la doccia, mentre passeggi,
al supermercato, la domenica mattina.
Spesso una scrittura troppo immediata isterilisce l'idea.
L'idea, girando nella mente e nel corpo,
s'ingrassa, diventa più ricca, si completa.


3. Hai l'abitudine di scrivere molto. Non ne puoi fare a meno.
Allora compera molti quaderni ad anelli e molti pacchetti di fogli.
Non scrivere mai due cose diverse sullo stesso foglio.
Di tanto in tanto, rileggi.
Dividi i tuoi fogli in diversi quaderni:
- in un quaderno le cose di un tipo,
- in un altro quaderno le cose di un altro tipo.
Ogni tanto rileggi, con in mano un evidenziatore:
- segna tutte le frasi che ti sembrano importanti.
Poi ricopiale in un altro quaderno.
SPOILER (click to view)
In questo modo il materiale che la tua mente produce
— sempre eccessivo, spesso confuso — si selezionerà e ordinerà.



4. Non scrivi quasi mai. Bene. Non è un problema.
Non pensare che dovresti scrivere.
Scriverai un'altra volta.
SPOILER (click to view)
Intanto pensa, fantastica, leggi libri, guarda il mondo, chiacchiera.


5. Sono tre ore che stai su un racconto,
e non ti viene in mente niente.
È come se delle corde strettissime avvinghiassero il tuo cervello.
Hai presente, come succede a volte,
che il nome di un conoscente non ti viene,
sai benissimo chi è, ce l'hai in punta di lingua,
ma non ti viene? Poi pensi ad altro, e
all'improvviso ti ricordi.
Bene, è la stessa cosa. Devi pensare ad altro.
SPOILER (click to view)
Compila la denuncia dei redditi, fa' un cruciverba,
cucina una torta, litiga con qualcuno.
Il tuo cervello si svincolerà.


6. Ti accorgi che in ciò che scrivi
ci sono delle cose che tornano.
Un certo tipo di paesaggio, una donna
che si comporta in un certo modo,
una certa situazione, una casa arredata cosi e cosà
certe parole che ti vengono fuori continuamente.
Bene: se succede così, vuol dire che c'è qualcosa sotto.
SPOILER (click to view)
Siediti sotto un albero e fatti delle domande.
Perché hai sempre in mente un certo paesaggio?
Perché immagini sempre donne fatte in un certo modo?
Perché certe situazioni ti appassionano?
Non è importante che tu trovi delle risposte vere.
Basta che tu trovi delle risposte, più risposte possibile.
Ti serviranno.


7. Fa' leggere quello che scrivi, anche se non è finito,
anche se non ti piace.
Procurati un'amica o un amico di cui ti fidi:
cioè che siano sinceri.
Non domandare mai: "Allora, ti è piaciuto?".
Domanda invece: "Che impressione ti fa?".
Prendi nota delle impressioni, e poi domanda:
"Quando dici che ti commuove, sapresti dirmi
dov'è esattamente che ti commuovi, e perché?";
"Quando dici che non capisci che cosa succede,
dov'è esattamente che non capisci?";
"Quando dici che è buffo, mi fai vedere quali
sono esattamente le parole buffe?".
SPOILER (click to view)
Così imparerai molte cose sugli effetti che
ciò che scrivi produce in chi legge,
e sul perché produce questi effetti. Questo è importantissimo.


8. Usa ancora l'amica o l'amico fidati.
Racconta loro la tua storia, a voce,
anche se l'hai già scritta.
Fa' con loro un patto:
che devono continuamente
interromperti con domande.
Così sarai costretto a completare la tua immaginazione,
a trovare tutti i particolari,
a motivare ogni singolo avvenimento della storia.
SPOILER (click to view)
Se ti fanno poche domande, cambia amica (o amico).
Attenzione: loro ti stanno aiutando
ricambiali con un regalino o un invito a cena.


9. Di nuovo, ti senti senza idee.
Il tuo racconto è lì fermo a metà.
Prendi in mano un libro a caso, aprilo a caso,
leggi una frase a caso:
"Non una visione, stavolta, ma un ascolto".
Che frase sibillina!
Prova a trovare un legame tra la frase e il tuo racconto:
come se fosse un consiglio che ti viene dato.
"Non una visione, stavolta, ma un ascolto".
Che cosa può voler dire? Chi lo sa.
Ma se ci penserai seriamente, ti verranno in mente delle cose.
Magari non cose utili, ma probabilmente cose nuove

SPOILER (click to view)
(La frase viene da: Paolo Attivissimo, Internet per tutti,
edizioni Apogeo, pagina 141. Ma quasi ogni frase va bene).


10. Un testo è come un nastro: si legge dall'inizio alla fine.
Ma non tutti i libri, per dire, si leggono dall'inizio alla fine:
pensa ai dizionari, alle guide turistiche,
ai manuali per navigare in Internet.
Prova a immaginare: come sarebbe, la tua storia,
se fosse un dizionario? O una guida turistica?
O un manuale? O un libro di ricette? O una pubblicità?
O un cartello stradale? O una legge? O una canzone?
O un saggio? O un articolo di quotidiano?
SPOILER (click to view)
Bene: tu, alla fin fine, scriverai probabilmente un racconto;
ma immaginando non tutti (che è impossibile),
ma il maggior numero possibile di modi per raccontare la tua storia,
quasi di sicuro sentirai zampillare nella mente nuove idee.


Edited by Andbeat - 17/9/2007, 15:07
 
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Andbeat
view post Posted on 17/9/2007, 14:25     +1   -1




...Dieci cose da non fare...

1
Non succhiate la penna. Fa venire acidità di stomaco.

2
Non pensate di aver scritto un capolavoro. Di capolavori ce n'è già abbastanza.

3
Non scrivete sotto la spinta di un'emozione. Aspettate che l'emozione si sia calmata, si sia depositata nel fondo del vostro cuore.

4
Non scrivete solo quando siete tristi. Per scrivere ci vuole energia, e l'energia è sorella della letizia.

5
Non buttate via. Mettete da parte, e rileggete tra un po' di tempo. Magari, in mezzo a tante cose inutili, c'era una cosa buona.

6
Non date nomi stranieri ai vostri personaggi. C'è il pericolo dell'effetto telenovela.

7
Non abbiate fretta. Le idee vengono e si svelano sempre un po' per volta, gradualmente.

8
Non preoccupatevi di "scrivere bene". Se una storia è interessante, è interessante anche se è scritta in maniera semplice e piana.

9
Non fermatevi a pagina tre. Continuate almeno fino a pagina quindici Le idee migliori vengono quando cominciamo a pensare di non avere più idee.

10
Non scrivete dopo mezzanotte. La notte è fatta per dormire.

**********************************

...Dieci buoni consigli...

Se la capacità di raccontare ce l'abbiamo tutti,
allora andiamo: cominciamo a raccontare.

Prendiamo carta e penna, o sediamoci
davanti alla macchina per scrivere,
o accendiamo il nostro computer e diamoci dentro.

Ma, mentre scriviamo, cerchiamo di tenere
presenti alcuni criteri di lavoro.

1
È importante rileggere. Curiosamente, è un comportamento diffuso: molte persone evitano accuratamente di rileggere quello che hanno scritto. Questo non va bene. Bisogna diventare buoni lettori di sé stessi. La prima regola è: leggere qualche frase, o un capoverso, poi fermarsi e farsi un po' di domande: fin qui va bene? ho detto tutto o ho dimenticato qualcosa? è tutto chiaro? ci sono particolar mancanti?

2
È importante essere avvincenti. Il primo desiderio di chi scrive è di essere letto: di essere letto tutto, fino in fondo, appassionatamente. Quindi un racconto o un romanzo deve essere innanzitutto avvincente. Come facciamo a capire se quello che abbiamo scritto è avvincente? Prendiamo dalla nostra libreria i dieci libri che consideriamo più avvincenti. Rileggiamoli, o almeno sfogliamoli, rileggiamo le pagine più emozionanti Domandiamoci che cos'è che rende così avvincenti questi libri (o queste pagine)? Poi leggiamo i nostri scritti, e facciamoci la stessa domanda.

3
La narratone è soprattutto cose e fatti. Spesso ciò che ci spinge a scrivere è un sentimento (o un'emozione). Noi vorremmo che chi legge rivivesse quel sentimento. Questo è giusto. È ingenuo, però, credere che basti parlare di quel sentimento perché il lettore ne diventi partecipe. Sentimenti ed emozioni nascono da situazioni, avvenimenti, fatti, cose, ambienti, paesaggi, viaggi, oggetti, parole dette o sentite, sogni, visioni. Se vogliamo che lo stesso sentimento si produca in chi legge, dobbiamo raccontare situazioni, avvenimenti, fatti, cose, ambienti eccetera. Se ogni volta che mangio una granita al caffè mi commuovo, non devo parlare della mia commozione, ma descrivere la granita al caffè.

4
Raccontare è far vedere. Succede a tutti, nel leggere un libro appassionante, di vedere con gli occhi della mente ciò che viene raccontato: come se un film venisse proiettato davanti ai nostri occhi. Mentre scriviamo dobbiamo domandarci continuamente: che cosa sto facendo vedere al lettore, in questo momento? Se in un certo momento non stiamo facendo vedere niente al lettore, ecco: è come se gli presentassimo uno schermo tutto nero.

5
La narrazione è fatta di "scene" e "inquadrature". Esattamente come i film, una narrazione consiste di un certo numero di "scene" e di "inquadrature". Mentre raccontiamo dobbiamo avere bene presente quando finisce una scena o un'inquadratura e ne comincia un'altra. Un trucco utile è questo: suddividiamo il nostro testo in tanti capitoletti, non più lunghi di mezza pagina ciascuno, e diamo un titolo a ogni capitoletto. Quasi automaticamente divideremo il testo in "scene, e mettere il titolo ad ogni scena ci aiuterà a capire che cosa effettivamente è "al centro della scena" in quelle righe.

6
Chi racconta la storia? Non sempre siamo noi a raccontare la storia. Possiamo inventarci un personaggio che la racconti al nostro posto. Possiamo farla raccontare al protagonista o a un personaggio secondario, che partecipa marginalmente all'azione (come il dottor Watson che racconta le avventure di Sherlock Holmes). Ma possiamo farla raccontare anche a un oggetto, a un animale, a una parte del corpo: immaginiamo la storia di Pinocchio raccontata dal suo naso o la storia del Gatto con gli stivali raccontata dagli stivali..

7
Attenti alle anticipazioni. "Giorgio non sapeva ancora che, accettando 'invito di quella donna, si sarebbe messo nei guai..". È facile incontrare frasi così. Spesso si crede che con frasi così si aumenti la tensione e l'aspettativa. Non è vero: si ottiene l'effetto contrario. Ora io so che Giorgio, avendo accettato l'invito di quella donna, si metterà nei guai Se non l'avessi saputo, se non avessi avuta questa "anticipazione" sulla storia, tutto per me — lettore — sarebbe stato più misterioso e avvincente.

8
Attenti al punto di vista. Se Giorgio mi racconta comè andata tra lui e Giorgia, è evidente che conoscerò solo una metà della storia. Se invece a raccontare sarà Giorgia, conoscerò l'altra metà: e non è detto che i due pezzi coincidano, perché ognuno deforma la realtà secondo la sua percezione e l suo comodo. Così, quando facciamo raccontare la storia a un personaggio, o comunque la raccontiamo dal suo punto di vista, dobbiamo evitare di assumere, anche per un solo istante, il punto di vista d'un altro personaggio. Similmente, la storia raccontata da un personaggio può contenere solo quelle informazioni di cui quel personaggio può ragionevolmente essere in possesso. Infine ricordiamoci che un personaggio, mentre ci racconta la sua storia, può anche mentire.

9
I dialoghi che difficili! È proprio difficile far parlare i personaggi. Una conversazione scritta che appaia "naturale" è in realtà molto diversa da una conversazione reale. Si possono seguire alcune piccole regole: a. scrivere solo quelle battute di dialogo che contengono informazioni nuove per il lettore, b. scrivere solo le battute che non possono essere previste dal lettore, e. sostituire, quando si
può, una battuta con un gesto espressivo, d. usare nel dialogo, quando si può, frasi "nominali", cioè senza il verbo.

10
Entrare subito in argomento. Per ultimo mettiamo un consiglio sull'iniziare. Evitate di prendere le cose alla larga (Manzoni nei Promessi sposi l'ha fatto: ma noi non siamo Manzoni), entrate subito in argomento, e chiamando le cose col loro nome. "Era una bella giornata d'aprile. Un uomo aprì la finestra e si affacciò". Meglio: "Giorgio aprì la finestra e si affacciò. Era una bella giornata d'aprile".
Sembra che non cambi quasi niente, invece cambia tutto: anziché cominciare con la meteorologia, cominciamo con un personaggio (reso evidente dal nome) e con un gesto: aprire la finestra e affacciarsi.
 
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Andbeat
view post Posted on 19/9/2007, 16:32     +1   -1




Le scritture autobiografiche

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Scrivere è anche prendersi cura di se stessi.
Scrivere un'autobiografia o un diario può essere uno dei modi per prendersi cura di se stessi, a qualsiasi età.


Autobiografia



Il desiderio di scrivere un'autobiografia o di raccontare alcune parti della propria vita, è di solito generato da un desiderio ben più importante: dal desiderio di "mettere ordine", di trovare un filo conduttore, di scoprire il senso di ciò che è avvenuto.

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La scrittura si presta bene a questo scopo: si può scrivere, riscrivere, cancellare, ampliare, rileggere.

Per "autobiografia" non si intende un resoconto dettagliato e particolareggiato della propria esistenza, bensì un testo che:
- presenti alcuni tra i momenti-chiave dell'esistenza, in particolare quelli a carattere più "sociale e di "passaggio";
- disegni una traccia della propria esistenza, presentandola non come una sequenza di avvenimenti ma come lo svolgersi di una storia non conclusa.

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L'autobiografia quindi non è un semplice contenitore di memorie, ma uno strumento per conoscere più approfonditamente la propria esistenza.

Alla scrittura autobiografica possono dedicarsi persone più o meno giovani e con diverse motivazioni:

"Vorrei scrivere la mia vita per lasciarla ai miei nipoti".

"Ci sono tante cose della mia infanzia e giovinezza che avevo dimenticate, e mi sono accorto che scrivendole pian piano mi tornano in mente".

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Sono in un periodo un po' confuso, vorrei ricostruire
come sono diventato quello che sono
".

"Mi sento in un momento di passaggio, vorrei fare il punto".

"Mi dispiace l'idea di morire e che non resti niente."

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In pratica, le esigenze centrali della scrittura autobiografica sono:

A)
Ricordare ciò che è stato dimenticato;

B)
raccontare la propria vita individuandone i fili conduttori, i "punti di svolta, i "momenti chiave", "le tendenze di fondo";

C)
produrre un testo che resti e che eventualmente possa accompagnare, continuamente o saltuariamente arricchito e "aggiornato", la vita negli anni futuri.

Un'autobiografia può essere composta anche utilizzando le immagini appartenute ad un nostro passato più o meno lontano.

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Allora può essere utile ripescare dai nostri album o dalle scatole in cui sono raccolte, le fotografie che rappresentano le tappe fondamentali della nostra esistenza e, tanto per cominciare, si può iniziare semplicemente con il descriverle e, successivamente, con il prendere appunti di tutti i ricordi e le emozioni che riaffiorano in noi guardandole.

Se volete scrivere un'autobiografia, potete iniziare con questo semplice esercizio:

Provate a scrivere una decina di volte la vostra autobiografia in non più di dieci/venti righe.

Ogni volta sceglierete un punto di vista diverso. Ecco qualche esempio:

- L'autobiografia secondo il vostro lavoro o i vostri lavori,
- L'autobiografia secondo le grandi occasioni (vinte o perdute) della vostra vita,
- L'autobiografia dei libri o delle canzoni o dei film che vi hanno appassionato/a
- L'autobiografia secondo le case nelle quali avete abitato

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ecc. ecc.



Edited by filokalos - 10/4/2009, 17:31
 
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Andbeat
view post Posted on 21/9/2007, 18:25     +1   -1




Il diario

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Il diario può essere uno strumento per conservare il ricordo di esperienze e di emozioni, uno strumento per rafforzare la percezione delle esperienze e delle emozioni e, ancora, uno strumento per integrare le proprie esperienze ed emozioni.

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Anche il diario quindi, come l'autobiografia, non è un semplice contenitore di memorie, ma uno strumento per conoscere più approfonditamente la propria esistenza.

Può essere utilizzato per tutta la vita o solo in certi periodi della vita, ad esempio quando sentiamo di dover "fare il punto della situazione".

Un diario può essere scritto utilizzando tecniche di scrittura creativa, ma anche utilizzando la scrittura spontanea.

Se volete iniziare a scrivere un diario è opportuno seguire questi consigli:



1.

Quando prendete un appunto, segnate sempre la data; non è male se segnate anche l'ora.


2.

Siate brevi. Quando prendete nota di avvenimenti, immaginazioni o pensieri, scrivete l'essenziale.

Non mescolate appunti e commenti.

Quando avete finito di scrivere, leggete quello che avete scritto.

Dopo che avete letto potete aggiungere ulteriori precisazioni o brevi commenti.

Se potete, prendete i vostri appunti durante il giorno, man mano che le cose o le emozioni o i pensieri accadono.



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Se volete scrivere un diario quotidiano, potete seguire questi piccoli accorgimenti:



1)

Trovatevi un'ora al giorno per scrivere il diario quotidiano.



2)

Non importa che ora è: importa che sia un momento fisso
(e ben protetto) della vostra giornata.



3)

Quando cominciate a scrivere l diario quotidiano, cominciate scrivendo la sintesi della giornata.


4)

Dopo che avete scritto la sintesi della giornata, provate a focalizzare una per una tutte le ore della giornata.



5)

Pensate: da quando avete chiuso, ieri, il vostro diario quotidiano, che cos'è successo?
Ora per ora, scrivete gli avvenimenti o le emozioni o i pensieri.



6)

Rileggete gli appunti della giornata.



Dopo che avete letto potete aggiungere ulteriori precisazioni o brevi commenti.

Oltre al diario della vita quotidiana, si possono scrivere altri tipi di diario:

- un diario delle tappe e delle scelte, in cui scrivere delle nostre scelte (di vita) e delle tappe fondamentali che caratterizzano la nostra esistenza;

- un diario delle relazioni, in cui raccontare dei nostri amici, conoscenti, colleghi e compagni di vita;

- un diario dei sogni, in cui trascrivere e commentare i sogni
che ci ricordiamo o i sogni che più ci colpiscono; ecc. ecc.

Potete tenere anche più diari contemporaneamente, utilizzando quaderni diversi
o dividendo in sezioni lo stesso quaderno.



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Edited by filokalos - 10/4/2009, 18:00
 
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Andbeat
view post Posted on 25/9/2007, 12:07     +1   -1




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L'autobiografia di un altro



Autobiografie inventate.


Mark Twain, l'autore del celebre romanzo Tom Sawyer,
ha scritto anche un divertentissimo Diario di Eva.

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Lo scopo del libretto è soprattutto far fare
una magra figura al povero Adamo,
che viene presentato come un vero tontolone,
rozzo e imbranato, contento solo di mangiare e dormire.

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Molto più serie, e storicamente fondate,
sono invece l'autobiografia di Davide re d'Israele
scritta da Carlo Coccioli o
le Memorie di Adriano
di Marguerite Yourcenar

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Immedesimarsi.


Volendo, anche noi possiamo giocare, più o meno seriamente,
a immedesimarci in un personaggio realmente esistito,
e scriverne l'autobiografia (o qualche frammento
autobiografico) o il diario.

Certo: dobbiamo documentari, informarci,
leggere qualche buon libro.
Ma non sempre è necessario divorare
intere biblioteche.
L'importante è infatti riuscire
a immedesimarsi nel personaggio,
provare a sentire le cose come le sentiva lui (o lei),
ricostruire l'atmosfera del tempo e del luogo.

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Il personaggio secondario.


Un espediente spesso usato dai romanzieri
è quello di far parlare non il personaggio importante,
bensì un personaggio minore, magari di pura invenzione,
che però si sia trovato accanto, per un certo periodo,
al personaggio importante.

Così ha fatto Ernesto Ferrerò, nel romanzo N.,
(vincitore quest'anno del premio Strega)
un "falso" libro di memorie scritto
da un servitore di Napoleone.

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Il diario di Pietro.


Proviamo a immaginare un diario di Pietro:
un umile pescatore di Galilea, che improvvisamente
incontra un uomo straordinario, tale Gesù,
e comincia a seguirlo.

Pietro è un uomo semplice, ciò che Gesù dice
lo affascina, però non lo capisce tanto,
e a volte lo stra-capisce o lo capisce a rovescio.
Immaginiamo di scrivere il suo diario,
giorno per giorno, mentre pian pianino
capisce con chi ha davvero a che fare..
Qui non abbiamo bisogno di studiare tanti libri:
un'attenta lettura dei Vangeli può fornirci
tutto il materiale necessario.
E la precisione storica non sarà tanto importante:
sarà importante l'immaginazione del personaggio-Pietro.

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La straordinaria vita del nonno.



Ma non è indispensabile andare
tanto indietro nel tempo.
Anche di un nostro nonno potremmo scrivere
un'autobiografia immaginaria.
Chi non ce l'ha, un nonno o un prozio del quale
si raccontino cose favolose?
Che è emigrato in America,
che ha fatto la guerra in Africa,
che è salito in montagna dopo l'8 settembre,
che ha sposato la donna che amava
contro la volontà dei genitori,
che ha fatto fortuna cominciando dal nulla,
o al contrario, che da ricco che era si è ridotto in miseria.
Un buon esempio può essere
un romanzo di Giovanna Giordano,
Trentaseimila giorni, autobiografia immaginaria,
ma basata sulla tradizione familiare,
di un'antenata immigrata in America.

Giocare con il diario e l'autobiografia



L'album dei viaggi.


Avete mai provato a tenere un diario di viaggio?
Può essere molto divertente, e aiuta a conservare i ricordi.
Ciò che si scrive, lo si può poi ricopiare
in bella copia in un album,
alternando il testo alle fotografie che avremo scattato,
o a qualche "pezzo di carta" significativo:
lo scontrino del più grande McDonald's di Atlanta,
il biglietto d'ingresso al Louvre,
una banconota jugoslava
— fuoricorso, per carità —
da un milione di dinari,
una cartolina di piazza San Marco a Venezia
con i piccioni che formano la scritta "Coca-Cola,
la ricevuta del Gran Hotel di Rimini (se ve lo potete permettere)

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Cartoline



Quando si è in viaggio, si sa,
si possono spedire le cartoline.
E allora immaginate di tenere un diario di viaggio
in forma di cartoline: non è necessario
che le spediate davvero, ma sarebbe meglio;
potete spedirle a voi stessi, oppure ai vostri amici.
Il pochissimo spazio disponibile per scrivere,
la necessità di farci stare anche saluti e auguri,
vi costringeranno a inventare frasi brevissime ed efficaci.

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Viaggiare vicino.


Se non vi piace viaggiare, o non potete farlo,
potete sempre imitare Xavier de Maistre,
autore del più stupefacente diario di viaggio:
Il Viaggio intorno alla mia camera.

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De Maistre si muove nella sua stanza,
incontra gli oggetti, li descrive,
racconta la loro provenienza
(questo mi fu regalato in quell'occasione..
questo lo comperai quella volta che.),
si dilunga sulla loro utilità e sull'affetto che ha per loro
(chi non ha la sua poltrona preferita?).

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Il viaggio quotidiano.


Magari potete allungarvi un po',
e inventare un diario del viaggio
da casa fino al posto di lavoro.
Quante persone incontrate?
Quanti luoghi attraversate?
Com'è il vostro autobus?
I luoghi che attraversiamo e le persone
che incontriamo quotidianamente
fanno parte della nostra esistenza,
hanno un significato di cui spesso non ci rendiamo conto
— ma basta pensarci un poco, e si fanno scoperte interessanti...

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Edited by Andbeat - 26/9/2007, 11:58
 
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Andbeat
view post Posted on 28/9/2007, 21:31     +1   -1




Una grande storia d'amore

Una donna e un uomo si conoscono.
Si piacciono, s'innamorano.
Dopo un tempo ragionevole,
sentendosi sicuri, si sposano,
e vivono a lungo felici e contenti.

Questa è una storia d'amore?
Sì, e probabilmente è una grande storia d'amore.
Ma difficilmente potrà essere un romanzo.

I romanzi o i racconti d'amore (o "rosa, se preferite)
sono quasi sempre (e il "quasi" lo mettiamo solo per prudenza)
storie d'amore contrastato, o difficile, o addirittura impossibile.

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Un amore nasce ma qualcosa gli impedisce di prendere il volo.
Questo conflitto, tra l'amore che vuole essere
e ciò che gli impedisce di essere,
è il nocciolo di qualunque storia d'amore.

Possiamo distinguere due grandi tipi di storie d'amore:
- quelle in cui il conflitto è esterno
(cioè il realizzarsi dell'amore è impedito dalle circostanze,
da differenze di classe, da odii familiari,
da legami preesistenti, da personaggi "cattivi".),
- e quelle in cui il conflitto è interno
(cioè il realizzarsi dell'amore è impedito
dal fatto che uno dei due non è innamorato,
o ha fatto o vuol fare scelte di vita incompatibili,
o ha un carattere impossibile, o è un indeciso cronico..)

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Questi due tipi di storia d'amore sono sostanzialmente diversi.
Se il conflitto è esterno, avremo una storia
soprattutto avventurosa: i due innamorati lotteranno
contro il mondo intero perché il loro amore possa realizzarsi.

Se il conflitto è interno, avremo una storia
più centrata sulla natura dei personaggi
perché uno dei due dovrà convincere l'altro
a cambiare il proprio progetto di vita.


...Lottare contro i mondo...

Se nella storia che vogliamo raccontare
il conflitto è soprattutto esterno,
allora la parte propriamente amorosa della storia
è tutto sommato secondaria.

Pensiamo ai Promessi Sposi:
l'amore tra Renzo e Lucia c'è fin dall'inizio,
è sicuro e non vacilla;
il problema sono gli ostacoli da superare,
le circostanze esterne, la cattiveria di Rodrigo,
la pusillanimità di don Abbondio.

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In questo tipo di storia i nostri due innamorati
sono dalla stessa parte.
Lottano fianco a fianco
— anche se magari le circostanze li tengono lontani.

Ma c'è un elemento drammatico importante:
uno dei due potrebbe, a un certo punto,
pensare di non farcela più.

Come Lucia, prigioniera nel castello dell'Innominato,
che prega la Madonna di farla uscire viva e intatta di lì:
in cambio, fa voto di rinunciare a Renzo e farsi suora.
(Sarà il cardinal Borromeo, nell'ultimo capitolo,
a sciogliere Lucia dal voto e a consentire il lieto fine:
un voto fatto in condizioni di estremo pericolo
non ha, infatti, alcun valore)

Questo elemento drammatico
— frequente in questo tipo di storia d'amore —
diventa ancora più drammatico
se l'altro innamorato rimane all'oscuro della cosa,
e continua a lottare con tutte le sue forze
senza sapere che l'altro ha ormai rinunciato.

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Ora, se vogliamo raccontare una storia di questo genere,
le questioni più importanti sono:
la misura, la credibilità, la diversità dei personaggi.



La misura.



Due innamorati sono innamorati, certo;
ma quanto sono innamorati?
Non tutti gli amori sono smisurati ed immensi.
Gli ostacoli, che i nostri innamorati incontrano,
devono essere commisurati alla forza del loro amore.

Diciamo che ciò a cui servono gli ostacoli, è:
mettere alla prova l'amore.

Non è detto che la storia abbia un lieto fine.
Se Giorgio ama Giorgia, e vogliono metter su casa,
ma Giorgio non riesce a trovare un lavoro stabile,
e quindi tutto si rimanda in continuazione
per mancanza di soldi, a un certo punto Giorgia potrebbe dire:
"Senti, Giorgio, io ti voglio tanto bene,
ma ho bisogno di uno che mi dia sicurezze".

Si va be' .... :rolleyes:

La credibilità.



Gli ostacoli che i nostri innamorati incontrano,
e le azioni che essi compiono per superarli,
devono essere materialmente credibili.
Non è necessario che un amore sia impossibile,
perché ci sia una storia da raccontare.
Basta un amore difficile. Evitiamo di esagerare.


È importante che chi legge la storia
possa identificarsi nella situazione,
riconoscerla come possibile,
come "una cosa che potrebbe capitare anche a me".

Le storie d'amore tra pastorelle e principi
(o tra dattilografe e capitani d'industria)
vanno bene appena appena per essere lette
in metropolitana mentre si va o si torna dal lavoro.
Una vera storia d'amore è un'altra cosa:
ci è più vicina, ci assomiglia di più.

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Una cosa importante per assicurare credibilità
alla storia d'amore è la definizione precisa
della "situazione materiale" dei due innamorati.

Scegliamo per loro lavori normali, redditi normali,
abitazioni normali, e — soprattutto! — nomi normali.

La storia d'amore tra Jessica Soriani, allevatrice di pavoni,
e Alexandro de Gubernatiis, sommelier,
non è in realtà meno avvincente di quella tra Giorgia Pautasso,
ragioniera torinese, e Giorgio Jevolella,
geometra siciliano (emigrato a Torino).

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La diversità dei personaggi.


I nostri due innamorati si amano,
ma non sono l'uno la fotocopia dell'altra.
Quando incontrano gli ostacoli, reagiscono diversamente.
Lui potrà essere più idealista ("Vedrai che ce la facciamo"),
lei più pratica ("Ma Giorgio, con i pochi soldi che abbiamo...");
o viceversa.

Lui sarà paziente e calcolatore,
lei più passionale; o viceversa.
Lui sarà più facile a rassegnarsi,
lei indomabilmente appassionata;
o viceversa.

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Ecco che la diversità dei due caratteri
produrrà un secondo conflitto, interno alla coppia,
non meno importante del conflitto
che oppone la coppia al mondo.

Ricordiamoci che la natura di un personaggio
salta fuori soprattutto nelle sue relazioni
con gli altri personaggi:
tanto più la natura d'una coppia salta fuori
nella dinamica della relazione tra lui e lei. :shifty:
 
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Andbeat
view post Posted on 1/10/2007, 16:07     +1   -1




...Lottare contro sé stessi...

Se nella storia che vogliamo raccontare il confitto è soprattutto interno,
allora siamo davvero nel pieno della narrazione amorosa.
Le circostanze esterne importeranno poco:
serviranno solo a creare e sostenere delle situazioni
nelle quali si rivelerà la natura dei personaggi.
Possiamo immaginare un certo numero di situazioni — o di trame — principali:

1.Amore non ricambiato.
In questo caso avremo
probabilmente due storie parallele:
la storia di lui (o lei) che vuole conquistare lei (o lui),
e cerca in ogni modo di attirare l'attenzione, interessare, sedurre,
coinvolgere, legare; e la storia di lei (o lui) che si ritrae,
si difende, si nasconde, si rifiuta.
È probabile che ci torni più comoda una narrazione in terza persona,
nella quale potremo alternare il punto di vista di lei e il punto di vista di lui.

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Gli elementi drammatici di questo tipo di storia sono di solito due:
l'incomprensione e impedimento misterioso.

Incomprensione:
Giorgio è innamorato di Giorgia,
ma Giorgia non se ne rende conto;
così, ogni gesto con cui Giorgio cerca di significare il suo amore
viene da Giorgia interpretato in maniera distorta.
Esempio: Giorgio e Giorgia si conoscono sul lavoro;
Giorgia è di grado gerarchico superiore a Giorgio;
se Giorgio la invita a cena, lei pensa che lui voglia parlarle di lavoro,
o convincerla a promuoverlo. ..
L'incomprensione può arrivare al punto da creare
tra i due personaggi un certo conflitto, o addirittura un
— temporaneo, si spera — vero e proprio odio.

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Impedimento misterioso:
Giorgio sa che Giorgia è innamorata di lui,
e anche lui è attratto da lei; tuttavia c'è una ragione
— misteriosa per Giorgia ed eventualmente,
fino a un certo punto, anche per il lettore —
per cui preferisce non avviare una relazione.

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Esempio: il padre di Giorgio ha un'attività economica in forte perdita,
Giorgio si rende conto che dovrà farsi carico dei suoi debiti e che,
pertanto, non può offrire prospettive di stabilità,
a medio termine, a una relazione con Giorgia.
Giorgia si accorgerà che Giorgio non è insensibile a lei,
tuttavia lo vedrà tirarsi indietro per ragioni che non le sono chiare:
di nuovo si produrrà una situazione di incomprensione.
Evidentemente il clou della vicenda sarà, secondo i casi,
lo scioglimento dell'incomprensione
o lo svelamento dell'impedimento.
È importante che questo non avvenga
tutto d'un tratto, ma gradualmente:
non conviene voler "bruciare tutto
il contenuto drammatico della nostra storia
in una sola "scena madre";
meglio prevedere una serie di "fuocherelli",
o "piccole scene madri", che possano provocare
parziali avvicinamenti tra i personaggi,
improvvisi equivoci, rappacificazioni e così via.

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2. Amore ambiguo.
I due si amano, ma uno dei due non riesce,
o non vuole, liberarsi da un altro legame.
Non necessariamente un legame amoroso:
lui può, ad esempio, avere un coinvolgimento
nel lavoro che a lei apparirà esagerato;
lei potrà essere legatissima alle sue amiche
e volersi conservare nell'amicizia con loro uno "spazio" tutto femminile.
La nostra storia potrà trasformarsi velocemente
in una storia di gelosia e di incertezza.

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Gelosia.
Giorgia vuole "possedere" completamente
il suo bel Giorgio, e lui a parole non dice di no;
ma in realtà le cose vanno diversamente.
Giorgia sente che lui le nasconde qualcosa
(e qui si può ricadere nell'incomprensione).
La gelosia è a sua volta un sentimento ambiguo:
da un lato è generata dall'amore,
dall'altro tende a trasformarsi in odio.
Quindi a sua volta Giorgio si sentirà a tratti
amato da Giorgia, e a tratti odiato.
Quindi anche Giorgia apparirà ambigua a Giorgio.
È necessario, per raccontare bene
una situazione del genere,
inventare tanti piccoli fatti, gesti, frasi,
che possano essere interpretati in due modi.
Giorgio vede dei bei fiori, li compera, torna a casa,
lascia in automobile per fare più tardi una sorpresa a Giorgia,
Giorgia li scopre, pensa che Giorgio
li abbia comperati per regalarli a un'altra..

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Incertezza.
"Non so (più) se ti amo o no".
Questa frase, detta o solo pensata, produce uno sconquasso.
Il personaggio che la dice, o la pensa,
diventa un personaggio doppio: da un lato agisce, fa, parla;
dall'altro si guarda agire, fare, parlare.
È come se osservasse sé stesso per capire
se è innamorato o no.
L'altro personaggio, ovviamente,
si accorge di questa incertezza:
che provoca esitazioni, ambiguità,
magari qualche (piccola o grande) bugia,
isolamento, difficoltà di comunicazione.
Allora l'elemento drammatico diventa questo:
che cosa ha fatto sì che Giorgio
non sia più così sicuro di amare Giorgia?
Può esserci un fatto, un comportamento,
un sospetto, una sensazione,
anche qualcosa di inconsapevole
e non ben percepito dal personaggio stesso
(ma stiamo attenti a non esagerare
con le "motivazioni inconsapevoli").
L'incertezza può portare a forte incomprensione,
a una temporanea rottura della coppia,
a gelosie più o meno reciproche.

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3. Amore contrattato.
Giorgia e Giorgio si mettono insieme sulla base di precisi patti.
Ma questi patti sono difficili da osservare.
Per certi aspetti questo tipo di storia è
una "variante moderna" della storia di amore ambiguo.
Oggidì, infatti, all'interno della coppia i patti
tendono a essere espliciti e molto chiari.
Si può decidere di stare insieme
anche se ci si rende conto di non amarsi alla follia.
Tutto questo non è molto romantico,
ma forse anche il romanticismo ha fatto i suo tempo.
Ci possono essere storie di trattativa,
di rivendicazione, o di trasformazione.

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Trattativa.
È un tipo di storia in cui i contenuti emotivi e sentimentali
vengono molto razionalizzati:
c'è la coppia, sorge un problema,
e questo viene affrontato parlandone esplicitamente,
non senza emotività, ma senza che tra i due
venga meno una certa solidarietà (anche in caso di rottura).
Giorgio e Giorgia stanno bene insieme.
Non si sentono legati per la vita.
"Quando non staremo più bene insieme"
si sono detti tante volte
"ci lasceremo con dignità."
Ma succede che davvero le cose non vanno più tanto bene,
e Giorgia comincia ad allontanarsi da Giorgio (o viceversa).
C'è una crisi. I due si separano.
Ciascuno avvia altre relazioni, o anche no.
Dopo un po', ricominciano a parlarsi.
Cosa accadrà? Si rimetteranno insieme?
Faranno dei nuovi "patti", diversi da quelli precedentemente stipulati?
Decideranno di aver fatto, separandosi, la scelta migliore?

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Rivendicazione.
Un tipo di storia tutto al femminile.
C'è la coppia, e i patti sono in teoria chiari,
in pratica un po' meno.
È una storia, anche questa, un po' di incomprensione
e un po' di amore ambiguo.
Ma ciò che la caratterizza è l'avere al centro
il contrasto "culturale" tra donna e uomo.
Generalmente in questo tipo di storia
si oppongono un personaggio "inconsapevole e uno "consapevole".
Ad esempio: Giorgia ama Giorgio ma non ci sta bene insieme;
non ci sta bene insieme perché Giorgio,
in realtà, è un tantinello maschilista;
però Giorgia non si rende conto che la causa è questa;
Giorgio, invece, sa benissimo di essere un po' maschilista,
e pensa che sia giusto esserlo.
Stessa storia al contrario: Giorgia si rende conto
che Giorgio è un tantinello maschilista,
e vuole mettere la cosa in discussione;
Giorgio invece non si rende conto del suo maschilismo:
la mamma infatti l'ha educato così..
Ci sono quindi due precisi elementi drammatici
--- a. come il personaggio inconsapevole diventerà consapevole,
--- b. come il personaggio inconsapevole divenuto consapevole
intavolerà una trattativa con l'altro personaggio,
per arrivare a un cambiamento nel rapporto.
È chiaro che in questo tipo di storia si oppongono
non solo (e non tanto) due personaggi diversi,
ma due diversi atteggiamenti culturali;
sarà quindi importante la presenza,
intorno a lui e a lei, di amici, amiche,
famiglie, passati amori..
E bisogna stare attenti a non essere
troppo schematici o banalizzanti nella contrapposizione.

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Trasformazione
Le storie di trattativa e di rivendicazione
hanno un contenuto razionale molto forte:
non si tratta però di storie fredde,
perché entrambe possono sfociare
in una storia di vera e propria trasformazione dei personaggi e,
di conseguenza, del loro rapporto.
La vera abilità, infatti, nel raccontare
questo genere di storie,
consiste nel mescolare i contenuti
strettamente razionali
(le discussioni, il confronto sui ruoli, i "patti chiari")
e i contenuti emotivi e sentimentali.
Se Giorgio è maschilista, e perciò a un certo punto
Giorgia decide di ingaggiare un conflitto,
questo conflitto sarà certo combattuto
a suon di discussioni e confronti;
ma ciò che è in gioco è pur sempre
l'amore di Giorgia per Giorgio.
Giorgio non dovrà solamente accettare nuovi "patti chiari",
ma dovrà imparare ad amare Giorgia
in un modo per lui ancora sconosciuto.
Giorgia non dovrà solo spuntarla nei confronti di Giorgio,
ma dovrà anche imparare a percepire l'amore
che Giorgio riesce a darle, al di là dei condizionamenti culturali.

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Andbeat
view post Posted on 4/10/2007, 19:20     +1   -1




...Sembrava così facile...

Vi spaventano tutte queste classificazioni?
Niente paura: volendo, si potrebbe dividere
ogni tipo di storia in almeno altri sette od otto tipi di storia.

Il punto è questo: ogni storia che noi raccontiamo
anche la più emotiva e appassionata,
la più romanzesca ed avventurosa,
è basata comunque su uno schema molto semplice.

È utile capire quale sia lo schema di base della nostra storia,
perché così potremo individuare l'elemento drammatico principale.

Non basta dire:
"Lui la ama, lei non lo vuole....
Questo, di per sé, non è drammatico: non fa una storia."



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Se diciamo:
"Lui la ama, ma è un tifoso sfegatato,
lei non sopporta il calcio e le tifoserie.,
cominciamo già a vedere l'elemento drammatico."

Continuiamo:
"Lui decide di rinunciare al calcio,
si sente un eroe per questo,
lei gli crede fino a un certo punto,
lui pensa che lei non si fidi di lui,
allora pensa: "Tanto vale" e ricomincia
a frequentare lo stadio di nascosto, lei lo scopre."


Vedete come basti aggiungere pochi elementi
per vedere già una storia delinearsi,
con tanto di conflitti, gelosie, incomprensioni, bugie...


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Una storia ricca di avvenimenti è solitamente
più interessante di una storia con pochi avvenimenti.
Ma gli avvenimenti vanno messi uno in fila
all'altro un po' per volta, con logica,
valutando bene l'effetto drammatico che provocano,
l'avvicinamento o l'allontanamento dei personaggi,
la tensione o la distensione che inducono nel lettore.

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Storie di innamoramento
Sembra incredibile, ma ciò che spesso manca
nelle storie d'amore è il racconto dell'innamoramento.
Pensate ai film d'amore:
c'è sempre una scena in cui lui e lei
— magari incrociandosi casualmente all'autogrill o in banca —
si scambiano uno sguardo un po' più lungo:
e noi sappiamo già che nel giro di venti minuti si baceranno,
verso metà del film finiranno a letto,
a quindici minuti dalla fine litigheranno
a causa di un'incomprensione o di una debolezza,
e alla fine si giureranno amore eterno.
In storie come queste
— che vanno benissimo per distrarsi,
ma non sono in fondo gran che —
ciò che manca è proprio il racconto dell'innamoramento.

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L'innamoramento è ristretto tutto
in quello sguardo un po' prolungato
che i due personaggi si scambiano
a circa cinque minuti dall'inizio del film... :wacko:

Non bisogna confondere le storie di innamoramento
con le storie di corteggiamento, che sono un'altra cosa:
chi si mette a fare la corte è già innamorato
(oppure fa la corte per calcolo, e allora
l'innamoramento non c'entra proprio).

L'innamoramento talvolta è istantaneo,
ma più spesso è progressivo.
Si conosce una persona, la si frequenta per un po'
per una ragione che non c'entra niente con l'amore
(è un collega, un vicino di casa,
un vicino di letto in ospedale;
appartiene alla stessa compagnia,
ci ha tamponati, il suo cane ha il vizio di fare le sue cose
davanti alla nostra porta di casa),
poi ci si accorge di provare dell'interesse,
o di essere oggetto d'interesse,
si comincia a guardare quella persona con particolare attenzione.

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C'è tutta una serie di gradi e di passaggi, nell'innamoramento,
che spesso non vengono raccontati.
In realtà li ha descritti benissimo Francesco Alberoni nei suoi vari libri,
uno fra tanti: "Innamoramento e amore"...

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Ma naturalmente in ogni singola storia
questi gradi e passaggi avvengono in modo diverso,
sono disposti diversamente, sono di più o di meno.

Se possiamo dare un consiglio proprio
con il cuore in mano, diciamo:
più che storie d'amore, che ce ne sono già tante,
provate a raccontare storie d'innamoramento,
che in paragone sono proprio pochine.
Raccontando una storia d'amore
possiamo sentirci trascinati in una grande fantasia,
in confitti emozionanti, in liti, in paure e gelosie:
cosa che ci dà molta soddisfazione e che,
se siamo bravi a raccontare, darà soddisfazione anche al lettore.
Raccontando una storia d'innamoramento
potremo provare emozioni e sentimenti meno violenti,
ma più sottili e profondi, più intimi e coinvolgenti.
Provare per credere.

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°°Freedom°°
view post Posted on 2/3/2008, 12:55     +1   -1




Sono tutti ottimi consigli! Utilissimi, sicuramente! Grazie Andbeat, stavo giusto lavorando ad un racconto... Mi hai decisamente schiarito le idee... :rolleyes:
 
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view post Posted on 20/9/2012, 16:00     +1   -1
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Magazziniere delle Muse

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Una scoperta che ha dello straordinario... :happy0005:

Questa pagina è consigliata come Sito Didattico Per Docenti per la Scuola Media dell'Istituto Comprensivo Veronella Zimella (città di Verona) e non solo ...

È la prima pagina web ad essere segnalata tra le altre 20 ... ^_^

Vedere per credere ----> QUI


Edited by filokalos - 15/5/2013, 09:34
 
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